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Carlo Actis Dato
2010
Autoprodotto (2011)
1. Belle Epoque;
2. Ionio;
3. Azores;
4. Sahel;
5. Mad Chickens;
6. Marina di Vinosa;
7. Giza Pyramids;
8. Masai;
9. Istanbul Rap;
10. Afrocats;
11. Pretty Pigs.
Tutte Composizioni di Carlo Actis Dato.
Carlo Actis Dato - sax baritono, clarinetto
basso
Beppe Di Filippo - sax alto e sax soprano –
Matteo Ravizza - contrabbasso
Daniele Bertone - batteria, djembè
Esponente storico del jazz d'avanguardia italiano, Carlo Actis
Dato, compositore, sassofonista, polistrumentista e band leader attivo dalla
metà degli anni settanta, prosegue la sua multiforme attività di ricerca, dando
alla luce l'ultimo lavoro del suo quartetto.
I titoli dei brani ben rappresentano le radici etniche e folkloriche della ricerca
musicale portata avanti da questa formazione.
I brani sono tutti costruiti a partire da dalla semplicità genuina di ritmi trascinanti
e melodie popolari, che si evolvono poi in lunghe improvvisazioni in odore di free-jazz:
marcette bandistiche, ritmi caraibici, suggestioni balcaniche, canzoni d'altri tempi
ed echi di balera diventano pretesto per la costruzione di un jazz in cui l'aspetto
ludico e ritmico la fanno da padrone; una miscela in grado di coinvolgere e, a volte,
travolgere l'ascoltatore senza dover scendere a compromessi o luoghi comuni.
Materiali musicali eterogenei vengono unificati da un discorso compositivo (tutti
i brani sono a firma del leader) ed improvvisativo, condito da una buona dose di
humor e di ironia, arricchita dal virtuosismo e dal contrasto timbrico delle due
ance: gli "alti" di Beppe Di Filippo contro i "bassi" di Actis Dato.
La sezione ritmica, in grande evidenza, con Matteo Ravizza al basso e la
scoppiettante batteria di Daniele Bertone, regge il gioco ai solisti, tenendo alta
la tensione con continui e spiazzanti cambi di ritmo ed improvvisi ritorni al tema
originale.
Ne è perfetto esempio il brano di apertura, che parte a tempo di twist (sic!) per
poi trasformarsi in trascinante calipso che sarebbe piaciuto a
Sonny Rollins.
Una messa a fuoco più efficace la troviamo laddove riferimenti più diretti alle
radici arabe ed africane mantengono il discorso in un ambito più coerentemente jazzistico,
come nelle lunghe ed improvvisate "Giza Pyramids" e "Masai".
A dirla tutta il gioco, per quanto accattivante, alla lunga rischia
di ripetersi. Dobbiamo però dare atto all'autore di essere riuscito a risolvere
con arguzia e perizia un singolare ed improbabile connubio tra Goran Bregovich,
Renato Carosone e
Charles Mingus.
Roberto Biasco per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 30/09/2012
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