"Jazz è quella musica trasandata che si suonava intorno agli anni 20: oggigiorno
il jazz deve essere classificato a seconda di chi lo suona". Così Duke Ellington,
parlando di Django Reinhardt. Una frase che viene in mente ascoltando questo
disco, bello, di
Alfredo Ferrario.
Cosa è il jazz? E' ricerca continua di nuove strade musicali o è un arte che ha
raggiunto la sua maturità e che celebra i propri trionfi e la propria grandezza?
E' forse questo il tema centrale del dibattito che agita i fans della' arte afro
americana..
Il clarinettista lombardo ed il suo solidissimo quartetto sembrano propendere,
per la seconda ipotesi. "Dedicated to Hengel",
è un disco che evoca atmosfere swing, che racconta un jazz elegante e sensuale di
altri tempi ("Questo quartetto mi ha riportato alla giovinezza" - scrive
più o meno - in copertina Gianni Basso). Suono accattivante, calme armoniche,
ritmi morbidi,. atmosfere notturne e romantiche, belle melodie, voci strumentali
mai aggressive, sostenute a meraviglia dalla antica sapienza percussionistica di
Gianni Cazzola.
Il tutto senza scadere nel puro e semplice revival della "swing era".
Si può avere anche, ovviamente, un idea più trasgressiva e "nera del jazz".
Chi scrive, ad esempio, è più propenso ad adottare questo ultimo punto di vista.
Resta il fatto che questo quartetto suona benissimo e riesce ad esprimere con coerenza
ed eleganza il mondo poetico del suo leader, che è genuino e vissuto con grande
sincerità: intriso di raffinata malinconia. E poi, come ricorda lo stesso
Ferrario,
fra antico e moderno, fra classico ed avanguardia i confini sono tutt' altro che
ben delineati.
Qualche parola merita anche il repertorio. Standard non abusati, riletture
di brani insoliti di Django ("Anouman"
è a dir poco bellissimo), fragranti pezzi in stile "balera" (B.M-
For Appiano) che ricordano il nume tutelare di questo lavoro, il grande
e compianto
Henghel Gualdi.
Anche in questo è l'interesse di questo lavoro.
Marco Buttafuoco per Jazzitalia
15/06/2006 | 16 giugno 2005: un anno fa la scomparsa di
Henghel Gualdi lasciava un grande vuoto oggi ancora più forte. Jazzitalia
lo ricorda attraverso le testimonianze di: Nando Giardina della Doctor Dixie Jazz Band,
Renzo Arbore, Pupi Avati, Lele Barbieri, Luigi Barion,
Gianni Basso, Franco Cerri, Teo Ciavarella, Felice Del Gaudio,
Gianni Giudici, Annibale Modoni, Marcello Rosa, Jimmy Villotti... |
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Data pubblicazione: 09/12/2007
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