Brass Group di Palermo "Musiche del nostro tempo"
Nnenna Freelon Quintet in Stevie Wonder Project
Palermo, 30 Aprile 2003 – Chiesa di Santa Maria dello Spasimo
di Antonio Terzo
photo by Gianmichele Taormina
Sotto il cielo stellato di una caldo-umida serata primaverile, visibile attraverso il soffitto scoperchiato della sconsacrata
Chiesa dello Spasimo, ormai tempio palermitano del jazz, si è aperta mercoledì 30 aprile la serata inaugurale della rassegna jazzistica del
Brass Group "Musiche del nostro tempo", con il delizioso concerto della splendida
Nnenna Freelon.
Chi la conosce sa bene che non le è affatto estraneo il repertorio più leggero, come attesta anche la sua discografia, dove spiccano
Heritage, l'album della rivelazione, nonché
Maiden Voyage,
Shaking Free
e soprattutto Soulcall, tutti lavori che le sono valsi importanti nominations ai Grammy Awards.
Tuttavia, ben consapevole che mescolare tra loro vari generi possa costituire un rischio, la Freelon sa farlo con gusto e mestiere, puntando su quanto di più prezioso le è stato donato: voce e talento. Per cantare, infatti, non è sufficiente possedere una buona voce, ma è pure necessario saperla usare, mostrando quel talento, appunto, che la trasformi da buona in splendida. Sua forza è allora una dolcissima vocalità usata in modo elegante e leggero, come ha dimostrato nel corso della serata, un bel tributo al grande
Stevie Wonder, per il quale, accompagnata da un quintetto composto dal solido Brandon McCune
circondato da piano acustico, Fender Rhodes e tastiera, il versatile basso di Wayne Batchelor, la batteria di Woodrow Williams e alle percussioni la gradevole presenza femminile di Beverly Botsford, la Freelon ha poco a poco sfoggiato delle seducenti interpretazioni del repertorio della black music più raffinata del nostro tempo. E non solo.
Tra queste, restano impresse nella mente le note di
My cherie amour, in una mirabile esecuzione vocale supportata da un arrangiamento con tanto slow-swing
– ma non altrettanto jazz – che ne fa un'autentica ballad senza tuttavia tradire l'ispirazione originaria del pezzo. Sul finale, la sua voce intona con leggerezza un amabile "la-la" per riprodurre la cantabile introduzione, sviluppata poi ad oltranza nell'improvvisazione degli strumentisti – adesso con più jazz… E dopo aver invitato la platea a partecipare coralmente con lo stesso "la-la", ringrazia con spirito: "Beautiful "la-las" here in Palermo!".
L'estemporanea traduzione piuttosto raffazzonata da parte di un pubblico numeroso, ma poco reattivo, forse intorpidito dall'improvvisa temperatura pre-estiva, introduce
All or nothing at all, sulle corde di un insistente contrabbasso che, per vari giri, supporta voce, percussioni e drums
prima che venga a sovrapporvisi il piano. E quella traduzione, "Tutto o niente", torna utile per venir cantata dalla
Freelon giusto alla fine, in italiano…
Altro particolare momento quello di
Better than anything, dal cd Soulcall,
un pezzo molto vecchio eseguito con basso elettrico e piano Fender Rhodes i quali immediatamente ne rendono più funky l'atmosfera, realizzando perfettamente il re-styling tipico delle performances di questa artista. Il ritmo più movimentato consente al pregevole
Wayne Batchelor di lasciarsi andare a qualche slap di passaggio, particolarmente apprezzato dalla fascia più giovane degli astanti. Sicuramente il culmine del concerto si ha quando per celebrare i dieci anni di tournées ed i venti della sua carriera professionale, la nera vocalist regala una lentissima e superba
Stella by starlight, con inizio solo piano e voce, cui via via si inseriscono gli altri strumenti, per poi concludersi ancora quasi con la sola voce, sussurrata "My heart and I agree, he's everything on earth to me".
Voce chiara e dalle colorate profondità sonore per la rivisitazione quasi soul di una delle canzoni più famose di Stevie Wonder,
Overjoyed, mentre si torna di nuovo al funky jazz per
Superstitious, sulle cui note l'agile ugola si inerpica in un estemporaneo solo seguito da quello del piano: tocco fluido, figure melodiche fantasiose, accentati block chords
dietro i quali si sente scattante e vivace il basso elettrico di Wayne. Sull'ultimo brano di Wonder prendono il via i ringraziamenti "Thank you for sitting in the circle" e sull'ending un flauto dolce d'effetto…che procura ancora
applausi.
Alla fine, ripresosi dalla fatica di uscire da casa per godersi un po' di buona musica, il pubblico palermitano richiede il proprio sacrosanto bis, e l'insistenza viene premiata con il rientro in scena del gruppo e della Freelon, la quale presenta
Travessia
(in inglese Bridges of hope), un significativo brano di Milton Nascimento, cantato con quel suo seducente e disarmante la-la dal suono incantatore. "Vorrei costruire un ponte di pace e giustizia", il messaggio di pace conclusivo, che certamente non guasta: "A bridge made of love…!"
photo by Gianmichele
Taormina
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Data pubblicazione: 03/05/2003
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