Bill Carrothers Trio 3 marzo 2012 - Teatro Lauro Rossi Macerata
di Viviana Falcioni foto di Andrea
Feliziani
Bill Carrothers - pianoforte
Drew Gress - basso
Bill Stewart - batteria
Un trio capitanato da un pianista per un tributo a Clifford Brown senza
tromba? Domanda ricorrente all'idea del nuovo progetto di Bill Carrothers.
E la risposta è senza dubbio nell'ascolto del concerto. Una ri-proposta dello storico
album Brown-Roach quintet, (disco "terrificante" per gli agguerriti jazzofili
che hanno una copia in serbo nella discoteca personale) senza mai ri-copiarne lo
stesso. Spirito e stile musicale dell'epoca catturati e trasformati in pensiero
contemporaneo, una sorta di "diario musicale" raccontato da un trio straordinario
ad un pubblico eterogeneo.
L'omaggio ad uno dei più grandi trombettisti della
storia del jazz è anche il cd "Joy Spring", in cui Carrothers crea un piccolo
gioiello di sensibilità mista a pura emozione. Ascoltando il concerto si è attratti
dall'evoluzione stilistica del pianista avvertibile nella semplicità di raccontare
grandi storie. Brani quali "Junior Arrival", "Gerkin For Perkin" e
"Daahoud", tutti a firma Clifford Brown, sembrano figure organiche che si
trasformano in un flusso di modificazioni senza perdere le proprietà che le definiscono.
Con Drew Gress, richiestissimo contrabbassista in ambito contemporaneo,
e Bill Stewart, anch'egli con esperienze maturate al fianco di grandi musicisti
quali Michael
Brecker, Metheny e Scofield, il trio diventa un'enorme forza d'espressione
musicale. Ogni nota suonata dal contrabbasso è il bilanciamento di perfezione e
purezza di suono, riflette un'originalità subito riconoscibile. Un saggio più che
convincente anche per Bill Stewart: suono pieno, uso pregevole delle spazzole
e un'abilità eccelsa sono esempi perfetti della potenza evocativa che esprime nel
suo drumming.
Le dita scivolano decise sui tasti, accordi e note "gocciolano" su melodie di
grande respiro, ad ogni brano si crea un intenso sviluppo dell' interplay. L'incanto
che si avvince ascoltando "Joy Spring" è emblema di purezza e stile melodico
di grande intensità, le pause "drammatiche" ricordano quelle di Shirley Horn degli
album Verve e poi ancora una preziosissima "Delilah" donata ad un pubblico
non numerosissimo ma rapito e attento da quel modo sinuoso di suonare frasi rallentandole
a cui viene data nuova freschezza di significato.
Grande creatività e interazione tra musicisti ha fatto dimenticare il suono della
tromba, che inizialmente sembrava mancare all'appello, in realtà ciò che ne è uscito
è un concerto-tributo stimolante suonato con convinzione ed entusiasmo.