A dieci anni dalla
scomparsa della leggendaria voce di
Frank Sinatra,
il cantante bellunese - classe '72 - Federico
Stragà ha voluto rendergli il suo personale omaggio attraverso l'uscita di questo
ultimo lavoro interamente a lui dedicato, come si evince già dal titolo stesso.
Fino al 2001 in realtà Stragà non aveva
mai manifestato l'interesse di volersi cimentare in un repertorio di lingua inglese,
idea che cambiò quando rimase stregato da un vecchio disco di Sinatra ed anche colpito
dal fascino dello swing. E così, con un quartetto di stampo tipicamente jazzistico,
dal 2002 sta portando in giro per l'Italia un
progetto che ora vede la sua naturale evoluzione, con il contributo dell'Imaie,
nell'uscita di questo "Federico Stragà canta
Frank Sinatra
" licenziato nel giugno di 2008.
I cinque (ai sassofoni
Marco Castelli,
al piano Paolo Vianello, contrabbasso Edu Hebling ed alla batteria
Mauro Beggio)
hanno voluto fedelmente riproporre su disco alcuni dei brani racchiusi nel Live
in Paris di Sinatra, datato 1962, senza
fare particolari stravolgimenti, ma piuttosto con l'intento di ricreare quelle magiche
atmosfere con un organico ridotto rispetto al sestetto originale che accompagnava
"The Voice". Ecco allora che tra gli undici pezzi trovano posto tutti gli standards
più famosi cantati negli anni da Sinatra: dall'iniziale
A Foggy Day a Mack The Knife,
passando per On the sunny side of the street
e I Love Paris fino all'immancabile
I've Got You Under My Skin di Cole Porter.
In un clima intimo e rilassato, la voce di Stragà si trova perfettamente
a proprio agio nell'elegante swing proposto da suoi compagni d'avventura, testimonianza
di un ottimo feeling ormai raggiunto nel tempo e in cui ognuno riesce a trovare
un giusto spazio, dagli interventi di Castelli al sax fino ai soli di Vianello al
piano.
Nel complesso ciò che rimane è un sentito e riuscito omaggio ad una delle
figure popolari più famose della storia della musica e non solo. Omaggio senza chissà
quali pretese ma fatto di passione e gusto che si lascia ascoltare e apprezzare
fin da subito, proiettando l'ascoltatore in atmosfere nelle quali è sempre un piacere
perdersi. E non è roba da poco.
Luca Labrini per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 18/01/2009
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