Non è facile poter assistere ad un concerto in cui siano coinvolti insieme uno dei giovani talenti italiani attualmente tra i più quotati in Europa, il suo gruppo di supporto, costituito da jazzisti di consumata esperienza, ed un intero organico orchestrale di circa trenta elementi: questi gli ingredienti che hanno reso particolare l'appuntamento con Stefano Di Battista, volto a proporre dal vivo la sua ultima fatica discografica in ordine di tempo,
Round about Roma. Disco dedicato alla sua città natale, la scaletta ne riprende molti brani, alcuni omaggio alle emblematiche figure artistiche che hanno segnato la carriera del sassofonista, altri di sua composizione, dettati da grande sensibilità, altri, infine, personalmente significativi per il jazzista e perciò inserti nel suo ispirato cd.
E' la bacchetta del maestro Carmelo Caruso a dare dunque avvio a questa serata di musica tout-court, tracciando nell'aria il tempo ternario di
Tartaruga, brano ispiratore dell'intero album e filo conduttore del concerto: cavalcando questa fantastica testuggine volante, Di Battista immagina di sorvolare i cieli della città capitolina, tracciandone le emozioni che i vari luoghi suscitano onde trasmetterle in musica agli ascoltatori… Duttile sotto la direzione del conduttore l'affiatata Filarmonica "Franco Ferrara", a dipingere i giusti colori che il giovane protagonista incornicia all'interno di un esile disegno melodico al sax soprano. Suggestiva la combinazione tra l'arpa di Caterina La Barbera ed il piano del belga Eric Legnini, per una conclusione delicatamente soft.
Quindi il saxplayer toglie la giacca per l'eccessivo caldo ed imbracciato il contralto dà il via al solitario violino del brano
Amoroso, a supporto del quale l'orchestra immette un impalpabile tappeto d'archi. Impeccabile il piano di Legnini, mentre il soffio felpato del sax contralto ribadisce ciclicamente la frase principale nelle varie modulazioni su cui la romantica armonia è costruita, per poi dispiegare – tornato sui 3/4 – scale dai corposi sovracuti, con un timbro che, licenziate orchestra e band, diviene suadente, assorto in un assolo assoluto prelusivo all'epilogo orchestrale.
Dopo la presentazione del gruppo, del direttore Caruso e del suo organico, tutto in piedi a ricevere il sincero applauso, primo di una serie, si passa alla prima "dedica",
Elvin Song, tributo al grande drummer americano con cui Di Battista ha avuto occasione di esibirsi pure a Palermo, introdotto da Rosario Bonaccorso con uso percussivo del proprio strumento cui fanno eco gli schiocchi di spazzole sul rullante di André "Dedé" Ceccarelli e su questi, il soprano free style del protagonista stride tanto sui growls che nelle note acute. Garbato il recitato di Legnini - che il sassofonista romano segue a distanza - convincente, anche lui conquista l'applauso, mentre spiritoso e sincopato risulta il solo di contrabbasso che Bonaccorso, con sillabazione vocale, riproduce simultaneamente nota per nota. Quindi ancora il leader a ripetere l'inciso con un intervento prolungato su finissimi sovracuti che sfocia in una reprise del tema con tutti i compagni, per un finale svisato in cui spicca il gioco di anticipi con Ceccarelli.
Dedicata ad un'amica scomparsa segue
Anastasia, struggente composizione originale dove ai sommessi archi iniziali si sovrappongono aggraziati accordi d'arpa ad introdurre una commossa viola seguita da un energico stacco di batteria che conduce per mano la cadenza del brano e la frase melodica del sax soprano. Il silenzio in platea sottolinea il momento di grande pathos che in questo frangente il concerto raggiunge. Solo del piano, forse troppo compunto, poi sul finale il carezzevole repeat all'unisono tra sax e viola.
Altro momento particolarmente raccolto quello di
Romeo and Juliet, celebre theme dalla colonna sonora della pellicola zeffirelliana, con prologo affidato al lirico solo del flauto di Salvo Luna, mentre sul riverbero degli archi il sax alto irrompe con un attacco da pelle d'oca, per poi vibrare una progressione discendente a scaldare le emozioni degli astanti con i suoi toni caldi, tali anche nelle fasi più drammatiche del tema di Rota.
Quindi Blues for Michel, scritta in parte insieme a
Petrucciani dentro uno dei tanti pullman da tournée, ed a lui dedicata dopo la sua scomparsa. Elegante la batteria di Dedè, ma anche delicata nella timbrica, con un rullante a tratti volutamente impercettibile. Sul tema blues il nostro altoista assume pose anche funky, rette da un sottile riff ritmico del contrabbasso e qualche nota di dialogo in duetto con il piano.
Poi un immancabile walking bass su cui il piano si sbizzarrisce perfino con citazioni parkeriane. Notevole l'intesa dei quattro, divertente il duello tra Di Battista e Bonaccorso, l'uno di fronte all'altro a riprendere vicendevolmente le rispettive frasi; indiscutibilmente solida l'impalcatura ritmica del batteur che dà l'ennesima prova di come possano bastare solo un rullante ed un crash per piegare il tempo al proprio volere: uno spettacolo guardarlo, seguirne le coordinate movenze, la composta postura. Il programma procede con altri brani, tra cui
Other side (L'altro lato della strada), ancora un mood melodico, per poi concludere con un ulteriore passaggio di forte empatia tra il jazz-quartet, che mette ancora in risalto la destrezza dei suoi singoli componenti, ciascuno attraverso il proprio turno di estemporaneità, e l'ensemble filarmonico, il quale, su un assolo bop-funky di sax, si fa carico di una chiusura maestosa, quasi sinfonica, accolta dall'esplosione del pubblico.
E dopo i ringraziamenti di rito, emozionato il sassofonista dichiara: "Il momento in cui impazzisco è quando mi chiedono il bis". Ma confessando di non aver preparato alcuna rentrée, la richiesta viene soddisfatta con
Tartaruga