The Brass Group
ASSOCIAZIONE SICILIANA PER LA MUSICA DEL NOVECENTO
Direzione Artistica: Ignazio Garsia
Musiche del nostro tempo 2003 – 2004
In collaborazione con Teatro Massimo Fondazione
di Antonio Terzo
foto Lucio Forte per conto del Brass Group
Una rassegna ricca e variegata, quella della stagione concertistica del Brass Group di Palermo, Musiche del nostro tempo 2003/2004, per qualcuno anche troppo, considerato che ha abbracciato dal dixie agli standard, passando per il latin-jazz e giungendo alla musica più moderna e contemporanea.
Per gran parte organizzata all'insegna di prime esecuzioni nazionali, e in alcuni casi anche assolute, la stagione si è inaugurata con la suadente performance di Jaques Morelenbaum e signora
Paula, che, da
Desafinado
a Aguas de março,
Samba de una nota só,
Agua de beber,
Samba do avião, hanno toccato i brani più celebri della tradizione brasiliana, ben interpretati dalla calda voce di Paulina e resi nella loro intensa passionalità – ed anche ironia – dal versatile violoncello elettronico di Jaques Morelenbaum. Un concerto di più di venti canzoni, eseguite in modo garbato, senza assoli troppo ridondanti, per tributare omaggio alla musica di Antonio Carlos "Tom" Jobim, con il quale il violoncellista di origine polacca ha avuto modo di collaborare a lungo. Proprio la toccante
Falando de amor, con introduzione accompagnata dagli accordi di chitarra su cui si spande leggero il canto di Paula e le ambientazioni sonore di percussioni e contrabbasso, l'archetto a stridere sulle corde, sembra fermare il tempo nel teatro. E si continua a percorrere il repertorio di genere con la lenta bossa di
Dindi
in cui la voce si sposa all'eleganza della chitarra, o con
Bim Bom
di Joao Gilberto, in cui lo stesso Morelenbaum si diverte a modulare con la voce il rimbalzante ritornello. L'ultima samba è
Chega de saudade, nostalgica, in cui spicca l'intermezzo solistico
all'unisono fra la cantante e l'archetto del contrabbasso.
L'atteso concerto di Salvatore Bonafede con l'Orchestra Jazz Siciliana, che avrebbe dovuto eseguire le musiche scritte per il film "Il ritorno di Cagliostro" dei registi Ciprì e Maresco non ha invece avuto luogo ed al suo posto la tromba di Vito Giordano si è prodotta in una serie di standard, prima seguita dal trio composto da Mauro Schiavone al piano,
Giuseppe Costa al contrabbasso e Giuseppe Urso alla batteria, quindi in un secondo tempo contraddistinto dalla policromatica
Orchestra Jazz Siciliana. In scaletta, dalla soffice
The song is you, con Giordano al flicorno, a
Grooving High
nell'arrangiamento di Arturo Sandoval, passando per un'affascinante e pacata orchestrazione di
Peace
ad opera del sassofonista Ninni Pedone e finendo con
Oye cómo va
nella
versione scritta da Bob Mintzer, con tromboni in evidenza a colloquiare con la
tromba solista.
Particolare la due giorni dedicata a Leon Bismarck "Bix" Beiderbecke, da un'idea di
Pippo Ardini, illustre penna del giornalismo siciliano nonché da anni appassionato di musica, in particolare il jazz. A lui si deve l'iniziativa, immediatamente raccolta dal Brass, di celebrare il centenario dalla nascita di Bix con due pellicole che hanno ripercorso la vita dello sfortunato trombettista figura emblematica dei "ruggenti anni '20", stroncato dal vizio dell'alcool ad appena 28 anni: il documentario "Bix Beiderbecke" (1981) della regista tedesco-canadese Brigitte Berman, corredato da testimonianze di Hoagy Carmichael, Joe Venuti, Louis Armstrong, ed il noto "Bix" (1990) del bolognese
Pupi Avati. A margine delle proiezioni, un interessante incontro sulla "Prevenzione dell'alcolismo nei giovani" alla presenza di illustri psicoterapeuti, mentre, per l'elemento musicale, un concerto di Vito Giordano in sestetto ha fatto rivivere il dixie-sound del trombettista dell'Iowa. Una musica
molto gradevole e fresca nonostante i suoi ottant'anni, eppure difficile nell'esecuzione, se è vero che il jazz di allora si privava di scale cromatiche e diatoniche, basandosi in prevalenza sulla pentatonica. Divertente il gioco d'unisono fra clarinetto e tromba, con incursioni profonde del trombone di
Salvatore Pizzurro sulla cadenzata ritmica di contrabbasso, batteria e banjo: l'organico riproduce infatti quelli delle orchestre dell'epoca, ed anche l'ultimo brano,
Royal Garden Blues, è nel più tipico stile "Wolverines", con Giordano che piroetta sui tasti ed il trombonista che fa glissare la coulisse del proprio strumento sopra la
linea melodica.
Toccante anche la serata che l'Orchestra Jazz Siciliana
ha voluto tributare in Ricordo di Luca Flores, il pianista di origine palermitana che al culmine del suo successo registrò nel quartetto del già mitico Chet Baker, suonando pure con Dave Holland, prima di rinunciare a vivere la sua vita di trentottenne, nel '95, sopraffatto dalla meschinità del mondo. Sotto la direzione del maestro Ignazio Garsia, su arrangiamenti scritti dallo
stesso e da Rita Collura, oltre ai bravi giovani solisti dell'O.J.S. il pubblico ha potuto apprezzare Giuseppe Milici che ha prestato la propria armonica ammaliatrice a due brani,
How Far Can You Fly?, ed il valzer lento
Cose ultime, scritto a quattro mani ancora da Garsia-Collura.
Il programma si è soffermato su alcune delle composizioni più care al pianista prematuramente scomparso, tra cui
Versilia, elegante nel cullato arrangiamento di samba di
Giuseppe Vasapolli con un sentito assolo di Gaspare Palazzolo al sax, ma soprattutto
Sophia, brano in 5/4 la cui cadenza iniziale è affidata al contrabbasso di
Giuseppe Costa per poi lasciar spaziare l'articolato soprano sulla struttura modale; quasi antifonale il dialogo continuo fra l'ensemble ed i singoli solisti che si alternano, pungente la tromba di Vito Giordano. Chiude il concerto a ritmo d'incalzante bolero
Silent brothers, giungendo ad un corale di grande effetto.
Pure da ricordare il concerto di Carol Welsman, affascinante interprete d'origine canadese che con i suoi modi affabili e la sua elegante voce ha intrattenuto l'uditorio in
Swing, Ladies Swing!, spettacolo variamente ispirato alle grandi jazz singers, egregiamente supportata dall'Orchestra Jazz Siciliana condotta da
Gaetano Randazzo. Tra i brani eseguiti
What are you doing the rest of your life, scritta da Michel
Legrand e resa celebre da Sarah Vaughan, il cui inizio, lentissimo e
compenetrato, è rimesso ad un intreccio di flauti ed archi, in tono malinconico e senza alcuna ritmica, mentre nell'inciso strumentale gli archi inseguono i fiati, il maestro Randazzo dirige le note e tutto avviluppa la voce della Welsman, penetrante nel timbro grave. Interessante la lettura funky di
Taking a chance on love, mentre a hanno coinvolto particolarmente i presenti
Estate
di Bruno Martino, nell'arrangiamento del maestro Randazzo, e
Senza Fine
di
Gino Paoli, cantate in Italiano dalla calda voce della canadese, momento forse adulatorio ma comunque ben interpretato. Sul finale una ritmica e sensuale
Fever, suggestiva la cortina sollevata dall'orchestra, ed un omaggio a Sting con
Every breath you take, prima del bis con
God bless the child
e la definitiva ninna-nanna tradizionale
Twinkle, twinkle little star, per condurre il
pubblico verso casa…
Hanno inoltre arricchito la rassegna il piano solo di Patrick O'Riely che in
True Love Waits
ha proposto brani celebri dei Radiohead, calamitando l'attenzione dei fan del gruppo inglese – meno quella dei jazzofili più "puristi" –, la poliedrica voce della nera Malia, venticinquenne cantante originaria del Malawi, ed il particolarissimo Tin Hat Trio, espressione della musica più moderna e di
ricerca (concerti cui non siamo riusciti ad assistere, ma che per dovere di
cronaca menzioniamo).
L'epilogo della stagione è stato travagliato da alcune vicende che, seppur coinvolgenti l'attività di produzione concertistica dell'Associazione palermitana, non sono pertinenti all'ambito squisitamente musicale che in questa sede ci compete. Dopo alcuni forfait rispetto al programma annunciato, giunta a tre concerti dalla conclusione la rassegna è stata sospesa per sofferta decisione del direttivo, e comunque temporaneamente, lasciando tuttavia in bocca il sapore corposo di quello che, per questa stagione,
ha rappresentato l'ultimo concerto del Brass: l'esibizione di Vince Mendoza a guida dell'Orchestra Jazz Siciliana. Un musicista, compositore ed arrangiatore che forse più di qualunque altro incarna lo spirito della nostra epoca musicale e che la stagione "Musiche del nostro tempo" non poteva mancare di ospitare. Invitato in tempi non sospetti, è divenuto "di riguardo" arricchendo il suo già ben nutrito
curriculum artistico del recentissimo Grammy Award per il miglior arrangiamento strumentale d'accompagnamento ad una vocalist, ossia Joni Mitchell, per il brano Woodstock da
Travelogue (un bis per la coppia artistica, considerato che già nel 2001 cantautrice ed arrangiatore vincevano nella stessa categoria con
Both Sides Now). Collaboratore ed orchestratore di Bjork nonché dell'ultimo album del nostrano sassofonista jazz Stefano Di Battista,
Mendoza ha con sapienza diretto una O.J.S. in gran forma, alla quale, considerata la difficoltà delle partiture originali del maestro di Norwalk, un altro giorno di prove avrebbe consentito di consegnare alla storia del Brass un'esibizione impeccabile. La medesima ragione ha del pari condizionato il primo tempo dello spettacolo, ermetico ma pure ricco di spunti e soprattutto dell'inconfondibile originalità nel taglio delle composizioni e degli arrangiamenti del nostro: mancavano soltanto delle immagini da commentare per una musica dalla natura molto paesaggistica. Hanno catturato gli astanti
I dream of you, in cui l'Orchestra ha sfoggiato bei riflessi cromatici fra i crescendo del tema melodico ed i pianissimo a sostegno dei soli di piano (Riccardo Randisi), chitarra (Francesco Buzzurro) ed il buon recitato di contrabbasso (Giuseppe Costa); e una riflessiva
In a silent way, rispettosa dell'etereo spirito dell'originale opera della coppia Davis-Zawinul. Molto più brillante e propulsivo il secondo tempo, con
Sketches, suite in cinque movimenti già diretta da Mendoza con l'orchestra della radio tedesca WDR, qui ben eguagliata dall'O.J.S., pregevole solista al sax soprano
Gianpiero Lo Piccolo nella parte che allora fu di Dave Liebman: dopo un intro al piano carica di tensione, che aumenta ancor di più nel solo del soprano a dispiegarsi sulla linea melodica, una inaspettata pausa crea la suspense per l'inserimento della sezione ance ed i brillanti colori dei brass tutti nel crescendo della batteria. Quindi la tromba di
Giordano che, dopo il tagliente scambio con l'orchestra, si fa suadente e narrativa per giungere ad una coda giocata tutta su un pedale… Ma anziché citare i vari solisti, diamo atto al batterista Giuseppe Urso d'aver saputo reggere costantemente sulle proprie
bacchette le svariate coloriture ritmiche di cui sono inestricabilmente intrisi
i disegni orchestrali del direttore nordamericano.
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Data pubblicazione: 17/07/2004
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