Introduzione
Venerdì 3 dicembre, in occasione della rassegna "Venerdì Musicali" organizzata dal Conservatorio San Pietro a Majella di Napoli, si è tenuta la presentazione del libro "Il Jazz a Napoli - dal dopoguerra agli anni sessanta" (edito da Alfredo Guida Editore). A seguire, il concerto dell'Orchestra Jazz del Conservatorio San Pietro a Majella
diretta da Pietro Condorelli
Presentazione del libro
Alla presentazione del volume "Il Jazz a Napoli - dal dopoguerra agli anni sessanta" erano presenti il giornalista e storico musicale
Alfredo Profeta, il critico musicale Stefano De Stefano, il prof.
Pasquale Scialò e l'autore del volume, Diego Librando.
L'autore, diplomato in pianoforte, oltre ad essere un giornalista (corrispondente di Musica Jazz), cura il recupero e la catalogazione di documenti musicali sia presso la Biblioteca del Conservatorio sia per la Biblioteca Nazionale di Napoli. Dopo una breve introduzione della serata da parte del rettore del Conservatorio,
Vincenzo De Gregorio, la parola è andata al mediatore degli interventi, il prof.
Pasquale Scialò, che è compositore, musicologo, docente di "Storia della musica" (Istituto Suor Orsola Benincasa, Conservatorio di Salerno) e anche curatore della collana editoriale "Identità Sonore", di cui il volume fa parte.
Commovente e intriso di nostalgia è il racconto di Alfredo Profeta che, con la sua conoscenza diretta della realtà jazzistica partenopea, è sicuramente una delle voci più autorevoli. Nelle sue parole, quasi a seguire l'ordine cronologico del testo, il ricordo delle prime orchestre americane e, con esse, lo scintillio degli ottoni. Il ricordo dei V-Discs (Victory Discs - dischi della vittoria - nda): 78 giri incisi dai più grandi musicisti americani su commissione del Ministero della Difesa degli Stati Uniti. Ufficialmente destinati ad un uso esclusivo dei soldati, i V-Discs divennero, ben presto, merce di scambio tra i napoletani. Un altro periodo citato da
Alfredo Profeta, è quello della nascita del Circolo Napoletano del Jazz e di un suo illustre frequentatore innamorato del Be Bop:
Luigi Tenco.
Segue l'intervento del critico musicale Stefano De Stefano (Corriere del Mezzogiorno), che proviene da una famiglia di musicisti ed è egli stesso musicista (suona il pianoforte - nda). Il suo discorso è volto a sottolineare la centralità del jazz napoletano in ambito europeo e mondiale. Un ruolo di centralità che, secondo De Stefano, è fondato sull'unicità ed autonomia stilistica derivante dall'incontro tra la tradizione afroamericana e quella partenopea.
Infine, a parlare è proprio l'autore del libro: dal racconto della difficoltà nelle ricerche dovuta alla scarsità delle fonti, al ringraziamento delle persone che hanno contribuito alla realizzazione del libro, e tra questi, anche
Renzo Arbore. L'autore cita, poi, uno dei tanti aneddoti raccontati dai protagonisti del periodo che ha intervistato: quello del finto furto della tromba di Chet Baker. «In occasione dell'intervista ad Antonio Golino», racconta
Diego Librando, «sono venuto a sapere che, seppure l'ipotesi del furto fosse verosimile data la pessima fama dei napoletani, Chet Baker vendette la tromba per poter acquistare una dose di droga. E questo è solo uno dei tanti aneddoti e storie di vita vissuta che troverete nel libro».
Prima dell'inizio del concerto dell'Orchestra Jazz del Conservatorio San Pietro a Majella, il prof.
Scialò invita sul palco il suo direttore, Pietro Condorelli. Il noto chitarrista, che ha esordito professionalmente suonando proprio con alcuni dei nomi più importanti della scena jazzistica napoletana (Antonio Golino,
Antonio Balsamo), non nasconde la propria emozione. Un'emozione che non gli impedisce, però, di fare un'importante dichiarazione d'intenti ossia di ribadire che il Conservatorio, come la sua Orchestra, sono, e devono continuare ad essere, gli strumenti principali attraverso i quali vi sia sempre continuità tra il passato ed il presente del jazz a Napoli. In conclusione dell'intervento,
Condorelli annuncia in anteprima l'uscita di un disco della Orchestra da lui diretta, che sarà interamente dedicato alla musica di Chick Corea.
Il concerto
Con un organico in parte diverso rispetto al concerto del
, ed è il caso del debutto di Marco de Tilla al contrabbasso e della partecipazione di Carlo Lomanto nel duplice ruolo di cantante e percussionista, l'Orchestra Jazz del Conservatorio San Pietro a Majella di Napoli ha presentato brani tradizionali, ma tutti arrangiati in modo moderno. Il concerto inizia con
Not really the blues di Woody Herman.
L'arrangiamento è di Sammy Nestico e i solisti sono Marco Sannini (tromba) e
Antonio Perna (pianoforte). E' la volta poi di Heartbeat, un brano composto ed arrangiato dallo straordinario pianista Pino Iodice. Il momento solistico, questa volta, è del sax tenorista
Rocco Di Maiolo. Il brano più complesso portato in scena è, senza dubbio, The best of Basie. Come è facile immaginare, si tratta di un medley dedicato ai più grandi successi di Count Basie: Jumpin at Woodside, Cute, Shiny Stockings
e April in Paris. L'arrangiamento è di John Berry e il momento solistico è di
Francesco Patalano (tromba).
La presenza delle congas, che incuriosisce non pochi spettatori, risulta comprensibile a tutti quando è la volta di Tanga, una delle composizioni che maggiormente testimonia l'incontro tra il grandissimo Dizzy Gillespie e la musica afroamericana. Oltre all'ottimo lavoro di
Carlo Lomanto alle percussioni, meritano di essere segnalati i soli di Matteo Franza
(tromba) e del già citato Rocco Di Maiolo. Ancora emozioni con l'interpretazione di
All the things you are. Accanto ai solisti Luciano Nini (sax alto) e
Domenico Falanga (trombone) Lorenzo Federici (tromba), ancora Carlo Lomanto, ma nel ruolo in cui siamo abituati a conoscerlo: quello di cantante. E la sua voce è presente anche nella celeberrima Round Midnight, in cui l'improvvisazione è lasciata al pianista
Giovanni Imparato. A chiudere l'applauditissimo concerto, l'esecuzione di due successi di Duke Ellington: Take The A Train (arrangiato dal batterista Claudio Borrelli) e Caravan (arrangiamento di Mike Tomaro). Nel primo, i momenti solistici di Giacinto Piracci (chitarra),
Donato Sensini (sax alto) e Gaetano Maria Palumbo (sax tenore) e, nel secondo, quelli di Marco Sannini e
Domenico Falanga. Da sottolineare, in Caravan, la presenza di un ospite d'eccezione: Giulio Martino (sax tenore).
La musica scelta per l'occasione era orientata sui classici della tradizione, e in linea con il libro presentato. Da sottolineare che l'Orchestra suona abitualmente musica attuale, i cui arrangiamenti sono curati dagli studenti della classe di jazz.
Le grandi orchestre di jazz esistono ancora, quella del Conservatorio di Napoli ne è una prova.