Temi essenziali e ruvidi; ritmi "pesanti"; timbri scuri e grezzi, scabri;
ma anche sax spremuti nei loro registri più alti, grida, dissonanze. Su questi elementi
si fonda "Caos Terrae", primo disco dell' omonimo
quartetto pugliese.
Scelte forse desuete, in un epoca in cui molti tendono ad "imborghesire"
il jazz, a privilegiarne gli aspetti più gradevoli e di intrattenimento. Per quasi
tutto il disco il quartetto tende ad aggredire i brani, a martellarli, a scolpirli
più che ad approfondirli. Le improvvisazioni sono muscolari e sembrano voler estrarre
dai singoli pezzi una sorta di radiazione energetica di fondo.
Niente di innovativo e di inedito, sia chiaro; ma in quasi tutti i brani
del disco i musicisti riescono a trasmettere all' ascoltatore la loro foga ed il
loro entusiasmo.
La scelta di evitare sottigliezze timbriche e melodiche mostra tuttavia i
suoi limiti nei pezzi di andamento più lento, come "In
my head", dove la voce del sax soprano diventa, da ruvida, ispida: inadatta
ad una ballad.
In tracce come "Terra dei Messapi" si
raggiunge invece un certo equilibrio fra cantabilità mediterranea ed anima funky
del quartetto.
Alla fine dell' ascolto restano comunque sensazioni positive. "Caos Terrae"
è un disco coraggioso ed autentico (tutti i pezzi sono originals), che non strizza
l'occhio a certi gusti correnti.
Marco Buttafuoco per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 11/08/2007
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