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Fabio Delvò
Dna
Autoprodotto (2011)
1. For my brother
2. Jana
3. For my mother
4. Toscana
5. Quiete
6. Pupik
7. Milky air
Fabio Delvò - sassofono
soprano e alto
Biagio Coppa - sassofono tenore e soprano
Santino Carcano - contrabbasso
Marco Rizzini - batteria
Fabio Delvò ama, indubbiamente, una musica scevra da vincoli troppo stretti
per aggirarsi così, con la massima libertà, in territori aperti, in spazi condizionati
solo dal pulsare simmetrico o asimmetrico della ritmica su cui le voci dei sax possano
espandersi e rientrare in modo conseguente e creativo. L'assenza della chitarra
o del pianoforte favoriscono un clima vicino alle esperienze di altri quartetti
venuti alla luce in questi ultimi anni, uno fra tutti il "Nesso G" dell'etichetta
"El gallo Rojo", per rimanere in Italia o in campo internazionale ci approssimiamo
allo stile di analoghe formazioni di scuola chicagoana, come il titolato gruppo
di Mike Reed "People, places and things". In realtà il sassofonista lombardo rivela
a chiare lettere il suo debito verso Steve Coleman e le sue teorie polititmiche
e politonali. Malgrado le parentele e le ispirazioni più o meno dichiarate, siamo
lontani in "DNA", comunque, dall'opera di un semplice e pedissequo imitatore. Delvò
con questo disco produce, invece, una musica piuttosto originale, tesa e densa di
intenzioni portate avanti con competenza e "lieve", nel senso di non pesante all'ascolto,
ma carica, allo stesso tempo, di significati.
Il basso del compianto artista a tutto tondo Santino Carcano, pittore e musicista,
si inserisce in modo pertinente nel discorso globale per mezzo di un accompagnamento
asciutto e stringato: poche note ma sistemate al posto giusto. Marco Rizzini
marca il tempo e colora il ritmo senza dilatare oltremodo l'importanza del suo compito.
C'è, e si sente, ma la sua batteria non trascende il suo ruolo, non soverchia il
dialogo fra gli strumenti a fiato, pur avendo carta bianca nello scorrazzare sui
motivi. I due sax sono gemelli o meglio appaiono perlomeno gemellati. Si specchiano
nell'eloquio "nero", nell'incedere scomposto e ricomposto, nel call and response
non sanguigno, semmai controllato, ma caldo. Un solismo che denota un approccio
presente, contemporaneo e allo stesso modo primitivo di ritorno. E' un dialogo da
cui si evince, da parte del titolare della ditta, la conoscenza non erudita della
tradizione della black music, ma anche di quei musicisti che più recentemente hanno
rielaborato il linguaggio jazzistico, risciacquando i panni nelle acque della madre
Africa.
Fabio Delvò suona il soprano con un fraseggio nervoso, ma non contorto, bene
articolato, virtuoso, non virtuosistico. Anche con il sax alto percorre strade analoghe.
Biagio Coppa, da parte sua, gli risponde con il suono verace del suo tenore,
nel senso che non va a cercare effetti rumoristici, ma esegue egregiamente in modo,
diciamo, tradizionale una musica "non tradizionale". Quando passa al soprano non
fa che omologare il suo timbro, il suo fraseggio al sound complessivo del quartetto
in una sorta di mimetismo espressivo ben riuscito. E questo è un apprezzamento,
si capisce.
Il vertice del disco è costituito da "Quiete" una traccia non tranquillizzante,
malgrado il titolo, con un andamento lento e sospeso, dove ci si aspetta uno sviluppo
che non arriva e tutto si risolve in una partita a quattro nel chiuso di una camera,
con un vago senso claustrofobico e accenti di musica euro-colta, unita ad una totale
e voluta mancanza di swing.
"DNA" rappresenta al meglio le passioni, gli interessi e l'estetica
di un musicista che esce allo scoperto con una prima opera da leader ricca di contenuti,
di idee e decisamente coerente.
Gianni Montano per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 30/09/2012
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