Benny Golson Quartet Seacily Jazz Festival – Fondazione The Brass Group Giardini sopra le Mura dello Spasimo -
Palermo, 16 Luglio 2010 di Antonio Terzo
foto di Rosellina Garbo e Riccardo Gueci
C'è ben poco da aggiungere quando si parla di musicisti divenuti leggende
del jazz: Benny Golson, ospite del Brass Group di Palermo per la rassegna
"Seacily Jazz Festival", è uno di questi.
Noto anche a chi di jazz non mastichi granché, grazie al film
Terminal con
Tom Hanks e Catherine Zeta-Jones, l'ultra-ottantenne tenor sassofonista quest'estate
per la scuola annessa al Brass Group ha tenuto dei seminari estivi, culminati in
un concerto finale con la ritmica che quest'anno lo ha accompagnato per tutta la
Penisola: sono così saliti in pedana, durante il primo set, Massimo Faraò
al piano, Carmelo Leotta al contrabbasso e Byron Landham alla batteria. Fin
qui, dunque, nulla da eccepire: brani che ormai appartengono al jazz più classico
ma sempreverde, come Horizon Ahead, una ballad in cui spicca la buona intesa fra
il pianista genovese ed il batterista americano, Are You Real?, un medio fast con
un impetuoso break di Landham, quindi due cavalli di battaglia che sottolineano
il legame che da sempre unisce Golson ad un altro mito del jazz, il trombettista Clifford Brown, prematuramente scomparso a seguito di un incidente stradale:
la celeberrima I Remember Clifford, composta da Golson proprio in memoria dell'amico
trombettista, e qui eseguita con grande trasporto; e Tiny Capers, dello stesso Brown,
rifinito il piano e puntato il contrabbasso di Leotta. Ad avviare a conclusione
questa prima parte del concerto è la coltraniana Mr. P.C., nella quale di nuovo
si distingue il contrabbassista italiano in un muscolare assolo.
Ma – senza nulla togliere agli italiani protagonisti del primo set, perfettamente
all'altezza della situazione – è il secondo set che impone di dar conto di questa
performance palermitana di Golson. Sul palco il sassofonista introduce infatti
George
Cables, pianista dal tocco magistrale già al fianco di Dexter Gordon,
come pure di Dizzy Gillespie, Joe Henderson, Roy Haynes,
Max Roach, Art Blakey,
Sonny Rollins,
Freddie Hubbard, Woody Shaw, Sarah Vaughan, Tony Williams e
Bobby Hutcherson; mentre al contrabbasso viene chiamato John Webber. Ed il
concerto assume così una inattesa connotazione che trasporta il pubblico in un'atmosfera
da jazz club americano, con quella disinibita gioia di trasmettere emozioni attraverso
la musica di cui "loro" sono maestri.
Dopo il primo brano in quartetto, Golson lascia il posto al trio, "un vero
trio" come lui stesso tiene a precisare, che esegue Body & Soul, in cui l'eleganza
di Cables, la cantabile linearità di Webber e il dondolio del timing di Landham
fermano il tempo e rapiscono il pubblico, affascinato dall'interplay, dalla bellezza
delle idee e dall'impeccabile esecuzione.
L'incanto è sufficiente per chiudere la serata con un altro intramontabile
pezzo, dalla premiata ditta Ellington-Strayhorn Take the "A" Train: una goduria,
suonata da un quartetto di così elevata fattura, che, leader in testa, ha ben meritato
l'ovazione finale e l'insistenza per un bis, puntualmente soddisfatta.