Claudio Lo Cascio
Una storia nel Jazz – Nick La Rocca
Edizioni Novecento – prezzo 20 euro
Quella del jazz è storia assai recente poiché abbraccia una prospettiva di poco superiore al secolo e molti dei più famosi protagonisti che ne hanno segnato gli inizi sono rimasti sulla scena attiva fin quasi ai giorni nostri: Louis Armstrong, ad esempio, è scomparso nel 1971, Duke Ellington nel 1974, Dizzy Gillespie nel 1993 ed Ella Fitzgerald ci ha lasciato nel 1996. Una storia, dunque, che ci appartiene interamente per prossimità temporale, vissuti personali e testimonianze dirette ma della quale prevale, come del resto accade per molte altre vicende, una conoscenza fin troppo semplificata e schematica, spesso basata sul fascino agevole ed immediato del procedere per grandi linee, a volte anche solo per luoghi comuni o gustosi aneddoti, piuttosto che sull'analisi storica, culturale e musicologica di quei numerosi e complessi elementi che sul finire dell'Ottocento concorsero a dar vita ad un nuovo linguaggio destinato a diventare dapprima espressione artistica autonoma e successivamente autentica colonna sonora del XX secolo. Ed è proprio come pedaggio alla moderna tendenza che privilegia stereotipi e schematismi o che accetta, nel migliore dei casi, un'informazione semplificata e molto condensata che il jazz viene percepito come una musica sorta come d'incanto in un momento ben determinato ed in un luogo ben preciso, New Orleans, e figlia pressoché esclusiva delle popolazioni africane deportate in massa nel Nuovo Continente, con il conseguente corollario, più o meno esplicito, che solo i neri possono suonare il vero jazz mentre ai bianchi è concesso solo di imitarli.
Da poco edito per i tipi delle Edizioni Novecento, "Una storia nel jazz: Nick La Rocca" di Claudio Lo Cascio, decano dei jazzisti siciliani e notissima figura di
pianista, compositore, arrangiatore e direttore d'orchestra, dichiara
esplicitamente fin dal titolo di volere affrontare e dibattere soltanto una
piccola e circoscritta questione di quel confuso periodo in cui il jazz ebbe
origine: restituire la giusta dimensione artistica alla vicenda del cornettista di origine siciliana Nick La Rocca, leader della Original Dixieland Jazz Band, e puntualizzarne i non pochi meriti con il corredo della minuziosa documentazione raccolta nei molti anni di ricerche e studi, la maggior parte dei quali condotti direttamente sul campo, sia in Sicilia che negli Usa. Se realmente Lo Cascio si fosse limitato al tema specifico enunciato nel titolo, la bibliografia jazzistica avrebbe acquisito un'ulteriore testimonianza, magari preziosa per rigore scientifico e ricchezza di riscontri ma sicuramente di interesse squisitamente specialistico e, quindi, rivolta prevalentemente a cultori della materia e addetti ai lavori. Nella sua costruzione e nel suo procedere, invece, il volume di Lo Cascio va ben oltre il mero ambito filologico ed attraverso la vicenda singola e personale di Nick La Rocca affronta, con lo stile agile e sapido del cronista d'attualità, il tema assai più vasto e generale del reale contributo che i musicisti bianchi diedero alla nascita ed allo sviluppo del jazz e, ancor più, focalizza con particolare attenzione e dovizia di riferimenti il ruolo fondamentale interpretato dai numerosi musicisti di origine siciliana, soffermandosi, inoltre, sulle ragioni storiche e sociali che a quel tempo avevano determinato tra l'isola mediterranea e il delta del Mississippi la nascita di un ardito e sorprendente ponte sul quale venne a scorrere per molti decenni un intenso flusso di merci ma, soprattutto, di uomini, interi nuclei familiari e storie personali in bilico tra disperazione, nostalgia e speranza. Una lettura, dunque, rivolta certamente al jazzofilo, il quale troverà dettagliati riferimenti a quasi tutti i musicisti siciliani o di origine siciliana che, in diversa misura, ebbero un ruolo importante nella genesi del jazz, ma che non mancherà di interessare profondamente coloro che vogliano meglio comprendere perché proprio a New Orleans si crearono le condizioni favorevoli alla nascita del jazz; una lettura, soprattutto, che affascinerà indistintamente tutti quei siciliani interessati a riscoprire quanta parte i nostri emigranti abbiano avuto nell'evoluzione della cultura americana del Novecento. All'individuazione, allo sviluppo ed all'approfondimento di questi temi Lo Cascio ha dedicato molti anni di appassionato impegno contribuendo in modo sostanziale alla riscoperta e valorizzazione delle composizioni di La Rocca ed è oggi merito suo se ben tre busti bronzei del cornettista di New Orleans (vi era nato l'11 aprile del 1889) sono esposti nell'auditorium di Salaparuta, la cittadina del trapanese da cui il padre Girolamo era emigrato nel 1876, nel Louisiana State Museum e nel Conservatorio Vincenzo Bellini di Palermo. E non è certo senza motivo che Lo Cascio è stato nel 1991 il primo e finora unico jazzista siciliano ad ottenere la cittadinanza onoraria di New Orleans, la culla del jazz. Un ulteriore primato, questo, che si aggiunge ai numerosi altri che costellano il ragguardevole percorso del musicista palermitano: primo concerto jazz in Sicilia (1956), primo concerto jazz in Italia a svolgersi in un conservatorio di musica (Palermo 1958), primo concerto jazz per gli Amici della Musica di Palermo (1962). Ed a proposito di
primati, merita particolare attenzione la circostanziata analisi, frutto di
testimonianze acquisite direttamente e riportate con meticolosità, attraverso
cui l'autore ristabilisce la verità sia sulla vicenda umana che su quella
artistica di La Rocca: in particolare sulla legittimità del cornettista di essere riconosciuto titolare della prima incisione discografica in assoluto della storia del jazz, e cioè lo storico album della Victor (l'etichetta nota come "La voce del padrone", col celebre logo che ritrae un cagnolino che guarda incuriosito dentro la tromba di un grammofono dell'epoca) contenente le due celebri facciate "Livery Stable Blues" e "Dixieland Jass Band" registrate da La Rocca e dalla sua Original Dixieland "Jass" Band (solo in un secondo momento la dizione da "Jass" mutò in "Jazz") il 26 febbraio del 1917, cioè otto anni prima che Louis Armstrong incidesse da leader il suo primo disco. Il successo fu
davvero clamoroso, superiore a quello di celebrità affermate come Enrico Caruso
e John Philip Sousa, e le vendite raggiunsero livelli impensabili per quei
tempi: un milione e mezzo di copie a 75 cents ciascuna. Particolarmente
affascinante è poi l'investigazione condotta dall'autore sulle cause del
fenomeno che aveva spinto moltissimi siciliani, soprattutto della parte
occidentale dell'isola, a spostarsi a New Orleans ed in Louisiana ove si era
creata una cospicua colonia, quasi interamente sicula, che alla fine
dell'Ottocento contava già oltre dodicimila emigrati. Come hanno evidenziato le
ricerche di Lo Cascio sui nuclei familiari più rappresentati, la spiegazione
fondamentale di questo esodo che aveva interessato centri sia rivieraschi, come
Termini Imerese, Cefalù, Trabia, Agrigento,
Sciacca, Trapani ed Ustica, sia
dell'entroterra, come Monreale, Campofelice di Fitalia, Ventimiglia Sicula,
Bivona, Corleone, Contessa Entellina, Piana dei Greci e Poggioreale, sarebbe
riconducibile sostanzialmente all'esistenza in quel periodo di numerosi
collegamenti marittimi diretti tra Palermo e New Orleans. Sul finire
dell'Ottocento la Louisiana (la cui capitale è Baton Rouge) era uno dei più
ricchi tra gli stati americani e la città del Delta, che controllava interamente
il fiorentissimo traffico commerciale in transito sul Mississippi, era in breve
divenuta lo scalo più importante degli Stati Uniti, subito dopo New York, per
volume di affari. I collegamenti tra la Sicilia e New Orleans erano assicurati
da mercantili e piroscafi che avevano il porto della capitale dell'Isola come
terminale diretto o intermedio. Uno di questi vascelli, tra il centinaio circa
che Lo Cascio ha pazientemente annotato visionando i microfilm ufficiali dei
Servizi di Immigrazione degli Stati Uniti lungo un periodo di cinquanta anni
(dal 1861 al 1910), era il Montebello, bastimento a vapore di notevoli
dimensioni che in 25 giorni trasportava in Louisiana agrumi ed un migliaio di
emigranti per volta, riportando poi in Sicilia soprattutto balle di cotone che
poi venivano trasferite a Genova per essere trasformate in tessuto "jeans" e
quindi rispedite negli Stati Uniti. Seppure a margine della storia principale, i
riferimenti alla folta colonia usticese coinvolta in questa migrazione di massa
sono diversi e circostanziati: ad esempio, la Congregazione di San Bartolomeo
Apostolo costituita nel 1879 da emigrati di Ustica fu probabilmente la più antica tra le numerose società di mutuo soccorso sorte all'epoca in quei territori ed inoltre fu proprio a bordo del Montebello che nell'ottobre del 1897, ad appena undici mesi di età, era giunta a New Orleans proveniente da Ustica la futura madre di Louis Prima. Trombettista di buona tecnica, attore ricco di verve e spontaneità, seduttivo cantante di scuola armstronghiana ed interprete destinato a celebrità con brani come "Ohi Marì", "Just a Gigolo", "Buona Sera", "Angelina" e "Sing, sing, sing" (quest'ultima portata al successo dall'orchestra di Benny Goodman in uno storico concerto del 1938, alla Carnegie Hall di New York), Louis Prima era nato a New Orleans il 7 dicembre del 1911: il padre, Anthony Di Prima, era nato anch'egli a New Orleans ma figlio di un emigrato di Salaparuta, mentre la madre, Angelina Caravella, era arrivata ancora in fasce, appunto, da Ustica. Anche se il suo nome non figura tra quelli dei giganti del jazz, Louis Prima (che è scomparso nel 1978) ha avuto il merito niente affatto trascurabile di essere stato un formidabile divulgatore del linguaggio jazzistico: le sue doti di intrattenitore di razza, la sua vocalità ora morbida ora scanzonata ora rauca, il simpatico intercalare in lingua italiana e sicula e, soprattutto, l'irresistibile e gradevolissima miscela sonora in cui il jazz era declinato con lo stile di New Orleans, con lo swing, col jive e col rhythm'n'blues, gli conquistarono, specie nella seconda metà degli anni Cinquanta, l'interesse e l'entusiasmo di un pubblico davvero assai vasto al punto che non c'era stazione radio, tra le migliaia che irradiavano negli States, che non avesse in scaletta almeno uno dei suoi successi.
Assai gustosi e di gradevolissima lettura, infine, anche i capitoli conclusivi del volume, quelli in cui Lo Cascio, sulla scorta della sua personale frequentazione, racconta di come sia ancora forte e radicato il senso di appartenenza alla cultura ed alle tradizioni siciliane, a cominciare, ad esempio, dalla devozione per Santa Rosalia, la cui intercessione fece cessare, secondo i fedeli, l'epidemia di antrace che nel 1899 aveva decimato il bestiame a Kenner, una municipalità di New Orleans. Da allora la Santuzza viene celebrata ogni anno con lo stesso spirito, gli stessi gonfaloni, la stessa "vara", la stessa processione, esattamente come a Palermo.
Preceduta da una sapida prefazione di Piero Violante, l'opera di Lo Cascio, che si apprezza anche per la raffinatezza del suggestivo corredo iconografico, è completata, in appendice, da una serie di dettagliate schede: i jazzisti di sicura origine siciliana, i jazzisti di probabile origine sicula, la discografia della Original Dixieland Jazz Band, il relativo repertorio delle composizioni originali, la bibliografia, gli italiani a New Orleans e, infine, un utilissimo indice dei nomi.
Gigi Razete
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