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Salvatore Mugno

Il biografo di Nick La Rocca
come entrare nelle storie del jazz
BESA, [2005]. – (Lune nuove; 115)
Pagine 136
ISBN 88-497-0308-2

Salvatore Mugno è autore del repertorio biobibliografico Novecento letterario trapanese, del romanzo Opere terminali, della raccolta di racconti In ogni buco della città, di pregevoli opere di critica letteraria su autori siciliani, da Tito Marrone (al quale ha fatto intitolare l'auditorium del Polo Universitario di Trapani), a Giuseppe Marco Calvino, Tommaso Romano, Virgilio Titone e Nino De Vita. È uno dei principali artefici della riscoperta del poeta siculo-tunisino Mario Scalesi, del quale ha tradotto dal francese le poesie, così come ha tradotto la silloge Nouba del poeta tunisino Moncef Ghachem. Ha scritto anche alcune biografie, tra cui quella di Mauro Rostagno. Va accolto quindi con interesse questo suo nuovo impegno sul versante biografico, pubblicato da un piccolo ma attivissimo editore pugliese.

Il libro, che ha una gradevolissima e solida veste tipografica, è una doppia biografia romanzata, costruita seguendo le vite di La Rocca e del suo biografo nei momenti più rilevanti. Mugno tiene per sé il ruolo di narratore, di spettatore delle vite dei personaggi, ma è un ruolo creativo, motore di rapporti e di attività letterarie: all'inizio dell'ultimo capitolo ci racconta che il biografo Harry, ormai vecchio e ammalato "In uno scaffale ha collocato alcuni libri ricevuti dal corrispondente siciliano, accanto agli altri volumi sulla Sicilia …".

Il testo è costruito con una sorta di montaggio parallelo, scandito su sedici capitoli, sette dedicati a Nick La Rocca, otto dedicati al suo biografo, e un capitolo iniziale dedicato ad entrambi e relativo al 1960, anno di pubblicazione del volume The story of the Original Dixieland Jazz Band, Baton Rouge, Louisiana State University Press. Il modo di narrare è avvincente: l'autore seleziona, delle vite dei protagonisti, le parti che giudica più importanti e funzionali al racconto, ed usa frasi brevi, chiare e illuminanti, che dicono in poco spazio tutto ciò che è importante sapere. Usa poi un artificio perfettamente funzionale alla narrazione: stacca dal corpo del testo i ricordi dei protagonisti, espressi in forma diretta, con un corsivo che rende fluida la lettura e aiuta il lettore a seguire meglio e a interpretare correttamente il testo.

Di La Rocca delinea dapprima l'ambiente familiare, a cavallo fra Otto e Novecento, con un padre emigrato da Salaparuta, paesino della valle del Belice in provincia di Trapani, che lo osteggiava nella sua passione per la cornetta, distruggendogliela sistematicamente, perché "non dava pane"; poi, dopo la morte del genitore, i primi ingaggi da dilettante, retribuiti con sole bevande, fino alla prima scrittura importante a Chicago, alla nascita dell'ODJB (Original Dixieland Jazz Band, ndr), e ai successi newyorkesi della band, con il pubblico scatenato a ballare la nuova musica, e le prime incisioni del jazz pubblicate in assoluto, per l'etichetta Victor; ma anche i primi segni di una pesante litigiosità sul piano giudiziario del musicista, sempre pronto a rivendicare la titolarità delle composizioni dell'ODJB. Viene data anche qualche traccia relativa alla vita privata, al suo talento di ballerino, ai suoi amori, fino al secondo matrimonio con la giovanissima Ruth, che gli resterà accanto fino alla fine e gli darà sei figli, al suo carattere irascibile che lo porterà anche a contrasti con il suo inesperto biografo, all'esaurimento nervoso che lo terrà lontano dalla musica per molti anni, fino al ritorno negli anni '30 in pieno dixieland revival, per nuove incisioni e concerti, al definitivo scioglimento della band, al rinnovarsi delle liti giudiziarie dopo il pensionamento dal lavoro nel campo dell'edilizia, quando La Rocca, eletto il proprio garage a quartier generale, usa una fotocopiatrice e una macchina per scrivere per riprendere la sua lotta contro tutto e contro tutti, rivendicando il suo ruolo nella storia del jazz, fino alla malattia e alla morte nella sua casa di New Orleans con le note di Tiger Rag incise sulla porta.

Ma la sensazione che si ha, leggendo le pagine di Mugno, è che la sua simpatia e il focus della sua attenzione non vadano tanto al musicista, quanto al suo biografo, come del resto tradito anche dal titolo. Solidarietà naturale, probabilmente, tra persone che fanno lo stesso mestiere, ma forse soprattutto dovuta alla personalità di Harry, sicuramente più simpatico di La Rocca, e almeno altrettanto interessante dal punto di vista letterario. Il libro inizia proprio con il capitolo relativo al 1960, l'anno in cui viene pubblicata la biografia, dopo ben 23 anni dall'inizio del progetto. Harry si reca a N.O. da Buffalo, la sua città, per incontrare il suo idolo, per mietere quello che spera sia un meritato successo ma, soprattutto, per trascorrere dieci giorni di sesso e alcool inenarrabili nei night e nei bordelli di Bourbon Street, nel quartiere francese. Chi è dunque Harry O. Brunn, o Brass? E', diciamolo subito, un meraviglioso perdente, con il fascino di tutti i grandi perdenti, uno che ha passato tutta la vita ad inseguire il suo sogno. E' nato intorno al 1919, a Buffalo, da una famiglia borghese. Il padre è commerciante d'auto, la madre canta in chiesa da soprano. Harry viene folgorato dalla musica dell'ODJB nel 1937, a 17 anni, assistendo alla proiezione di un filmato della serie March of Time. Acquista subito dei dischi della band, e diventa appassionato di dixieland e musicista dilettante. L'anno dopo trova il coraggio di scrivere al suo idolo, del quale vorrebbe scrivere la storia. Iniziano una corrispondenza della quale non rimane traccia: infatti, così come il padre di La Rocca distruggeva le cornette per impedire al figlio di diventare musicista, il padre di Harry rispediva al mittente le lettere di La Rocca, mentre il figlio era in Europa a combattere la seconda guerra mondiale. Harry, tornato illeso dal fronte nel 1945, si iscrive all'Università e riprende a scrivere a La Rocca. L'anno successivo si reca in treno a New Orleans per il primo incontro col musicista, ormai lontano dalla musica e attivo nel settore edilizio. Nick è sorpreso: non si aspettava di ricevere un ventisettenne. È ospitale, ma non gli racconta quasi nulla; in compenso gli consegna una copiosa documentazione, e gli permette di iniziare il lavoro a casa sua. Ma Harry, per inesperienza e per non potere attingere ai racconti di Nick, non riesce a scrivere nulla di interessante. Nel 1949 si laurea in architettura, e si dedica alla manualistica nel settore dell'elettronica spaziale, ma anche all'illustrazione pubblicitaria, al disegno di cartoons, alla pittura, alla radio e, da dilettante, a suonare il trombone. Nel 1957, con una Jaguar nuova fiammante, torna a trovare Nick che stavolta, da pensionato, è disponibile per lunghe chiacchierate. I due fraternizzano, vanno a trovare gli amici di Nick, si stabilisce insomma un rapporto fecondo.

Per comprendere meglio la personalità di Harry bisogna ricordare che, oltre al suo sogno costante di scrivere la biografia di Nick La Rocca, trascurando per questo – con grande preoccupazione per i suoi familiari – i suoi remunerativi impieghi lavorativi nel settore missilistico, era un vero appassionato di auto sportive, gran bevitore, di robusto appetito, e solito alla ricerca di fuggevoli compagnie femminili.

Dunque Harry, ormai un elegante trentottenne, lascia il proprio lavoro e si dedica anima e corpo alla stesura del libro, lavorando a casa di Nick. Nel 1959, recandosi al sud per parlare con l'editore, torna a New Orleans da Nick e apporta gli ultimi rimaneggiamenti al testo, per accontentare le pretese del suo idolo e della casa editrice. Il libro viene pubblicato nel 1960. Nick reagisce dapprima con sfuriate e insulti per le inesattezze e le lacune (queste ultime dovute probabilmente alle pressioni editoriali), ma poi lo accoglie con affetto. Tra interviste a giornali, radio e tv, Harry torna a immergersi nella cucina creola, nell'assenzio e nelle notti di Bourbon Street, mentre il libro inizia a vendere discretamente, e si fanno sentire i primi detrattori, in particolare Pouchon del New Orleans Jazz Club e il celebre critico Nat Hentoff. Il volume riceve molte recensioni e molte critiche negative, tra le quali quella di Louis Armstrong.

Nel 1962 Harry si reca a Londra per un ciclo di conferenze, acquista una nuova Jaguar bianca con tappezzeria rossa, e trascorre il tempo in compagnia di una giovane ballerina che lavora a Soho. Nel frattempo i rapporti con Nick peggiorano, per sue pretese relative alle royalties sulle vendite del libro. Da Londra Harry passa ad Oslo, e si innamora a tal punto delle donne norvegesi da tornarvi una decina di volte. Qui conosce una studentessa diciannovenne, Inger, e il primo soggiorno dura tre mesi, fino a quando Harry non viene richiamato a casa dai familiari allarmati per la sua lunga assenza. Continua però a corrispondere fittamente con Inger, e torna a Oslo, a chiederle, inutilmente, di sposarlo. Nel 1994, dopo circa 30 anni, particolare illuminante sulla sua indole romantica, si reca a salutarla nell'ufficio dove lavora come segretaria. Ma la storia con la norvegese Inger non è stata la sola storia importante della sua vita. Nel 1950 si era fidanzato con Joy, e il rapporto era naufragato dopo una grandiosa festa di fidanzamento. Poi c'era stata la rossa Carol, quella che Harry ricorda come una storia "devastante", durata tre mesi lunghi e intensi quanto una vita intera. Carol era fidanzata, ma il suo ragazzo lavorava di sera fuori città, così lei trascorreva le notti con Harry. Fu piena di peripezie la strada per non far scoprire la vicenda, tanto più che Carol stava anche per sposarsi. Harry tenta persino di rapire la ragazza prima del matrimonio, ma lei alla fine, da pragmatica donna americana, torna dal fidanzato.

Harry oggi è molto anziano. Quando esce in taxi a fare la spesa torna a casa stremato. I suoi amici coetanei sono quasi tutti morti. Spesso il cuore malandato lo costringe al ricovero in ospedale. Non possiede più automobili, ormai, e vive solo. Con il fratello più grande, per beghe familiari, non si parlano da anni. Il fratello più piccolo, veterinario in pensione, avrà invece il compito di suo esecutore testamentario. Sta lavorando ad una nuova edizione della Story.

Tra i grandi pregi di quest'opera, c'è quello di nascondere dietro un'apparente semplicità un gran numero di informazioni tratte da svariate fonti, molte di prima mano perché dovute alla corrispondenza fra Mugno e Harry Brass. Poi, quello di sorvolare, dedicandovi solo brevi cenni, sulle pesanti (ma, ovviamente, in parte giustificate) polemiche che la critica jazzistica non ha mancato di sollevare nei confronti di La Rocca e del suo biografo. E, infine, una leggerezza di toni che rende il volume adatto ad ogni tipo di lettore, non solo agli appassionati di jazz.
Enzo Fugaldi per Jazzitalia



Dal sito www.besaeditrice.it

SALVATORE MUGNO è nato a Trapani nel 1962. Ha pubblicato il volume di racconti In ogni buco della città (1999) e il romanzo Opere terminali (2001).
È anche autore di biografie (L'italiettano. Storia umana e giudiziaria di Cizio-Margutte, 1995; Mauro Rostagno story. Un'esistenza policroma, 1998) e di numerose monografie di critica letteraria su autori siciliani (Tito Marrone, Giuseppe Marco Calvino, Tommaso Romano, Virgilio Titone, Nino De Vita). Ha, inoltre, dedicato molte ricerche agli scrittori della sua città, in parte raccolte nel volume Novecento letterario trapanese (1996).
Ha tradotto dal francese e curato le edizioni italiane di Les poèmes d’un Maudit del poeta siculo-tunisino Mario Scalesi (1997) e della silloge poetica Nouba dello scrittore tunisino Moncef Ghachem (2004).
Ha collaborato col «Giornale di Sicilia», «La Sicilia» e con periodici trapanesi («Lo Scarabeo», «Graphiti», «La Fardelliana»).






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Data pubblicazione: 12/08/2005

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