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Informazioni generali sullo strumento e sul suo funzionamento
di Fabio Tullio
ftullio@everyday.com


Il sassofono è uno strumento cosiddetto ad ancia in quanto deve l'emissione del suono alla vibrazione di una linguetta  recante tale nome posta sull'imboccatura.
L'ancia, vibrando, mette in movimento la colonna d'aria presente nello strumento la quale viene variata in lunghezza e portata dal musicista che agisce sui tasti e sulle chiavi.
Questa si comporta come una corda di chitarra, ovvero se la colonna d'aria sarà corta (quindi molti fori aperti) la nota risultante sarà acuta, viceversa se sarà lunga (quindi molti fori chiusi) la nota risultante sarà grave.

Nota acuta                                                     Nota grave
Figura 1

Il sassofono è composto da più componenti assemblati come in figura:


Figura 2

La famiglia dei sassofoni era composta originariamente da due gruppi di sette strumenti ognuno di dimensioni diverse.
Uno di questi, ovvero quello che fu concepito da
Adolphe Sax
per l'uso in orchestra era composto da strumenti tagliati nelle tonalità di FA e DO ed è ormai caduto in disuso.
L'altro gruppo fu creato dall'inventore per l'utilizzo nelle bande ed è quello che si è affermato fino ai giorni nostri.
I sette sassofoni che lo compongono sono tagliati in MIb e SIb secondo lo schema sottostante:
 

Sopranino MIb
Soprano SIb
Alto MIb 
Tenore SIb
Baritono MIb
Basso SIb
Contrabbasso MIb

Dire che i sassofoni Sopranino, Alto, Baritono e Contrabbasso sono tagliati in Mib significa che suonando la posizione chiamata DO sullo strumento in realtà noi otterremo una nota che corrisponde in realtà, per l’appunto, ad un Mib.
Allo stesso modo se suoniamo DO sul Soprano, sul Tenore o sul Basso otterremo, in realtà, un Sib.
Per cui distinguiamo note "reali", che sono quelle, per così dire "vere", (nelle quali c’è coerenza tra nome ed altezza del suono e sono suonate su tutti gli strumenti in DO) dalle  note "d’effetto", che sono quelle suonate sugli strumenti traspositori, nelle quali non c’è coerenza tra nome e altezza del suono percepito.
Ad esempio per suonare con un sax Alto un Do "reale" del Pianoforte, dovremo suonare sul nostro strumento un LA, che si dice quindi "d’effetto".
Ma allora perché non chiamare le note col loro vero nome?
F
ino a un decennio fa c’era una scuola di pensiero, in auge soprattutto tra i saxofonisti di musica leggera di vecchia scuola (quelli che io chiamo con grande rispetto "mestieranti"), che voleva appunto che le note venissero chiamate col loro nome reale, per cui un LA era un LA anche sul saxofono.
Questo dava dei vantaggi indiscutibili se pensiamo a come si svolgeva il mestiere del musicista nel dopoguerra, quando ci si trovava a suonare standards internazionali nei locali, sulle navi o nei grandi alberghi, in formazioni diverse, cambiando spesso repertorio.
Con questo sistema infatti avendo ogni nota lo stesso nome per tutti, tutti potevano leggere lo stesso spartito, semplificando molto il lavoro.
Per fare questo con il sistema traspositore invece bisognava riscrivere le parti trasponendole debitamente o leggere la parte, ad esempio, del pianoforte, in chiave di soprano per gli strumenti in Mib o di contralto per gli strumenti in Sib.
Lo svantaggio di quel sistema era, però, che ci si doveva imparare praticamente due diteggiature diverse, una per i saxofoni in Mib ed una per quelli in Sib.
Alcuni musicisti aggirarono il problema utilizzando il
Tenore in DO, detto anche C Melody, il quale permetteva di leggere le parti pianistiche mantenendo la diteggiatura degli altri sassofoni.
In realtà, sin dalle origini, tutti i saxofoni leggono in chiave di violino, con la stessa diteggiatura, dal Sopranino al Contrabbasso.
E’ chiaro però che se la posizione "DO" d’effetto sul Tenore è uguale a quella del Soprano o del Basso (avendo tutti e tre lo stesso taglio di intonazione) la nota risultante sarà sì la stessa ma posta ad ottave diverse, in virtù della differente dimensione degli strumenti.
Abbiamo detto che l’estensione del saxofono nella notazione d’effetto è uguale per tutti e sette i tagli, ovvero va dal Sib sotto il primo taglio inferiore al FA# sopra i tre tagli superiori tranne che per il Basso ed il Contrabbasso che arrivano al FA o in strumenti più vecchi che non hanno la chiave del FA# acuto.
 Lo schema sottostante mostra la relazione esistente tra l’estensione dei sette saxofoni e la tastiera del pianoforte.

Volendo semplificare il discorso possiamo dire che, prescindendo dall’altezza dei suoni, i saxofoni tagliati in Mib per suonare la stessa nota del pianoforte debbono suonare una sesta sopra o una terza minore sotto (1 tono e ½)  (se prescindiamo dall’altezza la nota risultante è la stessa).
I saxofoni tagliati in Sib debbono invece suonare una seconda maggiore sopra.
La forma è quella classica, per così dire, "a pipa", con delle varianti per quanto riguarda il collo, la campana e, ovviamente, le dimensioni a seconda del taglio di intonazione.
Solamente il sopranino ed il soprano hanno forma diritta, anche se quest'ultimo viene prodotto da alcune ditte con la forma ricurva dei fratelli maggiori.
Tutti gli appartenenti alla famiglia hanno però in comune la concezione costruttiva di base ed i materiali.
La forma è conica, ovvero il tubo aumenta di diametro man mano che progredisce verso la campana, mentre il materiale costituente è una lamina, di spessore variabile tra i vari produttori, composta da una lega di ottone (quindi rame e zinco) con l’aggiunta di piccole parti, nell'ordine dell' 1-2%, di alluminio, stagno o nichel allo scopo di prevenire l’insorgenza di crepe.
Il tipo di lega, comunque, non riveste grande importanza nella determinazione del timbro; a testimonianza di questo è il sax alto "Grafton Plastic", costruito nel 1953 in Inghilterra ed il cui corpo è costituito interamente di resina plastica; utilizzato da C.Parker ed O.Coleman il suo suono è perfettamente allineato con quello dei saxofoni tradizionali.
Evidentemente ha ragione A. Sax quando afferma, sulla base delle sue sperimentazioni, che il timbro di uno strumento è determinato dalle proporzioni della colonna d'aria in esso contenuta e che quindi materiale e forma sono poco determinanti.
Nonostante ciò tutte le ditte produttrici hanno svolto ricerche sui materiali , in particolare  la statunitense King la quale introduce sul modello Super 20, prodotto agli inizi degli anni '40, parti in argento massiccio (il collo e a volte la campana), nel tentativo di migliorarne il suono (peraltro già notevole).
A proposito del collo questo è oggetto di particolare attenzione da parte dei progettisti.
Infatti una sua errata costruzione può influenzare pesantemente le prestazioni dello  strumento in termini di qualità del suono o pregiudicare la facilità di emissione di alcune note.
La qualità della lega riveste invece un certa importanza sotto l'aspetto costruttivo per cui l'ottone sembra essere il giusto compromesso tra leggerezza, resistenza, facilità di lavorazione e costo di produzione.
La finitura esterna varia di molto ma comunque non influenza il timbro dello strumento.
Abbiamo quindi saxofoni laccati in oro o color oro, argentati, nichelati, opachi, lucidi,in ottone grezzo (brass), laccati neri, rossi o bianchi.
Quello che può alterare, seppur impercettibilmente il suono, è il lucido che viene applicato per proteggere la laccatura, il quale, se troppo spesso, frena le vibrazioni dello strumento (ma su questo argomento le opinioni sono abbastanza controverse).
Un aspetto che invece sembra avere una certa influenza è lo spessore della lamina, questo perché il metallo, in un certo senso, entra in vibrazione con l'aria in esso contenuta, influenzando così il contenuto in armoniche del suono prodotto, per cui uno strumento pesante ha, in linea di massima, un suono più scuro e caldo di uno leggero, che quindi suonerà più brillante.
Un altro aspetto, questo si veramente determinante, è la costruzione interna dello strumento.
Parliamo, per esempio, della concezione dei fori : è un  particolare  questo sul quale i produttori hanno lavorato molto.
Originariamente, infatti, l’anello sul quale va a chiudere il tampone era saldato al corpo.
Questo sistema poteva generare imperfezioni o residui di saldatura in presenza dei quali l’aria in deflusso dava vita a delle microturbolenze (fig.3a) negative per il timbro e l’intonazione.
In seguito, grazie anche allo sviluppo di appositi utensili meccanici, venne sviluppata una nuova tecnica per cui oggi i fori vengono costruiti piegando verso l’esterno la lamina del corpo stesso (fig.3b), eliminando così ogni ostacolo e rendendo più agevole il calcolo del cubaggio interno dello strumento (particolare fondamentale riguardo all’intonazione).



A                                                          B
Fig. 3

Parliamo poi dei tamponi: oltre ad avere la funzione ovvia di chiudere i fori sono molto importanti perché la loro distanza dai fori stessi, quando sono aperti, regola il flusso dell’aria in uscita dallo strumento, influenzando così intonazione e timbro in maniera molto decisa.
Proprio per questo motivo su di essi la Selmer, prima fra tutte, appose dei dischi di metallo (in seguito di plastica) detti risonatori che hanno il compito di riflettere il suono in uscita dal foro, diffondendolo più efficacemente all'esterno.
In generale poi molto importante è il calcolo interno dello strumento, ovvero il cubaggio e le proporzioni interne
Tutti questi fattori concorrono nel determinare la qualità, le prestazioni ed il colore di un sassofono (ricordate le armoniche?).
Sul mercato esistono ormai decine di marche e modelli che coprono un po’ tutte le esigenze stilistiche ed economiche.
Chiariamo subito che lo strumento perfetto non esiste.
Esistono strumenti che, a partire da prestazioni fondamentali che tutti i musicisti ricercano quali l’intonazione, una certa fluidità meccanica, l’omogeneità di emissione, offrono un timbro particolare ovvero il suono ideale alla ricerca del quale tutti dedichiamo il nostro tempo ed il nostro portafoglio.
Un suono però può essere ideale per me, non per altri : dipende dal mio gusto, dal tipo di musica che faccio, da cosa voglio esprimere sullo strumento.
E’ evidente quindi (facendo una classificazione necessariamente grossolana) che un musicista classico preferirà, ad esempio, un Buffett o un Buescher rispetto ad altre marche perché questi gli offrono un suono più rotondo, secondo lo stile classico, mentre un musicista di Jazz o Rock probabilmente preferirà un Selmer o un King per i motivi opposti.
Questo non è, ovviamente un dato assoluto, perché, come vedremo in seguito, il timbro viene definito in buona parte dall’esecutore in virtù del tipo di imboccatura, dell’ancia usata, del modo di imboccare per cui non e impossibile ottenere un suono tondo da un Conn, per esempio, usando l’imboccatura appropriata.
A tal proposito però c’è da considerare che è più facile rendere scuro uno strumento brillante che il contrario.
Lo strumento che sembra essere più versatile da questo punto di vista è il Selmer, in particolare il modello Mark VI, prodotto dal 1954 al 1973, tant’è vero che è il più diffuso tra i professionisti di tutto il mondo per le sue qualità e, nonostante sia uscito evidentemente fuori produzione, è tuttora molto ricercato e commercializzato sul mercato dell’usato a cifre che spesso superano i 6.000.000 di lire.
Per quel che riguarda i modelli ancora in produzione ottimo il Selmer Superaction, con notevoli pregi di elasticità e facilità di emissione.
Notevole anche Yamaha che nel suo modello top ha raggiunto un livello notevole di prestazioni mentre sui modelli da studio spicca un buon rapporto qualità-prezzo.
Per il principiante ovviamente vi sono meno problemi.
Intorno al 1.500.000-1.700.000 si trovano strumenti semiprofessionali con i quali si può studiare per lungo tempo prima che si senta l’esigenza di qualcosa di veramente professionale.
Le marche principali sono la già citata Yamaha, Grassi, Borgani (italiane queste due), Jupiter (Coreana).
Nel caso ci si rivolga all’usato attenzione: a prescindere dal suono e dalla meccanica una cosa è fondamentale, e cioè che lo strumento chiuda bene.
Se ciò non accade creerà grossi problemi all’allievo (e al suo insegnante) per l’emissione, soprattutto delle note basse.
Adesso: considerando che questa parte dello strumento è già problematica per chi comincia, appare evidente come il sommarsi dei due problemi possa creare nello studente sfiducia nei propri mezzi e nelle proprie possibilità.

 



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COMMENTI
Inserito il 14/12/2008 alle 15.12.56 da "petrella.aldo"
Commento:
Non sono riuscito a trovare le misure in altezza di un sax tenore (intendo in centimetri) potreste indicare anche quelle nei dettagli?
Grazie
 

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Data ultima modifica: 20/03/2006

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