Intervista a Luca Perciballi
novembre 2013
di Nicola Barin
Slanting Dots
Slanting Dots, da dove trae ispirazione
il nome?
Il nome della band è molto semplice e ricalca la nostra musica, che io tendo
a concepire in maniera assoluta e non a progetto. La mia ragazza si è accorta che
scrivo le teste delle note come dei piccoli puntini obliqui uniti: da qui la scelta
del nome. Fortuitamente allude anche ad un senso di instabilità, di obliquità, di
tendenza, che per me si sposa bene con ciò che vogliamo comunicare.
Come hai iniziato
a suonare la chitarra?
La scelta è stata casuale, come quella di molti ragazzi. Non provenendo
da una famiglia con una tradizione musicale, ho iniziato a strimpellare quasi per
caso contemporaneamente sia la chitarra che il pianoforte, verso i quindici anni.
Poi mi sono appassionato alla composizione, tutto ciò è incidentalmente confluito
negli studi al conservatorio. Ciò che mi ha mosso è sempre stata la grande passione
per la musica.
Com'è nata la vostra formazione?
Io e Alessio Bruno ci conosciamo da tutta la vita, abbiamo condiviso
sia l'amicizia che il percorso musicale. Gregorio Ferrarese era mio compagno
di studi al Conservatorio "Arrigo Boito" di Parma, che tutti e tre abbiamo frequentato
e dove abbiamo iniziato a studiare insieme. Il trio è nato proprio come un gruppo
di studio.
La vostra è una musica molto aperta, come ricorda anche
il titolo dell'album, quali sono state le tue influenze musicali?
La mia principale influenza è la musica classica-contemporanea, sia come
genere che come attenzione ad un certo tipo di suono. Di formazione sono innanzitutto
un compositore. L'impronta rock, che è presente nell'album, non è né cercata né
voluta, si è semplicemente materializzata. Per alcuni brani, infatti, serve una
certa potenza che, unita alla distorsione applicata alla chitarra, suona, inevitabilmente
rock. Poi c'è il jazz, che è ciò che ci accomuna, ma non è poi così importante a
livello di rilettura storica, è uno strumento per cercare un approccio.
Qual è il rapporto tra scrittura ed
improvvisazione all'interno del processo creativo di composizione?
Cerco sempre una perfetta fusione, i due elementi hanno un peso enorme:
la composizione solletica e soddisfa il lato più razionale ed intellettuale, mentre
l'improvvisazione appaga lo strumentista. La mia intenzione, ed è quello che mi
lega di più alla tradizione jazzistica, è di mantenere la composizione come un elemento
aperto e fruibile e l'improvvisazione come un elemento strutturale. L'ideale è definire
un buon equilibrio. Non amo le forme "tema" "solo" "tema" tipiche della jam session
o della forma orale.
Uno dei tuoi progetti paralleli è la
Fragile Orchestra, come è nato?
Deriva da una insoddisfazione personale, spesso e volentieri le comunità
di musicisti sono autoreferenziali, non si parla mai di letteratura, filosofia,
arti visive ma solo di musica. Vista la mia grande passione per le arti visive (mio
padre era un pittore) ho coinvolto l'amico e artista Mattia Scappini nel
progetto. Inizialmente è nato come studio sulla "Conduction". Ho avuto l'occasione
e la fortuna di essere amico e allievo del compositore Butch Morris e volevo
mettere in pratica le sue teorie sull'improvvisazione gestuale dell'orchestra. Mi
sembrava naturale farle confluire in un dialogo con l'arte visiva. In seguito, sia
per ragioni pratiche che di reale interesse, l'orchestra è stata accantonata, viene
usata solo in occasioni speciali. Il "Fragile" si è trasformato in un duo in cui
io faccio le veci dell'orchestra.
Oltre la musica e le arti visive quali
sono gli altri tuoi interessi?
L'arte visiva, soprattutto l'arte americana. La matematica intesa come
numerologia e mistica del numero. Fondamentalmente però sono un nerd della musica,
la quasi totalità del tempo parlo di musica.
"La creatività non sta nel trovare nuovi
paesaggi, ma nell'avere occhi nuovi...". E' la frase dello scrittore Marcel Proust
riportata nel retro dell'album, ti ci rispecchi?
Si appieno. E' stata una proposta di Gianni Barone, produttore
della Nau Records, che ringrazio. In sostanza non si inventa mai nulla: posso
citare due musicisti che adoro, Johann Sebastian Bach e Thelonious Monk,
che non hanno creato nulla di nuovo in senso stretto, ma hanno saputo reinterpretare
in maniera rivoluzionaria la musica del loro tempo.
Oltre agli Slanting Dots quali altri
progetti stai sviluppando?
Ovviamente "Fragile" in versione duo. Uscirà proprio per l'etichetta
Nau Records nel 2014 un vinile in edizione
limitata con una serigrafia di Mattia Scappini. Non voglio svelare troppo
perché in realtà sono sempre in movimento e sto portando avanti più di una collaborazione
con progetti interessanti come ad esempio quello con Ivan Valentini. Attualmente
sono concentrato sugli Slanting Dots.
Slantind Dots - "Unfold"
Inserisci un commento
© 2000 - 2024 Tutto il materiale pubblicato su Jazzitalia è di esclusiva proprietà dell'autore ed è coperto da Copyright internazionale, pertanto non è consentito alcun utilizzo che non sia preventivamente concordato con chi ne detiene i diritti.
|
Questa pagina è stata visitata 1.410 volte
Data pubblicazione: 15/12/2013
|
|