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Palmetto Records - PM 2098
David Berkman
Start Here…Finish There


1. Cells
2. Triceratops
3. Iraq
4. Stone’s Throw
5. English as a Second Language
6. Penultimatum
7. Only Human
8. Old Forks
9. Quilt
10. Mean Things Happening in This World

David Berkman - piano
Dick Oatts - alto & soprano sax
Ugonna Okegwo - bass
Nasheet Waits - drums


Fra i pianisti più affermati della scena newyorchese, David Berkman è un raffinato compositore affascinato dalle simmetrie, dalle rime interne, dai chiasmi. "Start Here…Finish There" è il suo quarto album da band leader e mostra l'evidente propensione per un tipo di scrittura modulare fin dalla traccia iniziale, la programmatica "Cells".



Il profilo attuale di questo musicista, estremamente maturo e definito, ha molte analogie con l'Hancock acustico e con il Jarrett più settantesco (ascoltare "Old Forks"), mentre a livello compositivo ritroviamo molte delle predilezioni dell'ultimo Shorter. Delle connessioni fra il complesso universo post-davisiano e il microcosmo di Berkman si potrebbe tracciare una mappa interessante, ricordando per esempio la partecipazione di Brian Blade ai primi due dischi del pianista; o le collaborazioni del sassofonista Dick Oatts con Milton Nascimento, o del batterista Nasheet Waits con Wallace Roney.

Fra i pregi del disco va senz'altro citata la capacità di alternare strutture iterative a brani aperti, coltraniani, come "Iraq", in cui la ritmica ha una funzione ammaliante, finanche ipnotica (ascoltare per credere, i piatti "lunari" di Waits), che consente al pianoforte di entrare e uscire liberamente dal testo musicale; l'assolo di Oatts è praticamente un calco di "A Love Supreme".

In stile Shorter è "Stone's Throw", bossa solare che rappresenta il segmento brasiliano di un disco che – come suggerisce un'immagine del succinto booklet, e a differenza di quanto sostiene il titolo – ha al suo interno molti percorsi. Lungo l'ascolto ci si imbatte in qualche tappa panoramica, puramente contemplativa, come la fascinosa "English as a Second Language", improvvisazione pianistica; non mancano momenti di ortodossia iperbolica, come la ballad "Only Human" per trio.

Per il resto, Berkman non ha timore di innamorarsi di una bella melodia ("Quilt"), omaggiandola di lievi, carezzevoli virtuosismi, e di passare poi alla forma canzone, rileggendo da solo una bella pagina del folk militante americano, "Mean Things Happening in This World" di Woody Guthrie.

Un intellettuale che non suona soltanto per sé, un grande comunicatore: ecco il Berkman di "Start Here…Finish There", un disco che non può mancare agli estimatori della East Coast più engagé.
Luca Bandirali per Jazzitalia







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inserito il 29/03/2007  da JAZZCAF - visualizzazioni: 3440


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Data pubblicazione: 02/09/2006

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