Relaxin' with the Miles Davis quintet
Prestige 7129
Con Miles Davis, John Coltrane, Paul Chambers, Red Garland, Philly Joe Jones
Prefazio brevis, ma importantis (..sima).
Una delle domande che mi viene spesso posta dai frequentatori del sito Jazzitalia è:
"come posso imparare a suonare Jazz?".
Bella domanda, proprio a me che sono autodidatta poi……!!
Sappiamo tutti che di testi, metodi e trascrizioni ne esistono a bizzeffe in giro ma forse non tutti sanno che possono anche servire a
...niente!
Un momento: fatemi spiegare, prima che il Webmaster di Jazzitalia mi cacci via a pedate.
Nel voler imparare a suonare e, soprattutto, improvvisare Jazz, dobbiamo sempre tener presente il concetto che stiamo affrontando lo studio di un linguaggio, anzi, direi di una vera e propria nuova lingua.
Come tutte le lingue anche il Jazz ha una sua grammatica, una sua struttura logica, le sue correnti estetiche, legate alla collocazione geografica (spesso sentiamo parlare di "Jazz Kansas", Jazz "west coast", poi ci sono i "Chicagoani" etc) e all'evolversi nel tempo di tutto questo.
Solo che mentre per passare dal latino all'italiano moderno noi abbiamo impiegato più di 600 anni, nel jazz per passare dal
rag time al free ci sono voluti appena 50 anni.
Questo modo di affrontare la faccenda è, a mio giudizio, fondamentale; e qui veniamo alla domanda.
Tutti noi abbiamo imparato (si fa per dire) una seconda lingua a scuola, ma credete veramente di essere in grado di parlare con un nativo anglosassone solo con la preparazione avuta a scuola?
Non credo: dov'era il punto debole di quel sistema?
Nel tentare di insegnare una lingua riducendola ad una serie di regole grammaticali!!
Potete star certi che l'ultimo degli analfabeti dei sobborghi di Londra farà meno errori lessicali di noi e questo per un semplice motivo: noi per esprimere un concetto in inglese facciamo una serie di operazioni, sforzi mnemonici, grovigli di regolette lui
semplicemente...parla, quello che deve dire lo pensa direttamente in inglese,
"gli suona in testa".
Allo stesso modo se noi pensassimo di imparare ad improvvisare studiando
l'Oliver Nelson o il Ramon Ricker ma senza interiorizzare il linguaggio che stiamo tentando di imparare cadremmo in un madornale errore.
Attenzione: non sto qui negando l'utilità dei testi, affermo solo che lo studio di questi deve essere un momento di razionalizzazione di qualcosa che già suona nella testa dell'allievo.
E' inutile far studiare ad un povero cristo le scale superlocrie in tutte le tonalità, con i relativi patterns, se il povero cristo non ha in mente un utilizzo creativo della scala.
Quando, cantando sotto la doccia, gorgheggierà qualcosa di superlocrio con una certa naturalezza allora si potrà pensare di fargli intraprendere uno studio analitico.
Detto questo (che so mi attirerà le ire di qualche collega, ma ci sono abituato!) torniamo alla domanda:
"come posso imparare a suonare Jazz?".
Risposta: ascoltando
jazz, cantando
(letteralmente, cioè con l'ugola) il jazz, trascrivendo e
scrivendo jazz.
Già altri colleghi hanno evidenziato su Jazzitalia l'importanza del trascrivere
di propria mano gli assoli dei grandi maestri e voglio qui associarmi con forza a questo invito.
Questa pratica è essenziale, non vi limitate a leggere gli assoli trascritti che girano in commercio, ma trascrivetene il più possibile personalmente.
All'inizio troverete difficoltà ma insistete, iniziando dai temi.
Tenete presente che già solo dall'esposizione tematica di Davis, Rollins
o Bill Evans c'è da imparare un mondo.
E' come se avessimo un grande metodo per imparare a conoscere il Jazz che aspetta solo di essere letto, basta guardare ai grandi maestri che ci hanno preceduto, ma con i nostri occhi e le nostre orecchie, non con quelle di qualcun'altro, allenando i nostri sensi affinchè diventino sempre più sensibili.
Cantate i temi e i soli
insieme ai dischi fino ad impararli a memoria, poi
scriveteli; suonateli, estrapolate le frasi che più vi piacciono, trasponetele nelle 12 tonalità
ad orecchio, prendetevi le basi e suonateci sopra cercando di applicare le frasi imparate, modificandole, iniziandole come le sapete ma poi sviluppandole in modo personale.
Questo è l'unico vero modo che conosco per imparare ad improvvisare, i metodi vengono parallelamente, ma non fate l'errore di delegare al metodo la conoscenza di un linguaggio.
Veniamo ora al solo di Coltrane su Oleo.
A questo punto direte: "come, prima ci fai tutte ste' storie e poi ci proponi un solo già
trascritto?"
Tranquilli, è il primo e l'ultimo!!
Premesso che tutto quello che vedrete scritto è per strumenti in C per semplicità espositiva (troverete il solo integrale per strumenti in
C, Bb e Eb in calce o allegato) il motivo per cui vi propongo questo solo di Coltrane è semplice:
è troppo bello.
Questo assolo l'ho trascritto all'età, credo, di 16 anni e da allora resta, per me, uno splendido campionario di lucidità, swing e geometria costruttiva.
E' il Coltrane dell'era Davis.
Questo è un periodo che io ritengo interessantissimo perché in lui si sentono ancora le matrici stilistiche che lo hanno influenzato
(Dexter Gordon ma anche, udite udite, Charlie Parker), si sente il tentativo di affrancarsi senza rinnegare nulla e si sente il germe di quel sound, di quella moderna, difficilissima linearità del pensiero musicale che lo porterà poi ai traguardi che tutti sappiamo.
E' un periodo della sua carriera un po' snobbato dalla critica ma decisamente a torto e con questo assolo spero di dimostrarvelo.
Ricordo che mi colpirono subito la lucidità espositiva e la geometria delle frasi
e queste sensazioni sono ancora vive in me ogni volta che lo ascolto e lo suono.
Come non restare impressionati da frasi come questa, perfettamente equilibrate, con un
inizio uno svolgimento ed una fine, sembra quasi di sentirlo parlare:
ESEMPIO 1 (MP3 89KB)
E quest'altra frase?
Sentite quanto è cantabile:
ESEMPIO 2 (MP3 77KB)
Sentite l'entrata del
2° chorus, finita la frase c'è qualcuno, probabilmente Davis, che si lascia sfuggire una esclamazione di stupore e approvazione, qualcosa come
"Ahhh!!!": e ti credo, con una entrata così.
ESEMPIO 3 (MP3 98KB)
Se a qualcuno suonasse strana la citazione di
Parker ricordiamoci che gli inizi della carriera di Coltrane concidono con gli ultimi anni di vita di Bird e non credo che a quel tempo (come oggi) un giovane
talentuoso potesse evitare di fare i conti con siffatta presenza.
Non solo, ma una delle prime scritture di un certo livello di Coltrane fu nell'orchestra di
Dizzy Gillespie nella quale suonava...il sax alto.
Ancora dubbi?
Sentite questo e provate ad immaginarlo suonato con un contralto:
ESEMPIO 4 (MP3 33KB)
Oppure
quest'altro:
ESEMPIO 5 (MP3 28KB)
Che dire?
Quest'assolo dimostra come era facile, per Coltrane, fare una cosa difficilissima:
suonare facendo le note che servono, in modo semplice, lineare, ed in questo credo che la vicinanza e la guida di Davis lo abbiano forgiato in maniera indelebile.
Pensate ai soli su Flamenco Sketches o Freddie the Freeloader
(ma in generale su tutto Kind of blue), densi di un lirismo impressionante, ma sempre "black", mai scontato o smielato.
Basta fare il paragone con Cannonball Adderley, decisamente più Parkeriano, anche lui grande tecnica, ma decisamente meno a suo agio nel rappresentare le tinte pastello di quell'opera.
D'altronde resta a tutt'oggi insuperata la sua abilità nel costruire frasi perfettamente melodiche su una struttura infernale come
Giant Steps.
Questa capacità di controllare una tecnica paurosa, sfoltirla e metterla al servizio della melodia, della linearità delle frasi, fa si che anche nelle sue opere della maturità artistica,
(A love Supreme davanti a tutti), anche nel periodo delle sheets-of-sound, anche nel periodo finale free, rimanga sempre una liricità di fondo che fanno di questo musicista uno dei più grandi di sempre.
Questa concezione melodica lo porterà a sviluppare il concetto
modale, già iniziato con Davis, e, verso la fine della carriera, a suonare senza accompagnamento se non quello della batteria, nel tentativo di liberarsi definitivamente dalle pastoie degli accordi.
La melodia si regge su se stessa, con le sue geometrie intrinseche, non ha bisogno di rapportarsi ad un accordo, ed in questo su di lui ha una certa influenza
Ornette Coleman: siamo agli inizi degli anni '60, è l'inizio del
free jazz.
E tutto questo è già presente, in germe, in questo assolo: il passato (Gordon
- Parker) si mescola col presente (Davis) e formano il presupposto logico e stilistico per arrivare lontano, molto lontano.
A conclusione del discorso, come forse avrete notato, non vi ho proposto analisi particolari, non ho scritto "qui usa questa scala, qui quest'altra", non ho inserito neanche gli accordi, volutamente.
Ascoltate questo solo e leggetelo, ma soprattutto cantatelo, a squarciagola, magari mentre fate la doccia: allora si potrà cominciare a parlare di "qui ha usato questo…", ma con una altra mentalità.
Vi lascio con la frase di chiusura del solo, perfetta come al solito, comprensibilissima, facile da suonare, difficilissima da progettare.
ESEMPIO 6 (MP3 100KB)
E pensare che, da qualche parte, ho letto l'affermazione di uno dei soliti pseudocritici il quale affermava che Coltrane in quel periodo era "alle prese con problemi di linguaggio": sarà pure vero, ma piacerebbe tanto anche a me avere di questi problemi!!
Ciao
Fabio
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Data pubblicazione: 08/01/2001
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