Il Terninjazz prosegue la sua quinta stagione aperta con Rubalcaba
e che si andrà a chiudere, in pompa magna, con il trio di Aaron Goldberg, guest Michael Brecker.
Ospite di questa tappa intermedia, uno dei migliori sassofonisti italiani: Maurizio Giammarco.
La risposta del pubblico umbro non è di certo abbagliante. La sala non è del tutto gremita ed il "viavai" di gente lascia intendere che per alcuni il concerto è un ammennicolo al "sabato sera".
Giammarco sorprende sempre per la sua indubbia capacità di non adagiarsi su terreni già battuti.
Il progetto è denominato Tricycles: ed in effetti sono tre ruote motrici a spingere l'intero lavoro.
Oltre Giammarco, Dario Deidda (b.) e John Arnold (batt. Elettronica, loops).
Ne fuoriescono un insieme di suoni che cercano una strada nuova, pur attraversando dei classici del jazz. Le improvvisazioni strutturali ed armoniche aprono e
chiudono un concerto gradevole e ben impostato.
Giammarco alterna il tenore (scintillante e fresco d'opera) al soprano, con il flauto che s'interpone in tali elucubrazioni musicali. Le sue improvvisazioni quanto i riff sono sempre eseguiti alla perfezione. La natura improvvisativa si libera nelle ricerche elettroniche di
Arnold (attentissimo alla programmazione) che lasciano correre in tutta evidenza brani "storici" come Evidence (T. Monk) o Ju-Ju (W.Shorter), permeandoli di sonorità
chill e realizzando una sorta di crossover tra i fraseggi apolinnei delle ance di Giammarco e gli stereotipi programmati.
Colpisce al cuore il campionamento della voce di Duke Ellington prima di dar corpo ad una lucida esecuzione di "Sound of love".
Di buon spessore l'esecuzione della sempre suadente Better Get Hit in Yo soul di Mingus con il leader sempre pronto nel proporre e lanciare le svise del basso di
Deidda.
La capacità espressiva e compositiva del sassofonista romano emerge
dall'esecuzione di Sconclusioni, un brano che
Giammarco ama eseguire indipendentemente dalle formazioni con cui si esibisce. L'intelligente lirismo è frammentato dalle avventure stilistiche in cui si lanciano
Arnold e Deidda, sempre pronti a cogliere gli aspetti più aspri e farli propri.
E' stato un concerto a cavallo tra il free, la chill-out e la nu-jazz. Sicuramente una proposta interessante nell'attuale panorama jazzistico non sempre foriero di novità allettanti.
L'utilizzo dell'elettronica, per certi versi, ha sovrastato alcune strutture e reso meno accattivante il suono dei fiati utilizzati da Giammarco. Volutamente, in alcuni casi, la sua voce è diventata il completamento di alcune creazioni elettroniche che meglio si sposavano con le improvvisazioni del basso, il cui supporto ritmico ed armonico è stato prezioso ed i soli sicuramente sempre più che considerevoli.
L'improvvisazione, come detto, padroneggia l'esibizione sia nei brani di apertura e chiusura, del tutto free (nel senso pieno del termine) ma anche nell'esecuzione degli standard.
La notevole esperienza ed il caldo affiatamento del trio, poi, sono
stati gli elementi aromatizzanti che hanno smussato sapientemente anche i sapori
più aspri di alcune esecuzioni.