2005,
sono le 12:00 e mi aggiro con circospezione nella hall dell'albergo Michelangelo,
punto d'incontro per stampa e musicisti. L'attesa dura ormai da circa novanta minuti
e gli altri (..fotografi...) decidono di andare a fare due passi. Mi invitano; cortesemente
declino (anche perché fuori eravamo a + 35° e alla mia età……): la testa è a Reggie
[Workman], Sam [Rivers] e Roscoe [Mitchell]. Scusate se li chiamo
per nome, ma capirete… So che sono in albergo ma ignoro dove.
Mi siedo, verifico la mia attrezzatura, che sia tutto
pronto per il "click" magico. Guardo con invidia gli ospiti sul bordo della piscina,
ma sempre con le orecchie ben tese a carpire il minimo indizio di presenza degli
artisti. Passa Francesco
Bearzatti con il suo trio ("Sax
Pistols" - ragazzi questa è energia pura da vedere ed ascoltare soprattutto
nelle particolari interpretazioni di pezzi storici dei Led Zeppelin e di Jimi Hendrix).
Lo saluto e lo ringrazio per il tempo dedicatomi il pomeriggio precedente per alcuni
scatti a Palazzo Primavera.
Improvvisamente mi sento come se fossi caduto in un caleidoscopio….di
note. Ad occhio – anzi ad orecchio – e croce mi ricordano i fraseggi di Roscoe
Mitchell: inconfondibile il suo incedere. Comincio a crederci: allora ci sono!
Scendo le scale che
portano
al piano inferiore ed i suoni diventano sempre più definiti: ora distinguo chiaramente
due sax e un contrabbasso vorticoso, con accenti portati su tempi impossibili, con
una semplicità disarmante. È Reggie!
Sono solo…sudato….emozionato….a pochi metri da me, dietro
una semplice porta ci sono tre Leggende viventi che messe assieme superano i due
scoli ma la loro capacità di entrare in simbiosi, la loro creatività, la loro potenza
ed intensità espressiva, meritano senza alcun dubbio uno zero in meno! Chissà questa
sera, mi chiedo, …se queste sono solo prove!
Improvvisamente
la porta si apre e davanti ai miei occhi ho Reggie Workman abbracciato al
suo contrabbasso, come in estasi (data la sua statura lo strumento sembra enorme);
le sue dita viaggiano sul manico con architetture che sembrano scaturire da visioni
metafisiche. Non resisto: infilo il braccio nello spiraglio con in mano la mia
compattina digitale, chiudo gli occhi ma dimentico di disinserire il flash!
Reggie, si sveglia come folgorato e mi lancia un'occhiataccia. Sprofondo nella costernazione
più profonda, mi inchino bisbigliando un "sorry" e la porta si richiude.
Sono disperato, mi sono giocato una delle più importanti
occasioni mai capitatemi.
Come li riaggancio? Che mi invento?
Passato
prima del tutto inosservato vedo ora un tavolo ricoperto da un bel panno blu intenso
(probabilmente predisposto per un rinfresco) posizionato lungo il corridoio all'uscita
della sala prove. Nell'arco di cinque minuti "imbandisco" il tavolo con le mie foto
scattate ai maestri nel 2003 e
2004 al Teatro Manzoni di Milano. Predispongo
un bel cartoncino scritto in bellissima grafia "MR. WORKMAN" e "MR.
MITCHELL" che posiziono dietro le loro foto con a fianco
il
mio book che "casualmente" avevo portato con me e mi piazzo dietro il tavolo.
Incrocio le dita sperando che nessuno del personale dell'albergo mi venga a chiedere
chi mi abbia autorizzato a questa estemporanea.
Passano pochi minuti…..eterni, i Maestri escono dalla
sala, mi vedono, anche Reggie, mi riconosce. Accenno un timido sorriso: è un grande,
mi risponde; faccio cenno con la mano indicando le foto e – non posso crederci –
si avvicinano! Signore e Signori, anch'io ho avuto il mio incontro ravvicinato del
3°/4°/9° tipo (beh, fate voi!): Mr. Sam Rivers, Mr. Roscoe Mitchell,
Mr. Reggie Workman erano davanti a me ed io davanti a loro.
In un incomprensibile inglese (anche per me stesso) faccio
capire che le foto sono per loro e che mi sentirei veramente onorato se le accettassero.
Non solo le accettano, ma vogliono anche il book… Non c'è problema, per me
l'importante e che non mi scappino più. Scambiamo qualche battuta, con Reggie in
particolare ci scappa anche la risata (chissà cosa gli ho detto...), mi regalano
due dediche sulle mie foto dicendomi "ciao Patricio, you are good eye…We are
waiting you in New York.".
Mi sono congedato aiutando Reggie a portare il suo contrabbasso
per le scale sino al primo piano (anche l'ascensore guasto quel giorno mi ha dato
una mano) e sarei arrivato anche al quinto piano!
Ah! Il concerto: a New York per i
WARM sono letteralmente impazziti.
A Terni, non so gli altri, ma io
dopo qualche scatto sono rimasto ipnotizzato. La spontaneità delle elaborazioni
di Roscoe, tremendo con la sua gragnaiuola di note con picchi elevatissimi
e sempre ispirato da quell'anelito di estrema libertà e insieme di liberazione tipico
del free, la semplicità quasi irriverente di Rivers nella ricerca
di nuovi limiti aldilà di qualsiasi tematica e sonorità tradizionali, la sublime
raffinatezza di Workman che ben ha assimilato e continua ad elaborare il
messaggio di "Trane", mi hanno letteralmente annichilito. Appoggiata la fotocamera
mi sono lasciato trascinare per oltre un'ora in quel mare di freschezza e di piacevole
stordimento provocato dai quei tre giovani di terz'età, assecondati da un portentoso
e roboante Pheeroan AkLaff: la Zona del Sublime non poteva aver migliori
interpreti.