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Barletta Jazz Festival
Tribute to A. C. Jobim
feat. Toninho Horta
Barletta (BA) - 9 luglio 2008
di Marco Losavio

Sesta edizione del Barletta Jazz festival che, come ogni anno, si tiene nella suggestiva arena del Castello Svevo. Dopo le performance molto apprezzate di Enzo Favata e di Ben Allison, stasera è la volta di un tributo ad uno dei più grandi e popolari compositori di musica brasiliana. Stiamo ovviamente parlando di Antonio Carlos Jobim e la band che ne omaggia la sua musica è coordinata da uno dei batteristi che lo ha spesso accompagnato, Duduka Da Fonseca. I compagni di questo progetto sono tutti artisti di primissimo livello come Claudio Roditi alla tromba, Helio Alves al pianoforte, Toninho Horta alla chitarra, Eddie Gomez al contrabbasso e Maucha Adnet alla voce.



L
'Inizio del concerto è affidato al trio piano, batteria e contrabbasso. E' Eddie Gomez, con l'archetto, ad introdurre il tema del primo brano: Bebè di Hermeto Pascoal. La musica si snocciola e fluisce lentamente prendendo corpo fino a materializzarsi nella sua essenza delineata dal ritmo sempre più incalzante. Stenta, volutamente, a consolidarsi diradandosi continuamente non appena sembra divenire allo "stato solido". Ma la dinamica aumenta, la musica sembra avvitarsi e sfuggire per essere immediatamente ripresa come farebbe un giocoliere che non fa mai cadere alcun elemento. Il confine tra musica brasiliana e improvvisata viene inesorabilmente corrotto facendo intendere subito come le influenze possono diventare una risultante unica.

Duduka De Fonseca, in "portitaliano", introduce Claudio Roditi. Il quartetto esegue Pasarim e Roditi prima espone il tema e poi esegue un solo da cui emerge un suono chiaro, cristallino, l'esecuzione si trasforma in un funk che Eddie Gomez rimarca percuotendo le corde del suo contrabbasso. Il tutto defluisce nuovamente nel tema "spaziale" che conduce alla chiusura.

Mancano ancora due elementi, ed eccoli che entrano sul palco. Toninho Horta e la cantante Maucha Adnet completano il sestetto che esegue il primo dei brani di Jobim. Le note di Chega De Saudade colmano l'arena del castello di un sound così pregevole da sembrare incastonato nelle mura antiche di questa affascinante struttura. Un tourbillon di ritmi e note, un velluto di bossa su cui la naturalezza dei musicisti si adagia perfettamente. Impeccabili, anche se la chitarra di Horta si ascolta con difficoltà a causa di un'amplificazione probabilmente non al miglior setting.

Le spazzole di Duduka Da Fonseca marcano in modo inconfondibile il ritmo "etereo" che sottintende "Surfboard". La voce di Maucha e la tromba con sordina di Roditi enunciano il tema gestendo un crescendo che porta ad una coralità dell'intero sestetto.

Segue "Beijo Partido" di Horta. Il chitarrista brasiliano sfoggia la sua classe e raffinatezza armonizzando l'intro alla sua maniera, superba, dando vita a quei voicing molto aperti, spaziali, ma intrisi di sonorità latina. Finalmente si ha la possibilità di ascoltare la pulizia della voce di Maucha che in questo inizio in duo può meglio rimarcare sfumature molto raffinate. Il gruppo entra per far decollare il bel brano che però nel suo momento "topico", quando cioè Toninho Horta esegue un solo chitarra e voce, risulta penalizzato da un'acustica che ancora una volta non fa ben distinguere i suoni. Questa pecca, purtroppo, sarà una costante di tutta la serata.

Una dedica per la natìa Minas Gerais. Horta in solo, chitarra classica e voce, regala una vera e propria perla a tutti i presenti con un esecuzione davvero pregevole. Ascoltarlo da solo fa pensare che, forse, è meglio così, la massa sonora degli altri ottimi colleghi limita l'espressività di un artista così pregno di ritmo, melodia, controllo dinamico. La sua voce sembra come un flauto che insegue la chitarra.

Il tutto svolge il ruolo di intro per "Once I Loved". A Toninho Horta si aggiunge il contrabbasso di Eddie Gomez che però risulta subito un po' stridente, un po' "impastato". Spiace davvero rilevarlo ma la dolcezza dei suoni prodotti da Toninho Horta finiscono con l'essere come soffocati dall'irruenza contrappuntistica di Gomez che fornisce inutili "muscoli" a questa musica assolutamente poetica, dolce. Nel finale si unisce il quintetto per introdurre "Agua de Beber" su cui irrompe la tromba di Roditi. Eddie Gomez, ancora una volta, punta ad un ruolo da leader che in questo contesto sembra davvero fuori luogo. Esegue continue frasi esposte in ogni spazio libero e non svolge mai il ruolo del contrabbassista di "servizio", al servizio cioè della band.

Ancora un duo, piano e voce, per "O Cantador" di Doryi Cayimmi. In questo caso bisogna invece riportare che è la voce di Maucha a non rendere, il brano non decolla e la difficile armonia necessita di un controllo anche di intonazione che a tratti sfugge. Segue un omaggio colui ch è stato definito il miglior jazzista brasiliano della sua generazione, il bassista Victor Assis. Il brano si intitola "Pro Zeca" ed è eseguito in quartetto. Molto apprezzato il solo di Duduka Da Fonseca.

Si torna a Jobim con Toninho Horta e Maucha ancora in duo con Voce vai ver. Ancora poesia. E' così che stasera la musica brasiliana ci piace, è così che questo luogo incantato si pone al cospetto di una musica che con spazio e tempi dilatati riesce a far cogliere aspetti reconditi di estrema bellezza. Poi, ancora una volta, entrano tutti e ci si aspetterebbe una sofficità che è ancora una volta elusa principalmente dal contrabbasso di Eddie Gomez troppo presente con un suono che poi nell'insieme copre la chitarra di Toninho Horta, unico. Stasera veramente grandioso.

Ci avviamo alla conclusione e non poteva mancare Desafinado. Questa musica è nel mondo e questo brano ne è senza dubbio uno degli emblemi. Maucha lo canta in modo abbastanza flat avendo dalla sua la madre lingua che senza dubbio rende fluida l'esposizione. Roditi da par suo "soleggia" poggiandosi su un suono pieno arrotondando il tema fino a riprenderlo compiutamente nell'ultima frase.

Poi è la volta di Agua de Marco, il tema è echeggiato da un introduzione sospesa per poi partire decisa e ben ritmata. Non offre particolari sorprese ma fa da assist alla Garota de Ipanema. Qui si evince una sovrapposizione eccessiva chitarra-piano. L'essenzialità a volte ripaga e l'unico che stasera avrebbe senza dubbio offerto maggiori emozioni è Toninho Horta, su tutti e, ripetiamo, senza alcun dubbio.

Questo progetto sembra prendere solo spunto da Jobim, come un pretesto e il numero cospicuo di leader rende necessarie varie combinazioni di formazioni per far esprimere tutti a dovere col rischio, però, di proporre un'esecuzione non basata su una matrice di gruppo ben identificata quanto piuttosto su alcune individualità.

A volte si è percepita un'aria da jam session che ha un po' ridimensionato la pregevolezza del progetto stesso, quantomeno dell'idea, elusa comunque da un repertorio in alcuni casi distonico e da arrangiamenti che non sono nati in funzione dei musicisti presenti qui questa sera ma che hanno cercato di sfruttare la presenza di artisti in grado, se in serata, di grandi performance. Peccato però che questo si sia potuto vedere solo in quei pochi minuti in cui Toninho Horta si è potuto esprimere in solitario.









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Data pubblicazione: 30/07/2008

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