Jazzitalia - Rumur Hang: Gerardmer
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Edogm Label – edo017 – 2007
www.rumurhang.com
Rumur Hang
Gerardmer


1. Chaos
2. Gerardmer
3. Sonata
4. Un Homme Qui Danse

Antonio Bonazzo - synth, santoor
Alessandro Cassani - basso
Pierre-marie Philippe - chitarra, voce
Antonio Fusco - percussioni





La voglia di esplorare nuovi territori sonori andando alla ricerca della trasversalità tra più generi, meglio se distanti tra loro, è una moda che soprattutto negli ultimi anni ha trovato un ampio consenso e un fiorire di un gran numero di progetti più o meno riusciti. Quello del Rumur Hang nasce nel marzo del 2005 dall'incontro di quattro musicisti le cui esperienze musicali, assolutamente eterogenee tra loro, sono accomunate dall'esplorazione di un unico linguaggio: il jazz e l'improvvisazione. Un ampio utilizzo di strumenti e suoni legati più alla musica elettronica che al jazz tradizionale mette subito in luce il carattere d'avanguardia dell'ensemble italo francese, composto da Antonio Bonazzo al synth, Pierre-Marie Philippe alla chitarra, Alessandro Cassani al basso e Antonio Fusco alle percussioni.

Gerardmer è la loro ultima fatica, uscita nell'aprile di quest'anno per l'etichetta francese Edogm, registrata nella località che dà il nome all'album, nei primi mesi del 2007. Etichettare la musica dei quattro, che tra i diversi riferimenti musicali citano Ornette Coleman e Eric Dolphy ma anche Aphex Twin e Luciano Berio, non è affatto semplice e appare anche riduttivo, anche se si fatica a trovare accostamenti con i pionieri del free jazz se non per la concezione della libera improvvisazione. Già Chaos, il primo dei quattro lunghi brani che compongono l'album, non lascia spazio a fraintendimenti e introduce bene quello che sarà il filo conduttore di tutto l'album: un tappeto corposo di basso elettrico e batteria e grande spazio a sintetizzatori, chitarra elettrica e suoni che richiamano alla fusion psichedelica anni '70. La traccia seguente, Gerardmer, sembra un omaggio al Miles Davis di In A Silent Way mentre non colpiscono particolarmente i due brani che concludono l'album, in cui il mescolarsi di suoni ed effetti non risultano essere sempre efficaci.

Quel che rimane in definitiva è un lavoro sicuramente particolare e originale dove i quattro riescono a ricreare atmosfere singolari e ricercate dimostrando coraggio e inventiva. Talvolta però la confusione sembra prendere il sopravvento e i brani, fin troppo allungati, non sempre riescono a convincere, risultando alla lunga monotoni.
Luca Labrini per Jazzitalia







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Data pubblicazione: 03/02/2008

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