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Federica Colangelo Acquaphonica
Endless Tail
Folderol (2019)
1. Spigoli
2. Frammenti
3. Dancing Figure
4. Spazi pieni e vuoti
5. Studio n.1
6. Scala a chiocciola
7. Aftermath
Federica Colangelo - pianoforte Michele Tino - sassofoni Marco Zenini - contrabbasso Ermanno Baron - batteria
Un'impronta massiccia si legge in questo disco: quello della
perfetta fusione tra il verbo della musica classica contemporanea e la dizione jazzistica,
quella delle improvvisazioni argute e non muscolari. Federica Colangelo è
un'eccellente pianista e una fine compositrice, di quelle che raccontano veramente
delle storie. La sua musica fluisce sì, ma lascia il segno. Tra ritmi e tempi mai
ovvi (complice anche i suoi studi di musica carnatica). Arbusti ritmici spezzati
tra fraseggi ossessivi di Michele Tino, particolarmente bravo nel gestire il legato
e lo staccato, una batteria, quella di Baron, lucente nel cadenzare i tempi e il
contrabbasso di Zenini che tiene in regola il tutto con timbri scuri e bollenti.
Colangelo crea armonie, le blocca, le destruttura e le ricostruisce con inimmaginabile
naturalezza ("Spigoli"). Il periodare classico della leader lo si ascolta
sempre, a volte sottinteso, altre più sfavillante, come in "Frammenti". Ma,
lì dove ti aspetteresti un percorso liscio e carezzevole, arrivano – come granelli
– gli accordi più sbilenchi, semplici variazioni dissonanti. "Dancing Figure"
si apre con l'eloquio di Zenini, elastico e granuloso, che dà il via a una ballad
ricca e fumosa, con il tema esposto da Tino e Colangelo. Tempi medi anche in
"Spazi pieni e vuoti". Il pianoforte della leader introietta tradizione, reiterazioni,
suscita il ricordo dei grandi compositori del Novecento, con in vista un discorso
chiaro ma forbito. I cambi di metronomo sono sempre dietro l'angolo, così da liberare
anche un'anima bebop. "Studio n. 1" mette in proscenio Baron e i suoi piatti,
soprattutto, che padroneggia con sicurezza esplosiva. Note pesate, frammenti ariosi,
registri chiari e Tino a far da contraltare a oniriche visioni. La banalità è fuori
dagli schemi della Colangelo e sodali. I movimenti filmici di "Scala a chiocciola"
sono racchiusi in una struttura musicale che evoca perfettamente il titolo, anche
quando la pianista mette in chiaro il suo vocabolario classico, che sbrindella quasi
subito con interruzioni ed eloquenti cambi di direzione. Le scure e tormentate note
di "Aftermath", liberano un flusso di coscienza joyciano che impregna tutto
il lavoro di Federica Colangelo.
Alceste Ayroldi per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 12/04/2020
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