L'energia c'è, si percepisce, fluida ed equilibrata come quella di un oratore che declama la sua passione ad alcuni uditori. L'amore per il jazz, per quei temi melodici riproposti qui con una certa coerenza, sono lo stimolo di questo
Power Duo, che seguendo un'idea musicale "rischiosa" – accostare due strumenti con frequenze e timbri simili, ma tutt'altro che uguali – si propone, deliziando oltre che per precisione tecnica, anche, e forse soprattutto, per il feeling e la coesione, entrambe espresse in un quadro perfetto a cui sembra però mancare qualcosa; forse un pizzico in più d'azzardo negli arrangiamenti.
In ogni modo, senza essere eccessivamente puntigliosi, basterebbero poche parole per descrivere questo lavoro: divertente, dinamico, destinato comunque a non avere lunga vita tra i nostri ascolti. Il problema è questo: nonostante la bravura dei ragazzi, che si esprimono in modo fantastico e che certamente non tarderanno a farsi notare nell'ambiente, il suono del disco risulta inevitabilmente monocromo; ma questa non è che una valutazione generalizzata di un lavoro intenso, se considerato nei singoli episodi.
Afro Blue è sicuramente un ottimo punto di partenza. L'improvvisazione si scioglie, dopo l'esposizione del tema da parte vibrafono sul caldo tappeto steso dalla marimba, in fluide frasi dei solisti, che si alternano con disinvolta agilità. Andando più avanti, si è colpiti dall'estro dimostrato nell'ultra celebre A Night In Tunisia,
che si conferma nell'interpretazione del pezzo che forse per ragioni timbriche,
ha più da concedere ai due strumenti a percussione: La fiesta, di Chick Corea.
L'episodio comunque più interessante sembra essere Psicopatici in libertà, pezzo originale scritto dagli stessi
Bianchi e Mascetti – dedicato a Frank Zappa – in cui i due dichiarano la loro propensione per una musica libera, eclettica – suonano rispettivamente nel brano batteria e congas – lontana da quella retorica che risuona in piccola dose in questo album negli standards, ma che di certo nel tempo, si farà sempre più rada, fino a scomparire.
Marco De Masi per Jazzitalia