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Sofia Rei Koutsovitis
Sabe Azul
World Village - 2009
1. Coplera
2. Sube Azul
3. Cardo o Ceniza
4. Instante de vos
5. El Lìo
6. Las Càracas
7. El Mayoral
8. Segundo Final
9. La Chongoyapana
10. Imaginaria
11. Jardines de Asfalto
12. Entre Paredes
Sofia Rei Koutsovitis - voce
Juan Medrano Cotito - cajón
Jorge Perez Albela - cajón e quijada
Morris Cañate - tambor alegre
Leo Genovese - piano e melódica
Eric Kurimski - chitarra
Diego Obregón - tres
Geoffrey Keezer - piano
Dan Blake - sax soprano
Anat Cohen - clarinetto
Celso Duarte - arpa
Ronald Polo - tambora
Néstor Gomez - llamador & maracas
A dispetto della grafica chiassosa, l'ultima fatica della sudamericana Sofia
Rei Koutsovitis si presenta con contenuti eleganti. I suoni, ben calibrati,
si dipanano sinuosi tra le dodici canzoni del disco come trama che dona coerenza
espressiva. Sabe Azul, scritto e arrangiato dalla cantautrice argentina e
poi prodotto con il bassista Jorge Roeder, è un sunto di modern jazz
- evidente nel 7/8 di El Lio - che si fa affascinare volentieri da vibrazioni
tipicamente latine, figlie del folklore argentino così come di quello peruviano,
colombiano o uruguaiano.
Chiari i riferimenti, dispersi lungo tutto il disco, alle copleras - cantanti
folk argentine -, a cui Sofia rende espressamente omaggio. Il legame alla tradizione
latinoamericana, nonostante Koutsovitis viva ormai da tempo in quel di New York,
è evidente soprattutto nella conformazione dell'organico e nella scelta di strumenti,
che spaziano dal cajón alla quijada (una mandibola di asino usata come percussione),
dal tambor alegre al tres cubano.
La cura degli arrangiamenti è certosina e il risultato sicuramente valido. Degni
di nota l'effetto echo applicato al violoncello in Cardo o Ceniza e il clarinetto
di Anat Cohen in Entres Parades.
L'esperienza di Sofia Rei Koutsovitis, spesso ricordata insieme ad altre due
artiste di spicco del panorama argentino – Magos Herrera e Sofia Tosello
– si distingue da quella di queste ultime per un continuo confronto con la musica
popolare, garanzia di cura e rinnovamento di un'identità musicale che ha ancora
tanto da raccontare.
Pietro Scaramuzzo per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 30/05/2010
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