Ogni essere umano ha una sua interpretazione del timing unica e personale,
ovvero un proprio modo di collocare le proprie note rispetto al beat o meglio rispetto
a un'ipotetica ''griglia'' in cui dovrebbero esserci i posti ''esatti'' dove piazzare
le note.
Prendiamo l'esempio di un'unica nota: anche concentrandosi nel piazzare
la propria nota esattamente sul beat (sia esso il battito del metronomo o la pulsazione
della band o il momento virtuale o immaginario in cui si dovrebbe trovare la nota
se, per ipotesi, la facessimo suonare quantizzata ad un computer), ogni musicista
tende a suonare (spesso sempre in egual modo) la nota leggermente avanti (cioè in
anticipo) o dietro (cioè in ritardo) sul tempo. E' una cosa normale, biologica,
che spesso rende anche più piacevole l'esecuzione (soprattutto se raffrontata alla
freddezza di una sequenza midi o comunque quantizzata).
C'è da dire però che il suonare avanti o dietro rappresenta anche, a mio
avviso, espressione di un proprio modo di essere dal punto di vista culturale e/o
razziale; culturalmente parlando, noi europei abbiamo tutto il retaggio della musica
classica (spesso votata al virtuosismo o comunque alla valorizzazione del singolo
esecutore o gruppo di esecutori) che ci porta inevitabilmente a suonare avanti rispetto
al battito del metronomo. Nell'ambito invece della musica africana (e di tutto ciò
che da essa deriva), l'esperienza musicale è un'esperienza di gruppo che si impronta
alla condivisione, in cui è molto labile la separazione tra esecutori e pubblico
(differenza fortissima rispetto all'elitarietà di buona parte della musica classica),
e in cui è importante godersi il momento della comunanza musicale affinché duri
il più a lungo possibile: è per questo che è molto probabile che un nero, anche
istintivamente, vada dietro (in ritardo) rispetto al beat.
Per quanto riguarda il punto di vista razziale, avete mai notato la differenza che
c'è nel modo di camminare di un nero e di un bianco? Si tratta di una pesante generalizzazione,
però in linea di massima una persona bianca cammina con passi stretti e rapidi,
come a volersi sbrigare, mentre un nero si molleggia su falcate più ampie e meno
frequenti. Probabilmente anche questo fattore porta una persona ''non europea''
a collocarsi dietro rispetto al beat.
Ora non vorrei essere accusato di razzismo al contrario, però credo che
almeno da questo punto di vista (e non solo) abbiamo tutto da imparare dai neri,
per il semplice fatto che tutta la musica che si suona (eccezion fatta per la musica
classica, che comunque oramai è più che altro un'esperienza archeologica) deriva
-soprattutto ritmicamente - dal blues afroamericano: il jazz deriva dal blues, il
pop deriva dal blues, il rock deriva dal blues, il metal deriva dal blues (anche
se tutti questi macrogeneri hanno mescolato la matrice del blues con elementi armonici
o melodici - poco spesso ritmici - del mondo classico). Dunque è bene essere in
grado di suonare dietro il beat con naturalezza, e ciò richiede un grandissimo lavoro
dato che noi italiani nasciamo con una propensione più o meno elevata ad andare
in anticipo rispetto al beat.
C'è da dire anche che spesso si suona avanti (prima del beat) quando si
è nervosi o quando ci si trova al cospetto di un passaggio di un brano in cui si
ha paura di sbagliare: il timore dell'errore ci induce a suonare nervosamente e
più in fretta (a ''correre'') come se non vedessimo l'ora di superare quel momento:
ciò capita sovente ai musicisti alle prime esperienza in studio di registrazione
o alle prime esperienze davanti a un pubblico. Spesso si suona avanti anche quando
non si è soddisfatti dal proprio suono (magari per problemi tecnici legati al proprio
strumento o all'impianto o ad un fonico di palco non troppo preparato).
Inoltre è frequente che si suonino avanti solo le prime note di un fraseggio
o di un passaggio, ovvero ''quando si attacca'': ciò deriva dal fatto che cerebralmente
e dal punto di vista motorio il corpo non riesce subito ad azzeccare la postura
per eseguire le note desiderate; in fase di studio per correggere questa problematica
è necessario immaginare già prima di suonare ciò che si dovrà suonare, magari anche
facendo dei movimenti a vuoto (tipo pennate di chitarra o colpi a vuoto di bacchette
per i batteristi) prima di entrare realmente: avete mai visto i batteristi che prima
di entrare in un brano per beccare il groove giusto cominciano a muovere le spalle
o le bacchette o la testa già qualche battuta prima del proprio ingresso? Inoltre
bisogna studiare più spesso frasi e passaggi con note e pause (per abituarsi a smettere-cominciare)
anziché lunghe sequenze di note prive di pause.
Per essere però in grado di suonare dietro rispetto al beat bisogna innanzitutto
esercitarsi nell'essere precisi sul beat (il che poi spesso coincide con l'esercitarsi
a non suonare avanti - e personalmente ci lotto da anni).
Un ottimo esercizio è quello di esercitarsi a tempi metronomici incredibilmente
lenti (ben sotto i 30 bpm - procuratevi un buon metronomo che scenda molto in giù
come velocità): provate a suonare semiminime (una nota ogni quarto) a 15 bpm o giù
di lì, non è terribilmente più difficile che suonarle a 250 bpm? Il discorso si
basa su questa teoria: ognuno di noi ha un margine di errore rispetto al beat che
generalmente si può misurare rispetto al tempo di metronomo più basso al quale in
genere si suona o si studia: se chiamiamo questo margine X (lo sapevo che
la matematica prima o poi mi sarebbe servita a qualcosa...) e consideriamo, per
ipotesi, 60 bpm la velocità più bassa di metronomo al quale spesso studiamo o suoniamo,
avremo come corollario (e vi invito a verificare su voi stessi magari misurando
i risultati con un qualsiasi software di registrazione) che a 120 bpm il nostro
margine sarà (approssimativamente, sia ben chiaro!) X diviso 2, a 240 sarà X diviso
4 (ed è per questo che più sale la velocità metronomica - o più riferimenti ritmici
ci si crea in tempi larghi - e più si ha l'impressione di essere precisi sul tempo)
e, se ci capitasse di suonare per una volta a 30 bpm, il nostro margine sarebbe
X per 2 - il doppio! Se invece ci abituiamo per un po' a studiare e suonare, ad
esempio, a 30 bpm, sarà lì che si attesterà il nostro margine x, e quindi suoneremo
a 60 bpm con un margine x diviso 2, e dunque più ci esercitiamo su velocità lente,
e più facciamo sì che a velocità ''normali'' la nostra esecuzione sarà pressoché
perfetta sul beat (essendo il nostro margine infinitesimalmente piccolo). Per lo
stesso motivo è utile studiare (in un tempo di quattro quarti, giusto per fare un
esempio) col metronomo che scandisce solo il due e il quattro della battuta (dato
che son quelle le pulsazioni forti della musica afroamericana) oppure solo l'uno
di ogni battuta o addirittura l'uno ogni due o quattro battute (il che richiede
moltissima concentrazione, ma vi assicuro che poi suonare a tempo sarà molto più
semplice).
Una volta raggiunta questa ''consapevolezza ritmica'', cioè nel momento
in cui si sa bene dove sta il beat, è più semplice poi essere in grado volutamente
di suonare un po' più avanti e, soprattutto, un po' più dietro, in base al tipo
di sensazione che si vuole creare con il proprio timing e in base al tipo di linguaggio
musicale che si vuole adottare o rappresentare. E non ci sarà più nessuno che vorrà
raddrizzarvi le note con Pro Tools...
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COMMENTI | Inserito il 8/2/2010 alle 16.52.30 da "solojazz" Commento: Mah non sono d'accordo sul fatto della distinzione che i bianchi suonano up e i negri down. Al massimo e' proprio al contrario. Altrimenti come si spiegherebbe che il jazz "suona" sempre un po' avanti e il jazz è per definizione una musica afroamericana | | Inserito il 9/6/2010 alle 13.19.29 da "alecriscino" Commento: Io invece son proprio d accordo.Anche perche' l'esempio palese e' Elvin Jones.Quindi pensare un tempo in down-beat non vuole dire andare fuori tempo,ma essere particolarmente dotati e quindi caratterizzato anche da un fattore culturale. | | Inserito il 12/1/2011 alle 9.42.18 da "mic2704" Commento: Ottima lezione, grazie. Chiedo solo se fosse possibile aggiungere esempi di tracce che confrontino i fraseggi in avanti al beat con quelli indietro al beat. | |
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Data pubblicazione: 01/04/2007
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