In questa quarta puntata delle lezioni relative agli accordi visti e intesi come somme di intervalli, proporrò alcuni spunti relativi all'uso di intervalli molto stretti, generalmente non molto utilizzati dai chitarristi nella costruzione degli accordi per via della natura dello strumento, e che invece sono prediletti dai pianisti per la possibilità di ottenere un buon quantitativo di voci dell'accordo con una sola mano senza la necessità di allargamenti di dita eccessivi o impossibili. Sulla chitarra invece tali accordi richiedono nella maggior parte delle ipotesi un grande lavoro di estensione della mano, per cui è necessario stare attenti innanzitutto ad eseguire questi accordi con pulizia, in secondo luogo a non abusare nello studio degli stessi per evitare problemi ai tendini.
Cominciamo col dire che un intervallo di seconda giusta (definito a volte come di seconda maggiore) è un intervallo di due semitoni fra due note, ad esempio C e D [ES.1]; un intervallo di seconda bemolle (definito a volte come di seconda minore) è un intervallo di un semitono fra due note, ad esempio C e Db [ES.2].
L'ascolto di questi intervalli ci avrà suggerito un'idea di dissonanza, o se preferiamo di mancanza di grazia, soprattutto in riferimento all'intervallo di seconda bemolle; questa impressione ci viene confermata dall'analisi di una sequenza di seconde tratte diatonicamente dalla scala di C maggiore (C D E F G A B) [ES.3]. C'è da aggiungere che le seconde sono tra gli intervalli che meno si prestano ad essere suonati usando anche un minimo quantitativo di distorsione, poiché provocano un grande numero di battimenti tra le note; ciò può essere usato a proprio vantaggio quando desideriamo volontariamente generare delle dissonanze utilizzando un suono distorto.
Eppure questi intervalli, se combinati ad altri intervalli, possono dar vita ad accordi meravigliosi e dal suono molto particolare, per nulla dissonante. Vi fornirò alcuni esempi, talvolta sviluppati diatonicamente all'interno di semplicissime scale maggiori.
Consideriamo un accordo di A-7 (A, C, E, G) a cui aggiungiamo la sesta maggiore (F#); l'accordo così ottenuto sarà composto dalle note A, C, E, F#, G [ES.4], e possiamo subito notare la presenza di ben due intervalli di seconda: una seconda giusta tra E e F# e una seconda bemolle tra F# e G.
Proviamo a questo punto a sperimentare delle somme di due intervalli di seconda (come può essere ad esempio l'insieme delle tre note E, F e G), magari ordinate diatonicamente nella scala di C maggiore, con un basso comune costituito dalla nota D (ottenuto sempre con l'omonima corda a vuoto): gli accordi che vengono fuori sono tutti molto interessanti [ES.5].
E' molto interessante anche far seguire a un intervallo di seconda (giusta o bemolle) una terza (sia maggiore che minore) [ES.6] oppure una quinta (sia giusta che bemolle) [ES.7].
Se pensiamo al fatto che spesso si usa nel fraseggio un approccio cromatico alle note di una triade (ad esempio suonando una triade minore di A - A, C, E, si approccia l'A con il G#, il C con il B e l'E con il D#) [ES.8], può essere interessante provare a suonare congiuntamente la nota approcciata e la nota con cui la si approccia [ES.9], creando un effetto di dissonanza nella consonanza, visto che la triade costituisce comunque uno dei dispositivi melodici più efficaci. Si può anche provare a tenere un accordo fermo con la mano sinistra e con la mano destra, in tapping, alternare tra lo stesso accordo e l'accordo uguale che sta un semitono sotto, per creare un effetto di alternanza tra tensione e risoluzione [ES.10].
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