Come di consueto, l'apertura dei seminari senesi dedicati alla musica afro-americana è preludiata da un concerto in Piazza del Campo, in cui ad esibirsi sono formazioni di altissimo livello che, con la complicità delle stelle, offrono al numerosissimo pubblico, intervenuto da ogni parte d'Italia, le loro originali proposte musicali.
Il ventiquattresimo giorno di luglio è toccato al quartetto di Pietro Tonolo
e in seconda battuta all'ottetto di Gianluigi Trovesi sancire l'apertura ufficiale di Siena Jazz e della manifestazione La città aromatica. A rendere ancora più significativo il summenzionato concerto in Piazza, è la ricorrenza del decimo anniversario del riconoscimento del Centro Storico da parte dell'Unesco come patrimonio dell'Umanità. Ma non solo questo offre la navigatissima associazione senese…
Il jazz a Siena, grazie alla passione e alla capacità di gente come il presidente
Franco Caroni, lo si può ascoltare anche in Enoteca, che già da undici anni presta il suo fascino medievale alle note colorate che promanano dai musicisti che si avvicendano in quelle splendide serate eno-jazz; lo si ascolta nelle Terre di Siena ormai già da quattro anni, grazie anche alla collaborazione dell'APT senese; lo si ascolta, infine, nelle gloriose contrade, vero cuore pulsante della città. Nei giardini di ciascuna contrada, luogo di adunata dei fieri contradaioli, tra feste, goliardie e cenette, hanno luogo i mini doc (brevi interventi musicali estemporanei dei docenti, una sorta di "apripista" per i discenti) e le jam-session degli allievi delle clinics che, come ogni anno, divertendosi, scambiandosi consigli e cercando di imparare il più possibile da chiunque, mostrano il loro livello raggiunto e la loro professata passione per il jazz.
Gli ingranaggi di Siena Jazz sono ormai ben oleati da far scorrere senza alcun inghippo le giornate jazzate di luglio nella splendida città toscana.
L'atmosfera che si respira è magica…ci si nutre di musica tutto il giorno, si instaurano rapporti di amicizia e di lavoro, si conoscono più da vicino le esperienze di grandi musicisti e didatti e tanto altro ancora può succedere in quei giorni! È tutto così stimolante che si è invogliati a ritornare l'anno successivo, come se fosse stato promesso su
quel ponte dei sospiri che ognuno conosce!
Ma è tempo di jazz, ora…
Ad aprire le danze vere e proprie, dopo lo splendido concerto di
Tonolo e Trovesi, sono i bei concerti in Enoteca, dove tra un bicchiere di buon Chianti e incontri d'autore, si sono ascoltati interessanti gruppi capitanati dai docenti ai seminari.
Per le eccellenti performance tenute dal Gamma Trio
di C. Fasoli (la forza dei suoni e la
grande intensità ricreata dai tre strumentisti irrompevano in quelle trame
intimistiche e sognanti, come se volessero risvegliare e richiamare gli animi ad
un jazz sanguigno e pulsante, seppure senza avvalersi di una sezione ritmica)
e dal Quintetto di Marco Tamburini (sul
fast mozzafiato Seven come Eleven, di C. Christian,
un ispirato
Bedetti, vera rivelazione, si è lanciato in un assolo tiratissimo e brillante che ha ceduto il passo ad uno smembramento del pezzo che si è articolato prima in un duo
(tr. e cb.), poi in un trio (tr., cb. e batt.) e poi ancora in un quartetto. Il
tutto è risultato di grande presa emotiva) si rimanda all'articolo di
Alceste Ayroldi.
Nella tavolozza di Siena Jazz, fatta di tante nuance che si mescolano tra loro, dando vita a sfumature di straordinaria bellezza, hanno trovato il giusto contesto le solari tinte siciliane che grazie ad Accabbanna, hanno colorato la seconda serata di splendide e nostalgiche melodie. Un connubio nato dall'incontro di due linguaggi: il jazz e la musica popolare sicula. Con Cantu di la Vicaria ha inizio il concerto. Un brano della pulsazione ritmica ossessiva, scarno armonicamente ha palesato il progetto imperniato sulla riscoperta del dialetto siciliano mescolato variamente al jazz e alla musica popolare. Grazie anche ai libretti riportanti i testi delle canzoni, gentilmente regalati al pubblico, si è potuto maggiormente apprezzare questo interessante progetto. Dopo un intro di chitarra classica, la ninna nanna Vinissi lu jornu e lu mumentu si mostra in tutta la sua bellezza e semplicità, carica di nostalgia e melanconia tipicamente sicula, nella quale a sottolineare la dolcezza di quell enote si aggiunge la particolare voce di
Olivia Sellerio, il cui timbro scuro e affascinante, in accordo con la sua bellezza tipicamente mediterranea, esaltata da un raffinato abito turchese, ne fanno una cantante interessantissima e "atipica" per certi versi. La ninna nanna è stata terreno fertile per un bellissimo assolo di piano, ben costruito e molto raffinato. Il concerto continua con un canto di pesca tipico della mattanza dei tonni. Consiste in un dialogo costante tra voce e strumenti. In evidenza i soli di sax e violino, molto interessanti e ricchi di idee originali, così come la tromba di Casati, sempre disciplinato, originale ed essenziale negli interventi solistici. Uno splendido e ed entusiasmante assolo di tammorra, introduce un brano strumentale intitolato Strumentio, dal tipico sapore bandistico delle parti del Sud (per l'appunto,
Accabbanna, che in siciliano vuol dire "dalle nostre parti"). Per nulla banale il brano sviluppa un accattivante tema in 2/4 che ha ancora una volta rivelato le grandi qualità dei musicisti, capaci di provarsi in qualsiasi stile e genere! Ancora un altro brano Quannu moru dispiega il suo tema melanconico, ma più jazzistico degli altri, in trio: contrabbasso, piano e voce. La voce sensuale della
Sellerio ha tenuto con il fiato sospeso tutto il pubblico. Grandi emozioni, poi, ha suscitato il significato del testo e la sua coloritura sonora: un brano intimistico che scorcia una parte di Sicilia, una Sicilia vera ed autentica che trova anche in questi musicisti e nei loro racconti musicali, il "riscatto", di tante dimenticanze culturali. Persino Ornette Coleman trova posto nelle mescolanze siciljazz. Un brano ritmicamente molto scandito, costruito su un pedale-bordone di contrabbasso e con un funk dalle sonorità orientali, richiama un solo free collettivo, in omaggio al grande maestro di quel tipo di sonorità "libere". E non poteva mancare anche un omaggio ad un cantautore della sicilianità moderna,
A. Camilleri, con un brano dolce dal titolo Latri di Passu. La chiusura del concerto è affidata ad Amuri, Amuri, quantu si luntanu proprio quell'amore che gli artefici di questo bellissimo progetto ci hanno messo per farci vivere delle stupende sensazioni ed emozioni.
Di tutt'altro stile la musica dello Stefano Battaglia Quartet:
S.Battaglia (pf), F. Bearzatti (sax ten.),
G.Maier (cb), E. Maniscalco (batt.). Improntate ad un jazz più cerebrale e concettuale, le composizioni del pianista milanese si sono sviluppate su una scrittura complessa e articolata che ha trovato in
Pasolini il centro ispiratore del suo titanico progetto, quasi un'opera di circa una trentina di composizioni. Il confine tra le parti scritte e gli assoli, in questo tipo di musica, è molto sottile. La libertà espressiva dei quattro musicisti è evidenziata da un forte gioco di squadra, da un pregnante interplay che mette lori in condizione di ricercare le più interessanti soluzioni espressivo-secutive che al momento creano tensioni, presto risolte da tematiche deliziose e raffinate sonorità e fraseggi più europei, mescolati alla letteratura, in questo caso italian, fanno di questo un "progetto" (sebbene termine poco simpatico a Battaglia!) di grande spessore culturale e di alto valore artistico a cui abbiamo assistito con profonda ammirazione.
La penultima serata in Enoteca vede l'esibizione di altre due formazioni interessanti del jazz italiano: il quintetto di Pietro Condorelli e il bellissimo progetto, purtroppo molto di nicchia, di
G.Schiaffini dedicato a Billie Holiday.
Il gruppo di Condorelli ha proposto un jazz fortemente moderno, ricco di sfaccettature e colori. I cinque musicisti hanno messo in luce un modo di suonare molto sanguigno e moderno, ma, al contempo, costituito di significati riferentisi alla tradizione. In evidenza un forte insieme, un interplay spiccato, che diventa condizione necessaria per affrontare un repertorio di brani complessi, molto articolati e coloratissimi. A volte i suoni si tingono di suggestioni partenopee… i musicisti creano di volta in volta situazioni sempre nuove, trovando al momento giusti equilibri strutturali anche quando il gruppo si propone e si smembra in mini-formazioni di duo, trio, etc. I diversi linguaggi utilizzati dal jazz, le varie influenze si mescolano nella musica di Condorelli con grande semplicità e naturalezza, senza dare adito a fratture o cadute di stile. Il risultato è una musica piacevolissima, emotiva e ricca di pathos. Tutti i brani sono risultati godibili e fruibilissimi. Tra i sorrisi, occhiolini e sguardi compiacenti il concerto si è avviato verso la fine. Ancora una volta abbiamo riflettuto su quanto i musicisti italiani non hanno nulla da invidiare ai musicisti d'oltralpe!
Dopo una breve pausa per sistemare il palco dell'Enoteca, segue il progetto di
G. Schiaffini insieme alla bravissima cantante Silvia Schiavoni, Rhapsody for Billie, un omaggio alla mitica e sfortunata Billie Holiday. Fortunati i pochi rimasti ad assistere ad una esibizione insolita, suggestiva e evidentemente ben rodata, perfezionata nel corso degli anni. Un'interazione a tre visto che tra i due musicisti dialoganti ha avuto un ruolo importante un proiettore di diapositive che, seguendo un itinerario lungo la vita e le esperienze della cantante di colore, ha proiettato i ritratti più significanti della vita di Billie che hanno ispirato i due musicisti. Tra dialoghi e monologhi, tra canzoni care alla Holiday e valide interpretazioni sceniche della
Schiavoni, che molto ha lavorato sulla riproduzione della voce della Holiday, si è vissuta una dimensione onirica e quasi surreale che in quel tipo di musica, eseguita in quel contesto e in quella maniera così svincolata da banalità stilistiche, ha saputo creare, complici l'ora tarda e la dolcezza delle note che si materializzavano, visioni cariche di memoria storica e di immensa bellezza.
A chiusura delle giornate in Enoteca ancora due concerti il 28 luglio: i quartetti del chitarrista Roberto Nannetti e di Mauro Negri.
R. Nannetti ha presentato il suo progetto con G. Visibelli ai sassofoni, Paolino Dalla Porta al contrabbasso e Francesco Petreni alla batteria. Le sue musiche sono state ispirate da un personaggio leggendario e mitico della letteratura mondiale, il Don Chisciotte, e dalle visioni che lo tengono in vita, che, come le visioni e i sogni di ogni artista, costituiscono linfa vitale dell'arte personale di ognuno. Tutte le composizioni sono state composte del chitarrista toscano che, dividendosi tra chitarra classica ed elettrica, ha battuto quei "mulini a vento" del consenso pubblico, porgendo una musica ricercata, allegra ed evocativa.
Di seguito il concerto di Mauro Negri che, con Paolo Birro al piano,
F. Dilastrio al contrabbasso e Stefano Bagnoli alla batteria, ha presentato il suo progetto "Line
Up". La musica di Negri è frizzante e fortemente creativa, che si dispiega lungo composizioni, dello stesso clarinettista, dai colori cangianti, come Line up, che dopo un interessante intro di batteria, giocato sui tamburi, si è rivelata molto frammentata e sostenuta ritmicamente. Rowertu (singolare lettura di
Ouverture, fatta della figlia di Negri autrice del titolo) è una free ballad dai toni molto accesi a tratti, ma raffinati al contempo o ancora molto complessi armonicamente, ma suonati con molta naturalezza, in cui risalta un grande interplay tra i musicisti. Un lungo solo di clarinetto in trio senza piano, molto articolato e dai toni infuocati, con sprezzanti frasi a raffica preludono alle trame intricate di un tema molto pungente che si evolve con unisoni precisi e con momenti di free collettivo in cui, anche da ciò, vien fuori la grandezza del loro solismo. La chiusura del concerto è stata affidata da M. Negri alla dolcissima Amapola, lenta e dilatata per gustare a pieno la raffinatezza di note immortali.
Bilancio positivo per Enoteca Italiana e Siena Jazz che ha continuato a serpeggiare tra le Nobil Contrade e le Terre di Siena. La Tartuca, la Civetta, il Bruc, la Giraffa, l'Onda e Valdimontone, hanno aperto i loro giardini al jazz, ospitando ogni sera,ora in una ora nell'altra, i Minidoc dei docenti e jam sessions degli allievi delle clinics di Siena Jazz. Un po' tutti i docenti hanno aperto le serate di jam session, da sempre un momento unico e singolare per il jazz, occasione di confronto e crescita intellettuale e sociale per partecipanti e ascoltatori, divenendo una vetrina per chi è già avanti nella professione e banco di prova delle nozioni apprese durante i seminari. Tra tutti ha spiccato l'attesissimo mini doc di Enrico Rava e Franco D'Andrea, amici di sempre e musicisti sopraffini di altissimo valore. Nella contrada dell'Onda, centinaia di persone stipate nella saletta allestita al meglio per il concerto a causa della pioggia inattesa, hanno reso omaggio due colonne del jazz italiano, che tra stima professionale e rispetto umano, ci hanno ammaliati con alcuni standards come The Way you look Tonight, il monkiano Misterioso, Estate di B.Martino, magistralmente eseguiti ed improvvisati lasciando tutti completamente entusiasti ed esterrefatti della grandezza di quella musica resa straordinaria da musicisti del loro calibro. Così come le contrade, anche le vicine Terre di Siena, si sono fatte ammaliare dal jazz. E così Colle Val D'Elsa, Asciano, Monteroni d'Arbia, Poggibonsi, Sovicille, Buonconvento, Castellina in Chianti, Sartiano e San Quirico d'Orcia hanno costituito gli scenari ideali ad un jazz italiano DOC.
Tommaso Lama, Mario Raja,
Visibelli-Cappelletti, Ingrid Sersto e Karl Berger,
G.Paolo Casati, Paolino Dalla Porta, Ettore Fioravanti, F. Meccianti,
F. Petreni, con i loro progetti e altri musicisti, si sono divisi piazze, teatri, orti e fortezze per riempire di note la splendida toscana, ricca di storia tanto buon jazz. Anzi, OTTIMO!