Roccella Jazz Festival - Rumori
Mediterranei
XXV Edizione Roccella Ionica, 20-27 agosto 2005
di
Enzo Fugaldi foto di
Alessia Scali
Venticinquesima edizione di "Rumori Mediterranei", il festival diretto da Paolo Damiani a Roccella Jonica, con concerti anche a Reggio Calabria, Gerace, Mammola, Marina di Gioiosa e Martone. Per celebrare l'evento sono state realizzate alcune iniziative: un pregevole inserto nel numero di agosto-settembre del mensile
"Musica jazz" a firma di Aldo Gianolio, accompagnato da un cd antologico con alcuni brani inediti; la pubblicazione di un volume contenente fotografie e scritti dei principali protagonisti (Roccella Jonica. 25 anni di festival jazz, Roma, Full Color Sound, 2005); la concessione della cittadinanza di Roccella a Paolo Damiani,
Stefano Benni, e ai critici Franco Fayenz e Vittorio Franchini.
L'unicità e la peculiarità di questo Festival, il più importante dell'Italia meridionale, sono ben evidenziate da
Aldo Gianolio a pagina XV dell'inserto sopra citato: "non solo rispecchia i tempi (migrazioni di popoli, mescolanza delle razze e delle culture, globalizzazione), ma li anticipa e cerca di indicare una soluzione: la caduta degli steccati e l'apertura al diverso".
Sabato 20 agosto , nell'ormai consueta cornice dell'Arena dello Stretto, preceduto da una esibizione in prima nazionale del duo pianistico composto da
Vittorio Mezza e Alessio Sebastio che ha proposto
alcuni brani originali e un'interessante versione di Well You Needn't di Thelonious Monk, si è esibito il quartetto di
Wayne Shorter, con Danilo Perez al pianoforte, John Patitucci al contrabbasso e Brian Blade alla batteria. Il quartetto di Shorter, come quello di Charles Lloyd esibitosi a Roccella nel 2004, è uno dei migliori gruppi oggi attivi nel jazz: non quattro musicisti che si ritrovano a suonare insieme, ma un combo che ha una sua precisa identità, un sistema in cui tutto si tiene, e che genera un risultato ben superiore alla somma dei contributi dei singoli, con grandissimo spazio all'improvvisazione. Sotto la sapiente guida di
Shorter – che a settantadue anni suonati mostra ancora una creatività invidiabile e ha voglia di sperimentare, di continuare a cercare nuove strade – Perez, Patitucci e Blade suonano al massimo delle proprie possibilità: il pianista panamense si rivela più che mai fine e intelligente tessitore di intricate trame a tratti latineggianti, il bassista mette la forza che contraddistingue la sua cavata al servizio della musica senza mai strafare, e il batterista si conferma probabilmente come il più fantasioso drummer nero oggi esistente,
che più che generare semplicemente ritmi crea colori, sfumature, asseconda, anticipa e valorizza ogni momento della musica. Il concerto si è aperto con una lunga suite durata quasi un'ora, intensa e coinvolgente, seguita da alcuni brani più brevi, tra cui il celebre
Footprints. Il pubblico dell'Arena ha risposto
con grande attenzione, tributando calorosissimi applausi a una proposta
certamente di non semplice ascolto per gli ascoltatori meno avvezzi al jazz.
Danza di una ninfa è il nuovo progetto di Ada Montellanico ed Enrico Pieranunzi su Luigi Tenco, pubblicato su cd dall'etichetta
Egea, presentato la sera del
21 agosto
in una incantevole piazzetta di uno dei paesi
più belli e suggestivi della Calabria, Gerace, impreziosita dalla luna piena. Erano affiancati da Gabriele Mirabassi al clarinetto, Bebo Ferra alla chitarra acustica, Marco Loddo al contrabbasso e Michele Rabbia, batteria e percussioni. La Montellanico ha sfoggiato la consueta professionalità e un palpabile amore per un progetto che la coinvolge da lungo tempo, e grande impegno ha profuso dal suo canto Enrico Pieranunzi, responsabile anche degli arrangiamenti: insieme hanno dimostrato che la musica più riuscita è quella basata su una progettualità non asettica, ma viva, sentita con passione. Passione con cui hanno eseguito, sostenuti dalle delicate spinte percussive di
Rabbia e dal suadente clarinetto di Mirabassi, le musiche del cd, con canzoni composte da Tenco (Ho capito che ti amo, In qualche parte del mondo, Mi sono innamorato di te, Il tempo passò), quattro toccanti poesie inedite del grande cantautore, due musicate da
Ada Montellanico (Da quando e Danza di una ninfa sotto la luna) e due musicate da Pieranunzi (Mia cara amica, in uno stile che ricorda piacevolmente quello di Giorgio Gaber, e O me) insieme ad una canzone in uno swingante ¾ composta dal pianista (Che cos'è), per concludere con un bis ancora tenchiano (Averti tra le braccia).
La stessa sera del
21 agosto, a Mammola, si è esibito il sestetto di
Danilo Montenegro (voce, chitarra battente, armonica), con Maria Ilaria Montenegro
(flauto), Francesco Bonofiglio (batteria), Raffaele Rizza (sax soprano, ciaramella),
Giovanni Spatafora (chitarre), Vincenzo De Franco (percussioni), ospiti
Vittorio Mezza (pianoforte) e Stefano Pagni (contrabbasso). Montenegro è una sorta di moderno cantastorie calabrese, che dipinge le scene a commento della musica e le proietta su uno schermo durante il concerto. Propone un folk dialettale accompagnandosi con la chitarra battente, strumento di cui è uno specialista. La musica vale per la qualità dei testi, la sincerità dell'interpretazione vocale, e gli sviluppi strumentali dei brani,
che innestano con buoni esiti, dopo avvii tipicamente popolari, un beat jazzistico che impiega i vari strumenti della formazione in un gioco improvvisativo danzante. Da segnalare l'apporto di
Mezza, pianista già esibitosi la sera del 20 agosto a
Reggio Calabria.
Una pioggia imprevista ha penalizzato il concerto previsto a Marina di Gioiosa per la sera del
22 agosto, che è stato fortunosamente spostato su un marciapiedi sotto un porticato del litorale, luogo inadatto che ha consentito comunque ai valorosi Pietro Tonolo (sax tenore e soprano),
Piero Leveratto (contrabbasso) e Francesco Sotgiu (batteria) di esibirsi brevemente, ma efficacemente, ospitando anche il chitarrista Giancarlo Bianchetti, in un repertorio composto prevalentemente da composizioni proprie, di Monk (Skippy) e Lacy (Esteem), ispirandosi come di consueto al grande
Sonny Rollins.
La sera del
23 agosto, a Martone, è stata la volta dell'atteso concerto del recente quintetto del pianista Stefano Bollani,
con Mirko Guerrini al sax tenore, soprano e flauto, Nico Gori
ai clarinetti, Ferruccio Spinetti al contrabbasso e Cristiano Calcagnile alla batteria. L'attività di Bollani si è intensificata, specie dopo l'uscita dall'impegnativo ingaggio nel quintetto di Enrico Rava: dai pregevoli dischi realizzati in Giappone, a quelli per l'etichetta francese
Label Bleu, in piano solo e con varie formazioni, agli ottimi risultati del trio con la ritmica scandinava. E oggi la costituzione di questo quintetto, che ha dimostrato sul palco un buon affiatamento nell'affrontare le stimolanti composizioni di Bollani, nate appositamente per questa formazione, estrose, ricche di cambiamenti di tempo, a tratti buffe, divertenti, mai banali o scontate: Visione n. 1, Antichi insediamenti urbani, Addio, Scartabello. Il gruppo presenta un equilibrio efficace; ottimi gli assoli di
Guerrini, un musicista che ha maturato una lunga esperienza al fianco di grandi cantautori, e di Gori, che ha a lungo duettato con
Calcagnile. Il giovane batterista, esibitosi già a Roccella in duo con Cristina Donà,
dimostra già di essere uno dei nuovi nomi più interessanti del panorama jazzistico italiano, capace di sostenere le dinamiche collettive con un particolare set di tamburi e percussioncine, interagendo di volta in volta con i solisti e contribuendo a rinforzare la vivacità dei brani. Ciò grazie anche al solidissimo sostegno ritmico e armonico di
Spinetti, contrabbassista della "Piccola Orchestra Avion Travel", che ha messo la sua esperienza al servizio della musica del leader. Il pianismo di Bollani è stato, in molti dei brani presentati, controllato, preciso e pertinente (particolarmente riuscito Visione n. 2, duo pianoforte - sax soprano), mentre nei brani più buffi e caricaturali il gruppo ha leggermente debordato, tra coretti strampalati ma comunque divertentissimi e le consuete clownerie del leader (Quando la morte verrà a prendermi, Sua Sardità, filastrocca in un sardo immaginario, benevolo sfottò a Paolo Fresu). Di grande fascino l'intervento della cantante
Petra Magoni, ospite in due brani, uno stralunato Mamma mia dammi cento lire e una suadente versione di Roxanne di Sting, in duo con il contrabbasso. Immancabili, alla fine del lungo concerto, fra il tripudio del pubblico che colmava all'inverosimile la piazzetta di Martone, ben tre bis, con una versione di Cheek to Cheek per piano solo.
Il compito di dare inizio al
festival nella sede principale di Roccella Jonica, il pomeriggio del
24 agosto presso l'Auditorium, è toccato ai cineasti palermitani
Ciprì e Maresco, coadiuvati dalla tromba di
Enrico Rava, dal pianoforte di
Salvatore Bonafede e dalla recitazione di
Franco Scaldati. Inventario siculopalermitanesco era il titolo della loro produzione originale, appositamente concepita per Roccella. Noti al grande pubblico per i corti di Cinico Tv e per i lungometraggi
Totò che visse due volte, Lo zio di Brooklyn e Il ritorno di Cagliostro, i registi sono molto vicini al mondo del jazz, ed hanno realizzato degli ottimi documentari su Davis (Miles Gloriosus), Ellington (Noi e il Duca), Lacy (Steve plays Duke) e Armstrong (Tutti for Louis). Per l'Inventario hanno sapientemente utilizzato gli strumenti della loro ben nota agra ironia – unita a una giusta dose di autoironia – presentando un montaggio di spezzoni appartenenti al loro repertorio (tra i tanti, un tenero omaggio al ciclista Tirone, un'apparizione di Pietro Giordano, sequenze scartate da
Il ritorno di Cagliostro), cuciti insieme da esilaranti introduzioni rivolte dallo schermo al pubblico di Roccella dalla "divina poetessa"
Antonietta Scalisi Bonetti, assisa nel suo variopinto salotto, e da altri improbabili presentatori. Le immagini, nella terrea e modernissima fotografia di
Daniele Ciprì, erano commentate da brani originali (Walzer del commiato) e classici del jazz (Cheek to Cheek, These foolish things, I got rhythm, The wind) interpretati con la consueta maestria da
Rava e
Bonafede, in perfetto sincronismo con le immagini, e da alcuni interventi del grande attore palermitano
Franco Scaldati – autore, regista e interprete teatrale, conosciuto al pubblico cinematografico anche per le interpretazioni comiche (ne
Il ritorno di Cagliostro, in un'impareggiabile duo con Gigi Burruano), e drammatiche (Gli indesiderabili di Pasquale Scimeca) -, che ha letto, tra l'altro, un significativo testo dello scomparso e poco conosciuto scrittore palermitano Angelo Fiore,
I sordomuti.
I concerti al Teatro al Castello, la stessa sera, sono stati aperti da una produzione originale dell'etichetta
Egea, Per Roccella, composizioni di
Germano Mazzocchetti (musicologo, autore di musiche per il teatro e per il cinema) da lui dirette ed eseguite dall'Egea Orchestra, formazione costituita da Enrico Pieranunzi, pianoforte; Gabriele Mirabassi, clarinetto; Pietro Tonolo, sax tenore e soprano;
Francesco Marini, sax alto, soprano e flauto; Alessandro Tedesco, trombone; Giampaolo Casati, tromba; Piero Leveratto, contrabbasso; Giancarlo Bianchetti, chitarra;
Francesco Sotgiu, batteria; Fulvio Maras, percussioni. I brani eseguiti: Il mare di Ulisse, Stacco matto, Tarantella Jonica, Terra d'ombre, Il bacio della tarantola,
Porto antico, Mezzo e mezzo. Tra i solisti si sono distinti
Pieranunzi, Tonolo,
Mirabassi e Marini; la ritmica di Leveratto, Sotgiu e
Maras è stata puntuale, e i tre si sono ritagliati anche alcuni pregevoli spazi solistici.
La serata è stata chiusa dal ritorno di Noa a Roccella, dopo 11 anni. La cantante israeliana era accompagnata dai fedeli
Gil Dor alla chitarra e Zohar Fresco alle percussioni e dal Solis String Quartet, con ospite speciale
Nicola Piovani. Introdotto da un celebre tema di Pat Metheny, Minuano, suonato dal Solis, il concerto si è basato sulle canzoni più note di
Noa, come Michaela, Wildflower, Child of man,
I don't know, Now forget, Beauty of that, rivisitate grazie al considerevole apporto del quartetto d'archi napoletano. L'esibizione di
Nicola Piovani, come ospite del concerto, è iniziata con sue composizioni eseguite per piano solo, a partire dal tema de La stanza del figlio, poi, in duo con
Noa, che ne ha composto il testo in inglese, una toccante versione di Caro diario, Volano Le canzoni e
Quanto t'ho amato.
Il compositore si è rivolto al pubblico per ricordare che proprio a Roccella, alcuni anni prima, aveva iniziato per la prima volta a collaborare con musicisti di generi diversi dal proprio, superando la diffidenza iniziale, e prendendo coscienza delle grandi possibilità e dei valori positivi offerti dalla commistione dei generi, dal meticciato stilistico. Meticciato, ha ricordato, che rappresenta una grande risorsa non solo nella musica ma in ogni campo, come purtroppo non sembrano aver compreso certi uomini politici, chiusi all'interno delle loro sacrestie. Il concerto si è concluso con gli applauditi bis, tra cui Beautiful that way, il celeberrimo tema de "La vita è bella".
Il pomeriggio del
25 agosto, Stefano Bollani ha ripetuto l'ottimo risultato ottenuto alcuni anni fa a Roccella quando fornì un sostegno musicale allo scrittore Sandro Veronesi impegnato nella lettura di un brano da L'arcobaleno della gravità di Thomas Pinchon. Stavolta la sua incomparabile perizia pianistica e la sua verve ironica hanno fatto da supporto alla gestualità e alla voce dell'attore
Ivano Marescotti, nell'interpretazione – in un musicalissimo dialetto romagnolo - della favola Pierino e il lupo da Prokofiev. La pregevole performance si è chiusa con due bis, due poesie dialettali del grande poeta Sandro Baldoni, recentemente scomparso, e un'interpretazione di Maple leaf rag di Scott Joplin.
Il primo concerto della serata, l'atteso tributo a Kenny Wheeler, uno dei musicisti che hanno dato un grande contributo al festival di Roccella esibendovisi in più occasioni, ha schierato sul palcoscenico del teatro un quintetto costituito da John Taylor al pianoforte, Diana Torto alla voce,
Chris Lawrence al contrabbasso e Francesco Sotgiu alla batteria, con lo stesso
Wheeler alla tromba e al flicorno. La cantante italiana si è ben inserita nel repertorio proposto, basato su composizioni del trombettista (Kind folk, Where do we go from here?, Canter n. 1, Everybody's song but not my own) e sullo standard Summer Night, quasi non facendo sentire la mancanza della voce di Norma Winstone, originaria e principale interprete vocale delle composizioni di Wheeler. Ottima serata per Wheeler e Taylor, e interessante l'apporto di Lawrence, che sostiene la musica con un accompagnamento del tutto personale.
Ha chiuso la serata il progetto "RoXsongs" di John Greaves, il mitico bassista e cantante di uno dei gruppi di punta del rock progressivo britannico, gli "Henry Cow". Era accompagnato dalla chitarra di
Jef Morin, dalla batteria di Mathieu Rabate e dalle trombe di David Lewis
e Scott Taylor, quest'ultimo anche alla fisarmonica. Musicista eclettico, stabilitosi da lungo tempo a Parigi,
Greaves ha al suo attivo le più disparate collaborazioni: da Louis Sclavis a Michael Nyman, da Robert Wyatt alla Penguin Café Orchestra. In un contesto ritmico stimolante tipicamente rock, impreziosito dai colori delle trombe e della fisarmonica, ha proposto alcune canzoni di sua composizione, mostrando grinta e grande vitalità espressiva.
Lo spettacolo proposto il
pomeriggio del
26 agosto
era un omaggio allo scrittore siciliano Lisi Natoli, uno dei protagonisti del teatro contemporaneo italiano (suo il teatro tenda ‘Spaziozero' di Roma), scomparso lo scorso anno. L'allestimento era curato e interpretato dalla figlia
Lisa Ferlazzo Natoli, voce recitante, con il canto di Ada Montellanico, il clarinetto di
Gabriele Coen, la tromba di
Andrea Pandolfo, le chitarre a doppio manico di Lutte Berg e l'apporto alle luci di
Luigi Biondi. Lo spettacolo si basa su un testo di Rainer Maria Rilke, Il canto di amore e di morte dell'alfiere, e le composizioni musicali originali erano di Gabriele Coen e di
Andrea Pandolfo, con un brano di Paolo Damiani (Song Tong) e l'intramontabile Everytime we say goodbye di Cole Porter, con un brano di Rilke tradotto in italiano al posto del testo originale. Preziosi i testi, curatissima la regia e la traduzione (entrambe di Lisi Natoli), impeccabile l'allestimento, pertinenti le musiche e le interpretazioni dell'attrice, dei musicisti e di Ada Montellanico, lo spettacolo tuttavia non si è particolarmente giovato della collocazione all'interno di un festival jazz estivo, seppure creativo e anomalo come quello di Roccella; appare forse meglio destinato a piccoli spazi teatrali e a momenti più invernali e meditativi.
Una bella scossa di
adrenalina, e grande musica invece, la sera del 26 agosto
al Teatro al Castello. Il duo di Danilo Rea (pianoforte) ed Enzo Pietropaoli (contrabbasso) - perché non chiamarlo "Doctor 2"? - ha eseguito due brani, il primo basato su Que sera, sera e il secondo su Your Song di Elton John, e un bis che volava sulla Canzone di Marinella di De Andrè e sull'intermezzo della Cavalleria rusticana di Mascagni. È stata confermata ancora una volta la travolgente versatilità dei due musicisti, straordinari interpreti di canzoni, che riescono a interagire alla perfezione, donando alla musica un respiro giocoso e solare
(non a caso uno dei dischi del "Doctor 3" si intitola Bambini forever, quasi una dichiarazione di intenti, un omaggio alla spontaneità e alla voglia di giocare con i materiali musicali, di manipolarli con gioia e innocenza).
I vertici raggiunti da questa venticinquesima edizione dei "Rumori mediterranei", intitolata
LE MILLE E UNA NOtTE: favole fantasie frottole follie, hanno visto entrambi come protagonista Louis Sclavis, nel duo con Enrico Pieranunzi esibitosi dopo il duo
Rea-Pietropaoli e nella performance con Virgilio Sieni, il pomeriggio seguente all'Auditorium.
Sclavis è oggi probabilmente il più interessante jazzista europeo, ma qui va sottolineata soprattutto la grande versatilità di Pieranunzi, pianista capace di entrare a pieno titolo all'interno delle ardue e affascinanti composizioni del francese (Procession, Maputo e una sognante versione di Le temps d'après), contribuendovi con insolite armonizzazioni e pertinenti sottolineature che stabiliscono immediatamente un'atmosfera feconda e creativa, e con una sua composizione, Anecdote.
Si è quindi ripetuta la magia che alcuni anni fa aveva visto protagonisti a Roccella lo stesso
Pieranunzi in un duo inedito con Paul Motian, pubblicata dalla
Soul Note su cd col titolo Flux and change. Non resta che auspicare che questa felicissima collaborazione con
Sclavis prosegua in concerto e venga presto registrata su disco.
Altra produzione originale del Festival è stata il duo tra Sclavis e
Virgilio Sieni, uno dei principali coreografi italiani,
all'Auditorium nel pomeriggio del 27 agosto. È fecondamente disorientante per lo spettatore non riuscire a cogliere con precisione il limite tra scrittura, preparazione coreografica e improvvisazione nell'interazione fra i due artisti.
Sclavis interviene dapprima come performer, senza i suoi clarinetti, in un passo a due con
Sieni, nel più assoluto silenzio. Poi imbraccia il clarinetto basso, e le sue improvvisazioni si fondono totalmente con quelle di
Sieni, stabilendo un'atmosfera ipnotica e stimolante, che ridisegna lo spazio scenico ampio e quasi nudo, per farne uno spazio audio-visivo inedito, enigmatico, punteggiato qua e là da piccoli oggetti comuni, parrucche, bastoncini, luci di scena, a far da supporto allo sviluppo emotivo.
Sclavis non si limita ad usare il corpo in movimento, ma impiega anche il battito delle mani, il fischio, riempie l'aria di suoni e rumori materici, poi torna a interagire con
Sieni in un altro passo a due, ritmato dal battito dei piedi sulle assi del palcoscenico. La danza del coreografo è condotta con tecnica finissima e assoluto dominio del corpo. Nel fascio di luce di uno spot, al suono una sorta di melopea orientale del clarinetto, realizza un assolo di stupefacente intensità; poi due aiutanti scagliano degli oggetti in scena, portano su delle scritte realizzate con festoni dorati, rimescolano le carte complicando ulteriormente il gioco, che si manifesta
misterioso e pieno di autoironia: gli artisti saltellano, rilanciano gli oggetti fuori dalla scena, tornano ad interagire come rivaleggiando in assoli sempre più arditi. L'ansia espressiva infine dissolve lentamente, spegnendosi piano, insieme alle luci di scena.
Lo spettacolo di chiusura
della serata precedente (26 agosto), centrato sul tema del Festival, era Mille e una notte. Sherazade, una produzione originale con le voci recitanti di Lella Costa e
Arnoldo Foà e con Paolo Damiani (violoncello), Javier Girotto (sax soprano e baritono), Bebo Ferra (chitarra) e Danilo Rea (pianoforte). Le musiche proposte, prevalentemente composizioni di Paolo Damiani, con grande spazio ai sassofoni di Girotto, hanno fatto da sfondo alla lettura scenica di alcune delle più note fiabe de Le mille e una notte, adattate da Vincenzo Sicchio per le voci dei due grandi attori italiani, che ne hanno restituito intatta la magia e l'incanto. In chiusura, Lella Costa ha volto dedicare un commosso ricordo a Enzo Baldoni, trucidato poco meno di un anno fa proprio nei luoghi in cui erano ambientate le fiabe.
L'ultima serata, il
27 agosto, è iniziata con il teatro-canzone proposto da Paolo Rossi e Gianmaria Testa. Il teatro-canzone è un genere di spettacolo nobilitato in Italia da Giorgio Gaber, che ha attraversato gli ultimi tre decenni del Novecento sui palcoscenici con i suoi indimenticabili monologhi e canzoni.
Rossi e Testa ci provano insieme, con un taglio fortemente comico, con lo spettacolo Rossintesta, un viaggio tra i musicalissimi e ritmati monologhi di Rossi e le canzoni più jazzistiche del cantautore piemontese, con la consueta capacità improvvisativa dell'attore, pronto a raccogliere ogni stimolo, dall'arrivo di qualche spettatore in ritardo a dei disturbi in cuffia, ai commenti del pubblico, e ad interagire con i musicisti. Musicisti che erano, oltre
Gianmaria Testa alla chitarra, Emanuele Dell'Aquila (chitarra), Enzo Pietropaoli (contrabbasso) e
Piero Ponzo (clarinetto). Esilaranti, come sempre, gli interventi di Rossi, sedotto e abbandonato da Bruno Vespa in Albania, fermato in autostrada da una pattuglia di carabinieri, sospeso da un ponte per essersi sporto troppo. E ancora il monologo sui bambini nella soffitta, il racconto dell'Aspettando Godot messo in scena con Gaber, Jannacci e Andreasi, il Sogno all'incontrario, e l'Italia e la guerra. Testa canta le sue Jocking lady, L'automobile, Via da questa avventura, Dentro al cinema, Voce da combattimento, ma anche una toccante Vincenzina e la fabbrica di Jannacci e Il Disertore di Boris Vian, fornendo un contrappunto perfetto alle parti recitate.
L'ultimo concerto dell'edizione del venticinquennale del Festival di Roccella Jonica è stato quello della
Michael Nyman Band. Il programma proposto era incentrato esclusivamente su brani tratti dalle colonne sonore composte per i film "Wonderland" di Michael Winterbottom, "The end of the affair" di Neil Jordan, "Prospero's books" di Peter Greenaway (Come unto these yellow sands, Miranda), "The Piano" di Jane Campion (Big my secret, The heart asks pleasure first, per piano solo), "The draughtsman's contract" di Peter Greenaway (Chasing sheep is best left to shepherds, modificata e ampliata rispetto alla versione originale e An eye for optical theory), "Drowning by numbers" di Peter Greenaway (Wheelbarrow walk, Fish beach e una versione diversa dall'originale di Knowing the ropes). Come bis, Franklyn, per piano solo, e Lady in the red hat, dal film di Peter Greenaway "A zed and two noughts". L'ora tarda e i pesanti ritmi del tour hanno probabilmente impedito
all'ensemble di esprimersi al meglio delle proprie potenzialità. Del programma
previsto non sono stati suonati alcuni dei brani più lenti, e l'impressione è
stata quella di una accelerazione del metronomo in gran parte delle esecuzioni
rispetto alle versioni presenti sui dischi, procedimento che ha reso il
repertorio eccessivamente omogeneo, appiattendolo e facendogli perdere parte del
suo innegabile fascino.
Le foto di
Mauro Campobasso al concerto di Wayne
Shorter
05/09/2010 | Roccella Jazz Festival 30a Edizione: "Trent'anni e non sentirli. Rumori Mediterranei oggi è patrimonio di una intera comunit? che aspetta i giorni del festival con tale entusiasmo e partecipazione, da far pensare a pochi altri riscontri". La soave e leggera Nicole Mitchell con il suo Indigo Trio, l'anteprima del film di Maresco su Tony Scott, la brillantezza del duo Pieranunzi & Baron, il flamenco di Diego Amador, il travolgente Roy Hargrove, il circo di Mirko Guerini, la classe di Steve Khun con Ravi Coltrane, il grande incontro di Salvatore Bonafede con Eddie Gomez e Billy Hart, l'avvincente Quartetto Trionfale di Fresu e Trovesi...il tutto sotto l'attenta, non convenzionale ma vincente direzione artistica di Paolo Damiani (Gianluca Diana, Vittorio Pio) |
31/05/2010 | Intervista a Jean-Luc Ponty: "Negli Stati Uniti, durante gli anni '70, è stato davvero entusiasmante, perchè c'era molta sperimentazione: era lo spirito del tempo. Avveniva nella società, con i movimenti per cambiarla, ed era lo stesso nell'arte e nella musica. Erano gli artisti a tracciare la strada, mentre oggi sono gli uomini d'affari a decidere ogni cosa. Tutti, nei programmi radio, i dj, le case discografiche, specialmente in America, erano veri appassionati di musica, molto spesso musicisti loro stessi, così noi eravamo totalmente liberi di esplorare, di sperimentare, e infatti le novità erano molto apprezzate..." (di Vincenzo Fugaldi) |
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Data pubblicazione: 23/10/2005
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