Dopo una pausa di riflessione di circa un anno, Umbria Jazz '05 ha visto la rentrée sulle scene di Doctor 3 – Danilo Rea al piano, Enzo Pietropaoli al contrabbasso,
Fabrizio Sferra alla batteria – con la genialità e lo smalto che da sempre li contraddistingue. Ed infatti il gruppo non risente affatto del periodo trascorso in silenzio, così come il variegato clima musicale di cui esso è artefice: un inizio malinconico del piano, inserimento introspettivo di Pietropaoli, prima con dense profondità sonore all'archetto, poi con liriche altezze melodiche nella sezione più acuta del manico, alle quali danno riscontro le spolverate e leggere spazzole di
Sferra. E senza interruzione, come uso nella loro concezione musicale, si sfocia nel brano successivo, più ritmato ma non per questo meno intrigante, anzi, i guizzi di piano, gli spruzzi sui piatti e le cavernose elasticità del contrabbasso avvolgono il teatro con l'estrema semplicità delle linee tematiche.
A seguire
Fly Me To The Moon, celata dietro il frizzante taglio pianistico di
Rea, e mentre questi mantiene viva la cifra motivica, Pietropaoli infila cesellati contrappunti, e sulle pennellate di
Sferra, torna a riecheggiare il motivo precedente, senza che si comprenda se Fly Me To The Moon sia stata una divagazione capitata oppure una parentesi cercata. Non smentendo il carattere sorprendente dei loro concerti, affiora adesso Don't know why, successo di Norah Jones qui in una versione molto più jazz che non l'originale, sulle dita jazzisticamente chirurgiche di
Rea, ben assistito dagli altri due "dottori": Pietropaoli afferra immediatamente il suggerimento di rimbalzo, facendo risuonare sul proprio strumento le curve più gravi del tema, seguito dai devianti rimandi sempre fantasiosi ed inaspettati di
Rea, da As time goes by a Yesterday…
Momento particolarmente toccante è Canzone di Marinella cantata – ci si passi in questo caso la licenza – dall'articolato contrabbasso di Pietropaoli, cui si sovrappone altrettanto dolcemente
Rea; poi il loro jazz si stinge nel funk di Californication (Red Hot Chili Peppers), con varie accelerazioni percussive dettate da
Sferra. Il finale è una carrellata di trailers bop, in cui l'eclettico trio spazia da Salt Peanuts ad altri svariati successi del binomio Parker/Gillespie…
E anche per il bis, i tre si sbizzarriscono tra standards ed interpretazioni jazz di brani pop, fra cui registriamo, in nome della "sindrome Elton" che imperversa in quest'edizione di Umbria Jazz, una raffinata rivisitazione di Your Song, riveduta, corretta e jazzificata, Every breath you take, partita dalla monkiana Well you needn't, che successivamente si trasforma in With or without you, passa per I got rhythm e si conclude con Pietropaoli e
Sferra che si fiancheggiano vicendevolmente per una swingante Georgia On My Mind – omaggio al compianto Ray Charles – che Rea a sua volta muta in I'll remember April. E dal momento che, nonostante i lavori discografici, delle loro esibizioni dal vivo s'era davvero sentita la mancanza, l'unico commento che sembra opportuno esprimere è un semplicissimo e benaugurante: bentornati!