Jazzitalia - Live: Barry Harris Trio - Bologna Jazz Festival
versione italiana english version
 
NEWS
Bookmark and Share Jazzitalia Facebook Page Jazzitalia Twitter Page Feed RSS by Jazzitalia - Comunicati Feed RSS by Jazzitalia - Agenda delle novit�

Bologna Jazz Festival
Barry Harris Trio

Ferrara - Torrione Jazz Club - 29 ottobre 2016
di Niccolò Lucarelli
immagini di Gian Franco Grilli

Barry Harris Trio Ferrara  (Bologna Jazz Festival)Barry Harris Trio Ferrara  (Bologna Jazz Festival)Barry Harris Trio Ferrara  (Bologna Jazz Festival)Barry Harris Trio Ferrara  (Bologna Jazz Festival)Barry Harris Trio Ferrara  (Bologna Jazz Festival)Barry Harris Trio Ferrara  (Bologna Jazz Festival)
Barry Harris Trio Ferrara  (Bologna Jazz Festival)Barry Harris Trio Ferrara  (Bologna Jazz Festival)Barry Harris Trio Ferrara  (Bologna Jazz Festival)Barry Harris Trio Ferrara  (Bologna Jazz Festival)Barry Harris Trio Ferrara  (Bologna Jazz Festival)Barry Harris Trio Ferrara  (Bologna Jazz Festival)
click sulle foto per ingrandire

Barry Harris - pianoforte
Luca Pisani - contrabbasso
Fabio Grandi - batteria

Fra i suoi mille volti, il jazz ne ha anche uno squisitamente narrativo, per raccontare ed essere raccontato. Fra i più longevi musicisti in circolazione, lo statunitense Barry Harris - uno dei maestri riconosciuti del pianoforte bebop -, si è esibito a Ferrara nell'ambito del Bologna Jazz Festival offrendo al pubblico il racconto appassionato di un'America d'altri tempi.



Formatosi a Detroit negli anni Cinquanta e consacratosi a New York nel decennio successivo, Harris si muove lungo uno spettro musicale raffinato e imprevedibile, fra Coleman Hawkins e Thelonious Monk, e questo spiega il carattere narrativo del suo jazz, apparentabile a un romanzo di John Cheever o J. D. Salinger, o a certe poesie di Gary Snyder e Gregory Corso.

Il concerto regalato al numeroso pubblico ferrarese si muove su corde del genere, aperto e chiuso da due omaggi alla tradizione italiana e latino-americana. Infatti, le prime note della serata sono quelle di Anema e core, standard della canzone melodica napoletana, che Harris rilegge trasportandola direttamente nella febbrile e colorata Little Italy newyorkese; preceduto da una sezione ritmica latineggiante, Harris vi si allontana ben presto in favore di un fraseggio pianistico classico in tempo moderato, le cui note e passaggi lasciano avvertire numerosi "vuoti" fra gli uni e gli altri, di evidente derivazione monkiana. La batteria di Grandi cresce d'intensità con l'utilizzo del piatto ride, continuando comunque sul tempo cadenzato. Il pianoforte prosegue imperterrito nei suoi fraseggi, come impegnato in una raffinata conversazione mondana in un roof-garden in una notte di primavera. Un jazz d'altri tempi, conviviale e piacevole. Nascimento, composta dallo stesso Harris, ha chiuso il concerto con un colorato omaggio all'America Latina.
 
In mezzo, un concerto che, come un romanzo di Cheever, sorprende nota dopo nota per le soluzioni narrative adottate, pur conservando apparente leggerezza e semplicità. Harris ci racconta un'America straordinaria, durata lo spazio di un decennio o poco più, nata attorno al 1955 e scomparsa nel 1969, a seguito del secondo assassinio Kennedy, gli omicidi della banda Manson e la radicalizzazione del movimento studentesco. Un'America libertari ama con il senso del dovere. Soltanto la batteria, con i duri fraseggi sul ride, allude alla dimensione urbana che di lì a poco sarebbe diventata incandescente. L'equivalente di questo jazz è stato il folk di Bob Dylan, da poco premiato con il Nobel. Ed è forse un peccato che le note non vengano considerate, quando meritano, alla stregua delle parole: Harris meriterebbe almeno un Booker Prize.

Woody and You, introdotta da un lento pianoforte sul registro grave, che improvvisamente vira sul music-hall riportando alla mente una puttana d'alto bordo sullo sfondo di un salone in stile edoardiano. Un jazz vivace in 3/4 che strizza l'occhio alle notti brave dei poeti della Beat Generation, alla filosofia esistenzialista e al teatro di Harold Pinter. Ogni nota del pianoforte è sì vivace, ma attentamente ponderata, tratta sempre dal registro medio, quello di chi misura le parole dopo un produttivo silenzio. Sullo sfondo, Pisani e Grandi alla base ritmica dialogano per apportare quello sfondo urbano imprescindibile dal bebop, quella New York degli anni eroici che fiumi d'eroina avrebbero poi spazzata via.

Ruby my Dear, composta da Monk, è aperta dalla consueta, lenta introduzione pianistica di gusto classico, struggente come un tramonto sui Cloisters, a evocare quell'atmosfera eccentrica della cafè society americana, con le note che accarezzano l'udito e vi indugiano come il sussurro di una bella donna. Perché la musica ha un'anima femminile, e Harris ne cattura con garbo l'essenza seguendone le inclinazioni, come dovesse abbinare un fiore a uno sguardo seducente.

Around Midnight, si caratterizza sin da subito per il vivace ritmo in 3/4 che asseconda il pianoforte un po' guascone di Harris che, simile a una sceneggiatura di Neil Simon regala passaggi particolarmente frizzanti, ancora però caratterizzate dalla "spaziature" monkiane. Un brano che omaggia un'intersa stagione del cinema americano, quella commedia brillante

Una linearità pianistica che pure racchiude sorprendenti variazioni di tempo e, meno marcatamente, anche di stile, in un perfetto amalgama che ha nel bebop la cornice di riferimento. Un concerto emotivamente intenso, specchio di un periodo storico importante, e che il numeroso pubblico ferrarese non ha mancato di apprezzare.

 







Articoli correlati:
30/10/2021

Tartufo Bianco & Jazz: Atti - Memoli - Pisani - Chiarella: "E' stata una magica serata nella quale il quartetto con Carlo Atti al sax tenore ha rievocato alla perfezione il 'vecchio spirito jazzistico' suonando fino a tarda notte" (G. Masciolini)

19/09/2017

Intervista con Yesim Pekiner e Francesca De Palo: "BAU Jazz Academy è il dipartimento che a Istanbul si occupa di jazz e che, dal 2017-2018 lancia un programma internazionale nelle sedi BAU di Roma, Berlino e Washington DC." (Alceste Ayroldi)

23/11/2016

Buster Williams Quartet "Something More": "Torrione sold out per una serata di jazz d'autore, profondamente americano ma portavoce di un pensiero liberale moderno." (Niccolò Lucarelli)

13/12/2015

Bennie Maupin Quartet: "Il jazz di Maupin è un libro aperto su una varietà di culture e suggestioni, oscillando dalle radici afroamericane al free, dal bebop all'hard bop." (Niccolò Lucarelli)

29/11/2015

James Farm Quartet (J. Redman, A. Parks, M. Penman, E. Harland): "...un collettivo che esprime una forma di hard bop contemporaneo, che alla raffinatezza formale unisce interessanti considerazioni di stampo sociologico." (Niccolò Lucarelli)

29/11/2015

Johnny O'Neal Trio: "Un concerto intimo, come si addice a un club, che ha il carattere di una serata fra amici, e che dopo il bis scatena un'ovazione d'applausi." (Niccolò Lucarelli)

08/11/2015

Kenny Garrett Quintet: "Il jazzista di Detroit, dopo una carriera trentennale, è ormai un riconosciuto maestro del sax, e non tradisce la sua fama regalando al pubblico un'indimenticabile serata che è la summa del suo credo musicale..." (Niccolò Lucarelli)

07/09/2015

Minor Time (Roberto Zanetti Trio feat. Pietro Tonolo)- Niccolò Lucarelli

18/03/2012

Fahir Atakoglu, simbolo di integrazione: Per un musicista è bello poter condividere la musica con quante più persone possibili, è importante per il nostro spirito. E' ciò per cui viviamo." (Eugenio Sibona)

08/01/2012

Al Bologna Jazz Festival, la ritmica del Pat Metheny Trio si racconta. Bill Stewart: una persona istintiva, sempre alla ricerca di cose nuove. Larry Grenadier: come apprezzare la vita e farsi apprezzare dal pubblico. (Eugenio Sibona)

18/12/2011

Bologna Jazz Festival 2011: L'estasi nietzscheana della prima dei Manhattan Transfer, il momento clou nel sogno di rivedere Pat Metheny e il suo trio con Larry Grenadier e Bill Stewart, l'energia di Christian McBride con il suo giovane trio, la pregevole musica di Fahir Atakoglu insieme ai grandi Horacio "El Negro" Hernandez e Alain Caron, la chiusura con lo Charlot del Jazz, Stefano Bollani, che insieme ai fedelissimi Jesper Bodilsen e Morten Lund ha fatto calare il sipario su un'edizione lunga undici giorni dove grandi nomi sono stati affiancati da giovani promesse. (Eugenio Sibona)

01/01/2009

Cedar Walton al Bologna Jazz Festival: "L'hard bop di Walton oggi appare ricamato, edulcorato nei suoi contrasti. Qualunque sporgenza o dissonanza viene diluita in un'armonizzazione serena, sofisticata e, forse, un po' troppo ragionevole. Il suo stile, evoluto e inguaribilmente odierno, finisce per confezionare un jazz da cartolina, indubbiamente adatto alle esigenze degli ascoltatori più nostalgici." (Giuseppe Rubinetti)

01/01/2009

Herbie Hancock al Bologna Jazz festival: "Quella di Hancock è una poetica della complessità, l'evocazione di un «villaggio globale» musicale che non si semplifica in un'assimilazione jazzistica di altri materiali, ma che muove piuttosto dalla ricerca di un terreno comune, dalla definizione di un orizzonte di intesa che si situa oltre le distinzioni di genere." (Giuseppe Rubinetti)

17/09/2006

Repetition (Clifford Jordan Quartet)





Video:
Hampton Hawes Quartet 1958 - Crazeology
...
inserito il 07/03/2010  da JckDupp - visualizzazioni: 3856


Inserisci un commento


© 2000 - 2024 Tutto il materiale pubblicato su Jazzitalia è di esclusiva proprietà dell'autore ed è coperto da Copyright internazionale, pertanto non è consentito alcun utilizzo che non sia preventivamente concordato con chi ne detiene i diritti.


Questa pagina è stata visitata 1.336 volte
Data pubblicazione: 08/12/2016

Bookmark and Share



Home |  Articoli |  Comunicati |  Io C'ero |  Recensioni |  Eventi |  Lezioni |  Gallery |  Annunci
Artisti |  Saranno Famosi |  Newsletter |  Forum |  Cerca |  Links | Sondaggio |  Cont@tti