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Anthony Strong
Roma Jazz Festival 28 novembre 2014
di Nina Molica Franco
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"Buonasera Roma!" Anthony Strong saluta il pubblico e, sul tappeto di note appena
accennato dai suoi compagni di viaggio, entra in scena dopo la presentazione densa
di stima e di fiducia di Mario Ciampà, il direttore artistico del Roma Jazz Festival.
Un ingresso da vera star che indica perfettamente, sin dalle prime battute, la strada
percorsa dal musicista: una via in cui la qualità e la tecnica si fondono con ilarità
e grande presenza scenica.
La sua voce è sempre brillante e la sua estensione gli
permette di raggiungere le vette più alte con estrema facilità, mantenendo sempre
un suono limpido e brillante ma allo stesso tempo corposo. Ogni nota è ben calibrata
e controllata, frutto di una dose indiscussa di talento, ma anche di una spiccata
tecnica. Stesso discorso vale per le sue doti di pianista: è, in particolare, la
sua capacità ritmica a catturare l'attenzione. Con estrema precisione ogni ostinato
è serratissimo e ogni scala appare precisa e leggera mentre scivola via da un'ottava
all'altra: l'istinto di alzarsi dalle poltrone e farsi trascinare dall'atmosfera
coinvolgente creata da Strong e dal suo quartetto è irrefrenabile. Accompagnato
da Dave Ohm alla batteria, Spencer Brown al contrabbasso, Graeme Flowers
alla tromba e Alam Nathoo al sassofono, Anthony Strong propone una rassegna di brani
originali tratti dal suo ultimo lavoro discografico, tra i quali Gambling Man
Blues in cui swing e blues dialogano armonicamente, Earlybird e la struggente
Learnig to Unlove You. Non mancano brani precedenti, quelli grazie ai quali
Strong si è reso protagonista di un grande scalata verso il successo, tra i quali
Cheek to Cheek, in cui ad un contrabbasso ostinato segue uno scioglilingua
sfrenato, e It's Delovely, emblema dell'essenza dello swing. D'altro canto
non mancano anche rivisitazioni di quei brani che hanno fatto la storia del genere,
quali My Ship di Kurt Weill, o ancora Whole Lotta Shaking Going
On di Jerry Lee Lewis, o Halleluiah I Love Her So di Ray Charles.
Che si tratti di originale o di cover, le costanti sono lo swing più sfrenato, l'atmosfera
densa di romanticismo e la travolgente ironia e presenza scenica di Anthony Strong
che, da vero one man show, riesce a instaurare con il pubblico un dialogo
coinvolgendolo, interrogandolo. Ogni spettatore è invitato quindi a partecipare
attivamente allo spettacolo e a lasciarsi trascinare in pista da quella grande macchina
scenica che è Anthony Strong.
Nina Molica Franco
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Data pubblicazione: 05/01/2015
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