Ambrose Akinmusire Quintet Roma Jazz Festival 2012 - Auditorium Parco della Musica, 24 ottobre 2012 di Valeria Loprieno
foto di Giacomo Citro
Ambrose Akinmusire -
tromba
Walter Smith Iii - sax tenore
Sam Harris - pianoforte
Harish Raghavan - contrabbasso
Justin Brown - batteria
È considerato, dalla critica e dal pubblico, il nuovo astro nascente
del jazz americano. La sua luce ha incominciato a risplendere e illuminare la scena
jazzistica mondiale soprattutto negli ultimi due anni. Infatti, dopo collaborazioni
illustri con artisti del calibro di Steve Coleman e Joshua Redman e dopo essere
stato allievo di
Herbie
Hancock, Terence Blanchard e
Wayne
Shorter e aver vinto il Thelonious Monk Institute of Jazz Competition,
ha firmato nel 2011 con la prestigiosa etichetta Blue Note un contratto
per il suo secondo lavoro da solista. "When The Heart Emerges Glistening"
è considerato a pieno merito uno dei lavori discografici più interessanti degli
ultimi anni, e Ambrose Akinmusire a soli ventinove anni è diventato il nuovo
osannato talento della tromba jazz.
Lo storico Roma Jazz Festival, giunto
alla sua trentaseiesima edizione, non si è lasciato scappare l'occasione di invitarlo,
ed è così che lo scorso 24 Ottobre, l'Auditorium Parco della Musica ha accolto nella
sala Petrassi il trombettista californiano e il suo quintetto.
La sua tecnica raffinata, dagli echi tanto rivolti al passato,
quanto personali ed eclettici, la sua forza compositiva e il suo lirismo interpretativo,
hanno inondato, con una energia a tratti mistica e a tratti terrena, la sala del
tempio della musica romana e hanno travolto gli astanti. Non a caso tra i fruitori
la maggior parte erano musicisti jazz richiamati dalla novità, dalla curiosità per
questo fenomeno nuovo e così solidamente già affermato. L'inizio del concerto, splendidamente
arricchito dai giochi di luci e proiezioni di fondo, è affidato a "Confessions
to my unborn daughter" un pezzo dai forti richiami hard bop in cui Akinmusire
intreccia con vigore le sue frasi a quelle del tenorista Walter Smith
III. Mentre la ritmica li supportava con precisione ed eleganza, i due fiati
disegnavano la melodia discorrendo intensamente. Il secondo brano proposto ha spostato
l'accento su temi più aspri e nervosi, un'energia più tesa che è stata interpretata
in modo coerente e coeso. L'interplay dei cinque è collaudato e sempre attento,
il leader del gruppo ha lasciato ampio spazio alle capacità interpretative e improvvisative
dei suoi compagni d'avventura, i cui tecnicismi non sono mai fini a se stessi. Capovolgendo
l'atmosfera si è passati alla ballad "Henya" brano struggente e triste, in
cui la tromba di Akinmusire ha giganteggiato tra tutti con una tensione sempre volta
alla sperimentazione e alla ricerca di un linguaggio personale e unico. Il momento
più lirico e intenso è stato con il brano "Regret (No More)" in cui il trombettista
californiano ha dialogato unicamente con Sam Harris, pianista dalla chiara
impostazione classica. Un momento di rara intensità e bellezza in cui la tromba
sembrava che parlasse e cantasse con voce umana, in cui anche la tecnica sopraffina
del leader è passata in secondo piano e ha portato in un estesi quasi catartica,
così spaventosamente terrena quanto divina. L'ultimo brano prima del bis, "The
Walls of Lechuguilla" ha ridestato gli animi con il suo stampo free-jazz, con
i suoi ritmi spezzati e irregolari e il poderoso solo del batterista Justin Brown.
Due bis, il secondo dei quali è stato l'unico standard proposto
in tutta la serata, un "In A Sentimental Mood" stupefacente, hanno consacrato
definitivamente al pubblico romano la stella americana.