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E' lodevole e degna di nota, pur nel suo limitato effetto simbolico, la
scelta operata dall'etichetta discografica palermitana, Jazz Eyes, di pubblicare
il nuovo album del raffinatissimo quartetto di Joe Locke, stampando il supporto
digitale nell'inusuale colore nero. Naturalmente nero lucido nella facciata incisa
ma ancor più nero, color vinile nell'altra, riproducendo addirittura i tradizionali
solchi di un normale 33 giri con l'etichetta circolare. Il tutto racchiuso in un'elegantissima
confezione digipack che ricorda nella sua miniatura il tanto amato e mai dimenticato
LP, ancora oggi accudito e usato con assoluta, ma compiacente delicatezza, da tanti
audiofili. E mi piace pensare che tale scelta possa per un attimo incuriosire qualche
adepto all'ormai ampiamente diffuso mp3 e fare in modo che questi sia tentato di
provare l'ascolto di un supporto veramente musicale in grado di restituire la musica
senza tagli di sorta.
Quello oggetto di questa recensione ha peraltro anche nel suo contenuto
i presupposti per essere apprezzato dai più e per fungere da veicolo di avvicinamento
al jazz per chi di solito non l'ascolta per scelta passionale. Scrivevo prima di
un raffinatissimo quartetto: Joe Locke valente vibrafonista di livello internazionale
che ha raccolto riconoscimenti prestigiosi come quello del Downbeat Magazine che
nel 2003 ha votato il suo 4 Walls of freedom
come uno dei dieci cd dell'anno, mentre nel giugno 2006
la Jazz Journalist Association (JJA) lo ha premiato come "Mallet Player of the
Year". Con lui in questa produzione ci sono un chitarrista newyorkese Jonathan
Kreisberg dotato di grande senso armonico e sensibilità musicale, le cui qualità
sono già ampiamente note negli Stati Uniti, un contenutissimo ma essenziale contrabbassista
Jay Anderson ed un geniale, ma discreto, nella circostanza, batterista
Joe Labarbera.
La musica si sviluppa sull'asse Locke-Kreisberg ma è il
gruppo nel suo insieme che crea le migliori condizione per le delicate e dotate
sonorità di uno strumento come il vibrafono.
Ci si muove, è vero, in ambiti mainstream ed il tutto è reso con una cura
certosina, è un jazz d'atmosfera, di gran classe, attraverso due standard, cinque
composizioni dello stesso Locke, e una a testa per il bassista Jay Anderson
e il batterista Joe La Barbera.
La struttura dei brani è quella tradizionale in questi ambiti, l'esposizione
del tema precede sempre le parti dedicate all'improvvisazione che comunque è sempre
contenuta e condizionata dal mantenimento di un equilibrio armonico che non deve
mai venir meno perché costituisce l'essenza dell'intero lavoro.
Kreisber e Locke si dividono le parti solistiche e in tal senso
bisogna sottolineare il contributo determinante del chitarrista newyorkese che concorre
non poco con i suoi solo e con i suoi interventi, anche di supporto, sia alla sei
corde elettrica che a quella acustica, alla riuscita dell'album, una produzione
che si fa ascoltare con piacere evidenziando una certa omogeneità, non solo di suoni,
ma anche di soluzioni musicali. Le melodie scandite dal vibrafono di Locke
o dalla chitarra di Kreisberg si assimilano facilmente e può capitare di
trovarsi a canticchiarle in un momento spensierato della propria giornata, mentre
l'ascolto attento da l'opportunità di apprezzare trame sonore indubbiamente eleganti
che non potrebbero essere tali senza l'ausilio della sezione ritmica la quale svolge
il suo compito in modo esemplare sia quando è necessario dare ritmo e brio come
in The Rosario Material,
Terzani, Appointment in
Orvieto e Sixth Sense, sia quando
bisogna creare atmosfere più intime come accade per il resto dei brani. Fra tutte
le nove tracce se ne evidenziano due caratterizzate da soluzioni un tantino più
eclettiche, le già citate Terzani, con un bel solo di Locke, che nell'occasione
arriva a spingersi anche un po' oltre i limiti, e Sixth Sense con un interessante
e inusuale dialogo tra chitarra e batteria nella parte finale del brano.
Sticks and Strings mette ancora una volta in evidenza
le grandi doti di un musicista come Joe Locke e quindi può essere l'occasione
propizia per accostarsi alla sua musica e ai suoni di uno strumento dal grande fascino
come il vibrafono.
Giuseppe Mavilla per Jazzitalia
15/08/2010 | Südtirol Jazz Festival Altoadige: "Il festival altoatesino prosegue nella sua tendenza all'ampliamento territoriale e quest'anno, oltre al capoluogo Bolzano, ha portato le note del jazz in rifugi e cantine, nelle banche, a Bressanone, Brunico, Merano e in Val Venosta. Uno dei maggiori pregi di questa mastodontica iniziativa, che coinvolge in dieci intense giornate centinaia di artisti, è quello, importantissimo, di far conoscere in Italia nuovi talenti europei. La posizione di frontiera e il bilinguismo rendono l'Altoadige il luogo ideale per svolgere questo fondamentale servizio..." (Vincenzo Fugaldi) |
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Data pubblicazione: 17/11/2007
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