Viaggiare nel tempo, il filo conduttore dell'ultimo lavoro di Fabiano
Red Pellini: l'intenzione si delinea efficacemente fin dal titolo dell'album,
"Roma –Tokyo", sintesi del suo recente trasferimento
in Giappone.
Conosciuto in Italia e all'estero soprattutto
per le riletture del jazz anni Venti, con un occhio di riguardo verso la leggendaria
cornetta di Bix
Beiderbecke, anche in questo caso non intende smentirsi. Sveste
l'abito orchestrale, con il quale ha prodotto diversi progetti nel ruolo di direttore
o arrangiatore in band tra le quali forse le più conosciute sono la" Cotton Club
Orchestra" e la "Red Pellini Gang", e si concentra sulle potenzialità
timbriche del sax baritono, a fianco di un quartetto che sembra condividere pienamente
il suo spirito "classico". Queste coordinate culturali rendono conto di una sensibilità
musicale sottile e relativamente "semplice", dinamica e convinta in relazione agli
orizzonti prescelti.
Le esecuzioni fluide, caratterizzate da un groove interessante
e brioso e da una personale e talora ironica attenzione all'espressività, fanno
da cornice agli assoli, nell'intento di coinvolgere l'ascoltatore nelle emozioni
che sono appartenute al contesto storico tra le due guerre, come appare dall'ottimo
repertorio scelto dal sassofonista.
Le chiavi di lettura dell'album sono in ogni caso duplici: da una parte
lo swing, come nel convincente, garbato, vibrante e sorridente omaggio al
Rascel di "Arrivederci Roma" e "Roma nun fa la stupida stasera", dall'altra,
addirittura, il soul, le cui nuances appaiono in dissolvenza emozionale nel
divertito brano di apertura "Blow Again Francesco".
Pellini offre prova delle sue buone doti di improvvisatore quando, ricordando
Cole Porter in una coinvolgente medley distinta da versatili
tessiture cromatiche, dà vita a scale apparentemente più libere, racchiuse in un
disegno ben definito. In tal senso stilisticamente coerenti appaiono il virtuosismo
e la versatilità del pianista Giorgio Cuscito, estroso ed espressivo
in " Indiana", molto più delicato ed emotivo in "Moonlight Serenade"
(luminosa la pastosità vocale di Aiday Manas) e "Lush Life", sempre
composto nella ricerca delle risorse descrittive e nella linearità di un'esecuzione
decisamente evoluta.
"Roma-Tokyo", come detto, è un album quasi autobiografico: rende
chi lo ascolta in grado di ritrovarsi in un mondo serenamente evocato senza toni
elegiaci, che Red Pellini ha fatto suo nel tentativo di ricrearlo.
In definitiva, per struttura e momenti melodici, per l'attenzione rivolta ai modelli,
l'album risulterà senz'altro gradito ai cultori del genere, anche se talvolta i
tentativi di andare oltre la scelta stilistica non sembrano arrivare ad un progetto
pienamente concreto e alternativo, quanto piuttosto rientrare in canoni ben noti,
riconoscibili sì, ma in ogni caso improntati a sicura gradevolezza esecutiva.
Fabrizio Ciccarelli e Andrea Valiante per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 14/11/2009
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