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Offlines
Rasoterra
Notami (2014)
1. Rasoterra Pt. 1 (Pierantoni - Circelli - Pepe - Sferruzza)
2. Milano? (Circelli)
3. Nelia (Circelli)
4. Blackout (Sferruzza)
5. Sacchedine (Circelli)
6. Rasoterra Pt. 2 (Pierantoni - Circelli - Pepe - Sferruzza)
7. Coriandoli e Nervi (Circelli)
8. Abeokuta (Sferruzza)
9. Osmosi (Circelli)
10. Subconscious-Lee (Konitz)
11. Rasoterra Pt. 3 (Pierantoni - Circelli - Pepe - Sferruzza)
Federico Pierantoni - trombone Joseph Circelli - chitarra Christian Pepe - contrabbasso Simone Sferruzza - batteria
Un album d'esordio che conferma il buono stato di salute creativa della scena jazz
italiana, in particolare quella bolognese. Da gaudente e dotta, la città delle due
torri si è inventata una terza anima musicale, la cui espressione non è data soltanto
dall'annuale jazz festival, ma anche dalle numerose formazioni sorte in città negli
ultimi anni.
Gli Off Lines propongono il loro jazz urbano, frizzante, pieno di soluzioni creative
che ricordano la vena sperimentale di
Antonello
Salis, con soluzioni armoniche sorprendenti e audaci, funzionali a raccontare
in chiave musicale l'oscurità delle città contemporanee, e la conseguente voglia
di altrove.
Elemento di spicco dell'album, senza però peccare di eccesso di protagonismo a scapito
degli altri strumenti, il trombone di Pierantoni, suonato con la concentrazione
di chi ha un'urgenza artistica da condividere con gli altri. La compattezza del
quartetto non viene mai meno, e gli undici brani, tutti originali, con le loro atmosfere
oscure, xx, sono anche lo specchio di una certa amarezza che serpeggia fra le giovani
generazioni. Percorrendo a ritroso la storia del jazz, e andando oltre la lezione
del bebop, il quartetto Off Lines ritorna alle radici di questo genere musicale,
quando era la voce della dura quotidianità degli schiavi neri, tra la fine dell'Ottocento
e l'inizio del Novecento. Lontani dai virtuosismi dello swing, del bebop e della
scuola cool, Pierantoni e soci ci parlano dello smarrimento dei loro coetanei
concettualizzandolo in lunghe frasi sul registro grave di trombone e chitarra, affiancati
da una chitarra crepuscolare e una batteria che si affida in larga parte alle percussioni.
Il risultato è un jazz che esprime un carattere fortemente originale, spigoloso,
senza nessuna concessione alla vivacità dello swing.
In mezzo all'inventiva dei tre brani che danno il titolo all'album, di Sacchedine,
e Osmosi, Milano? è forse uno dei brani dell'album che più si avvicinano
alle sonorità classiche del jazz, con il trombone di Pierantoni che sconfina nel
bebop, e un contrabbasso dal sapore oscillante come un pendolo. La chitarra di Circelli,
suonata come una slide, regala melodie sulla scorta del blues. Ne scaturisce
una bella, nostalgica ricostruzione della città meneghina, fatta di angoli d'osteria
lungo i navigli, la rabbia intellettuale della Ghisolfa di Testori, o dei caffè
di Gaber. Nostalgie amalgamate con quell'intimità che rende il brano una passeggiata
nella soffice nebbia milanese.
E ancora, Blackout, con quel titolo a suggerire la necessità di "staccare
la spina", allontanarsi dal caos quotidiano e rifugiarsi, se non proprio soltanto
in sé stessi, almeno nella ristretta compagnia di una serata al jazz club. Atmosfere
tribali in Abeokuta, introdotta da un ruvido contrabbasso, e dalle percussioni
il cui vibrare ricorda i preistorici getti di lava del Ruwenzori. L'inserirsi del
trombone, suonato con la "pigrizia" abituale in tutto l'album, viene esaltata dal
dialogo con la chitarra.
Immergendosi a fondo nelle tracce di Rasoterra, si entra in un jazz non banale,
che all'inventiva artistica affianca una certa robustezza intellettuale, si pone
domande e ne pone all'ascoltatore.
Niccolò Lucarelli per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 19/09/2015
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