Jazzitalia - Recensioni - Speak No Evil Trio: A Shorter Moment
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Speak No Evil Trio
A Shorter Moment



Notami (2014)

1. Speak no Evil (W. Shorter)
2. Fall (W. Shorter)
3. Yes or no (W. Shorter)
4. Mahjong (W. Shorter)
5. Wild Flower (W. Shorter)
6. Footprint (W. Shorter)
7. JuJu (W. Shorter)
8. Wild Flower Interlude (W. Shorter)

Giovanni Baleani - chitarra
Gianludovico Carmenati - basso
Mauro Cimarra - batteria


Accostarsi alla figura monumentale di Wayne Shorter non è avventura di poco conto, e meno ancora lo è concepire un album costituito interamente da sue composizioni. L'omaggio retorico è però accuratamente evitato grazie all'originalità degli arrangiamenti di Cimarra e Baleani, un po' sulla falsariga di quanto il Try Trio ha fatto con Monk: anche in questo caso, il gruppo esclude lo strumento suonato dall'artista di riferimento, e si lascia guidare dalla voglia di esplorare e sperimentare, con inserimenti di loop, ed effetti elettronici, cambi di ritmo, fraseggi aperti e armonie dissonanti.

Una crepuscolare, blueseggiante chitarra acustica apre Speak no Evil, e la sorregge accompagnata da una sommessa batteria che indulge sulle percussioni, e un contrabbasso energico. L'arrangiamento del trio lascia da parte le atmosfere di Broadway della versione originale, quel suo liquido scivolare sull'Hudson, a favore di un jazz più spigoloso e minimalista. L'effetto contrario in Fall, che Shorter concepì per la sola chitarra: una struggente ballata che ricorda il blues di Robert Johnson. Baleani e Carmenati, invece, ne triplicano la durata, e rafforzano l'atmosfera da assolata Louisiana con l'inserimento del contrabbasso e delle percussioni, disegnando un percorso sonoro non facile da seguire, lungo note chitarristiche che cadono come gocce da una cascata.
Lungo le otto tracce dell'album, la chitarra di Baleani interpreta con personalità le architetture del sax di Shorter, una scelta coraggiosa poiché la chitarra jazz è ancora, in buona parte, un territorio da inventare. Baleani ne insegue le possibilità espressive, si cimenta in lunghi a solo, uno su tutti quello in JuJu, dove l'utilizzo del distorsore conferisce notevole profondità sonora, nella prima parte quasi in stile progressive rock, a un brano bilanciato da una batteria in 3/4. Utile anche, la batteria, a sorreggere una parte centrale in stile acid dance.

Un omaggio a Wayne Shorter e al suo periodo elettrico con i Weather Report, ma che al contempo propone anche una nuova visione di brani ormai classici. Un jazz senza timori reverenziali, dove il lirismo nostalgico di Shorter viene meno, sostituito da una non troppo sfumata rabbia urbana, rappresentata da una chitarra persistente, indagatrice, che graffia con garbo. Un album interessante, che richiede un ascolto attento su ogni singola nota, un album che riesce a stupire e incuriosire con i suoi dinamici cambiamenti di ritmo, e che denota la versatilità di Baleani e colleghi.

Niccolò Lucarelli per Jazzitalia







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Data pubblicazione: 22/02/2016

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