Di primo acchito, musica classica e jazz sembrano
appartenere apparentemente a due mondi completamente diversi, quasi contrapposti:
nella prima - e nella musica colta occidentale in genere- l'improvvisazione è ritenuta
secondaria rispetto alla fedeltà dell'interpretazione delle parti. Visione totalmente
stravolta, invece, nella musica afroamericana in cui gli spartiti vengono messi
in secondo piano per dare maggior voce alla sensibilità e creatività dell'improvvisatore.
Tuttavia nel tempo questa vecchia concezione è andata via via smorzandosi, registrando
delle aperture soprattutto provenienti dal jazz attraverso le riletture di Bach,
Beethoven, Mozart. E proprio nel 2006,
in occasione del 250° anniversario della nascita del grande musicista austriaco,
che è nata l'idea del MozArt Ensemble con l'intento di arrangiare in chiave
jazzistica Il Flauto Magico, l'ultima opera del compositore austriaco.
La formazione trae origine dalla fusione di un classico quintetto jazz,
il Toni Moretti
Quintet, e un quartetto d'archi con l'aggiunta di una sezione fiati. La versione
di questo lavoro rispetta nella sequenza quella originale dell'opera mozartiana,
anche se questa rappresenta tuttavia soltanto l'incipit per una più complessa rilettura
in cui l'aspetto e la struttura jazzistica prende spesso il sopravvento. Già l'ouverture
iniziale con il solo di
Ettore Martin
fa ben capire quello che sarà il filo conduttore di tutto l'album, in cui molto
spazio viene lasciato all'improvvisazione dei vari solisti di turno, arricchiti
da arrangiamenti di assoluto rilievo e da momenti in cui prevale la musica d'insieme.
Momenti in cui anche gli archi riescono a trovare una loro perfetta collocazione
garantendo un suggestivo tappeto in un dialogo quanto mai riuscito tra classico
e musica improvvisata fino a sfiorare situazioni quasi free. Lode davvero a tutti
per un sorprendente progetto sicuramente riuscito che omaggia egregiamente Il Flauto
Magico di Mozart da un punto di vista inedito testimoniando passione, ricerca e
gusto dei vari protagonisti ed una inaspettata naturalezza nella continua fusione
di due mondi così apparentemente lontani.
Luca Labrini per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 16/09/2008
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