Una
morte non è mai un evento ordinario, sebbene sia un fatto che accomuna e crea
uguaglianza tra tutti gli esseri umani. Quando muore un maestro dopo anni di
contributi per mezzo di incisioni, esibizioni e composizioni immortali, subentra
il senso di pace e di inevitabilità che tutti ben conosciamo. Non che vada bene
così, o che sia facilmente accettabile, ma ci rendiamo conto che un ciclo si è
compiuto. Questo è quanto è successo con il pianista Mal
Waldron, che ci ha di recente lasciati. Ma per il sassofonista Bob Berg,
si tratta di una tragedia non mitigabile. La sua morte, in una nevosa giornata a
Long Island per un incidente stradale è triste, e non si riesce a darle un
senso, soprattutto per i suoi famigliari, ma anche per tutti noi che conoscevamo
ed ammiravamo la sua musica.
Ho conosciuto Bob non appena sono andato a vivere a Manhattan. Sebbene
facessimo parte dello stesso giro a Brooklyn, Bob era più giovane di me di
qualche anno. Cominciammo a ritrovarci nel mio loft in West 19th Street con i
fratelli
Brecker (ndt. Michael e Randy Brecker), Steve Grossman, Bob Moses,
Lenny White, Dave Holland, Chick Corea e molti altri
attorno al 1968-69.
In effetti ho un caro ricordo di Bob seduto sul pavimento del mio loft con circa
altre venti persone, che discutevano su come mettere assieme una organizzazione
per presentare i nostri concerti ingiro per la città. Bob, che doveva avere
all'epoca circa diciotto o diciannove anni, ideò un nome: Free Life
Communication. Formammo una cooperativa, e nel giro di vari anni
organizzammo centinaia di concerti suonando principalmente free jazz. Fu
uno degli originali fratelli sassofonisti "post-Coltrane" che riuscì a
farsi strada con successo nel mondo jazzistico. Ricordo le sue meravigliose
esecuzioni con Cedar Walton e Billy Higgins nella formazione degli
Eastern Rebellion Group, e quelle con Miles Davis, e, ovviamente
anche la sua musica. Era un vero newyorkese, tutto d'un pezzo fuori, e tenero
dentro. E sopra ogni altra cosa è stato un gigante del sassofono, ha sempre dato
tutto se stesso, sempre il massimo; un vero jazzman "lavoratore", che suonava
sempre e dappertutto.
Parlando
con Mike Brecker dopo la triste notizia, ci siamo resi conto che stavamo
entrambi pensando alla stessa cosa. Con tutto il viaggiare che facciamo, è
stupefacente, da un certo punto di vista, che pochi di noi abbiano avuto un
appuntamento con il proprio destino su una strada. Alcuni di noi ancora
ricordano un incidente stradale in Europa in cui fu coinvolto il gruppo degli
Oregon, e che costò la vita al percussionista Colin Walcott (ndt. Germania, 1984),
ma questo è successo tempo fa. In tutta onestà, abbiamo molte più probabilità di
avere incidenti a causa del nostro prodigioso viaggiare, e proprio per il
calcolo delle probabilità. Ma nel caso di Bob, il lavoro non c'entrava. Sua
moglie è sopravvissuta all'incidente, e da quello che so si trattava
semplicemente di un semplice spostamento in zona, sebbene stesse nevicando, un
piccolo viaggio che ognuno di noi avrebbe potuto fare per andare ad acquistare
il giornale o altro.
E' incredibile: ci svegliamo tutti allo stesso modo ogni giorno, e poi...
Randy Brecker che ha suonato molto con Bob ha scritto alcune belle parole:
"Bob era un ragazzo complesso. Suo padre era ebreo e sua madre italiana. E' cresciuto nel centro di Bensonhurst. Amava il suo natante dall'enorme deriva, un buon sigaro cubano contrabbandato di sfroso da qualche suo amico, un pò di 'yac', e un sacco di Sinatra. Verso la metà della sua vita incontrò Arja, e si tranquillizzo, ebbe due bambini meravigliosi e divenne un padre ed un marito devoto. Andò a vivere a East Hampton, dove iniziò a pescare seriamente tra una tournée e l'altra. Amava anche il sassofono e la musica jazz, sulla quale concentrò il suo formidabile intelletto. La combinazione del suo intelletto, operante attraverso il prisma dei suoi anni formativi e il suo stile di vita ed ambiente quotidiano, portarono fino a noi una concezione appassionata, eppure senza pietà. Suonando ti metteva letteralmente con le spalle al muro, per poi stracciare te ed il muro assieme. Dovevi lottare e rispondere con tutte le tue forze quando eri sul palco con Berg.... non l'ha mai detto espressamente.... lo esigeva per mezzo del suo strumento. Ecco com'è stato suonare con Bob Berg per tutti questi anni.... lui mi ha fatto suonare meglio, mi ha imbevuto del suo stile.... ha segnato la mia anima per sempre. Questo è ciò che di Bob mi mancherà maggiormente... l'incredibile suono spietato e intrepido, seppur appassionato, del suo sax. Eppure sono convinto che lo sentirò ancora, giorno dopo giorno, anno dopo anno, ogni volta che penserò a lui.... lo sentirò... So che lo sentirò".