piano solo
Roma,
4 gennaio 2005 -
Auditorium di Roma -
Sala Sinopoli
di
Fabio Di Cocco
E' uno dei più grandi pianisti esistenti, anche se molto sottovalutato (la sala è piena solo per metà). La sua presenza rende significativa la programmazione di questo piano solo festival: un cartellone di qualità, che va al di là di discutibili mode passeggere.
Il programma non è certo particolarmente ricercato: si apre con una composizione originale (l'unica, oltre a Hommage a Tex Avery
eseguita nei bis), seguita da standards di esecuzione abbastanza frequente: Here's That Rainy Day, I Can't Get Started, Caravan. Quindi, i medley: il primo dedicato a Gershwin (A Foggy Day, Lady Be Good, S'wonderful, Fascinating Rhythm, Summertime), il secondo a compositori diversi (Tenderly, Have You Met Miss Jones?, All the things you are, Stella By Starlight), e il terzo a Duke Ellington (Solitude, In A Sentimental Mood, Sophisticated Lady, Satin Doll).
Ben quattro i bis concessi a un pubblico letteralmente entusiasmato dalla performance: il già citato Hommage a Tex Avery, Speak Low, Everything Happens To Me, per finire con una breve ma gustosissima The Lady is a Tramp.
La scelta di brani di così largo consumo è significativa; mai come in Martial Solal
il pezzo è reinventato, quasi dissacrato, soggiogato dalla personalità dirompente del pianista. Egli ha raggiunto una cifra stilistica così personale da poter realmente affrontare qualunque tipo di repertorio alla sua maniera, ed uscirne comunque protagonista, anche se i compositori sono George Gershwin o Duke Ellington. Nell'arte di questo geniale musicista, gli elementi che colpiscono maggiormente sono tre: una concezione armonica personalissima (e anche molto ardita), che affranca l'interpretazione di quelle che sono pur sempre canzoni dai vincoli tonali; un inesorabile senso del ritmo, che permette a Solal la realizzazione di complessi giochi di contrappunto ritmico tra destra e sinistra; una tecnica sopraffina, che traspare dal fraseggio sempre pulito, dalla capacità di realizzare lievissime sfumature dinamiche, come il particolarissimo gioco di ribattute sul doppio scappamento che il pianista algerino usa sovente nell'enunciazione dei temi, suonandoli solo con la mano destra e con il pedale d'espressione, creando un effetto suggestivo che evoca rintocchi lontani.
In un'atmosfera serena e distesa, favorita da un artista che si pone verso il pubblico con simpatia e complicità (divertenti alcuni siparietti: alla prima richiesta di bis, Solal mostra un bigliettino e dice al pubblico di non avere più brani!) il concerto vola via in fretta e lascia la voglia di riascoltarlo: nel frattempo, il gigante che poco prima dominava la tastiera si è trasformato in un anziano signore che, in maniera molto composta, saluta e se ne va.