Antonio Marangolo - Umberto Petrin
"L'arte del duo"
28 marzo 2009 ore 21.30 - Ovada Loggia di S. Sebastiano
di Andrea Gaggero
L'ultimo concerto di una pregevole mini rassegna jazz dedicata a "L'Arte
del duo" e organizzata dall'associazione culturale "Gruppo Due Sotto l'Ombrello",
si è tenuto sabato 28 marzo ai confini tra Liguria e Piemonte: Antonio Marangolo
(sassofoni tenore e soprano, voce) e Umberto Petrin (pianoforte) i musicisti
impegnati. Gli altri due appuntamenti, sempre nel mese di marzo, hanno visto di
scena il duo
Marco Tamburini (tromba) e Sandro Gibellini (chitarra)
e Alan Farrington voce, con
Andrea Pozza
al pianoforte.
Si possono far convivere Debussy e Schoenberg
con il pianismo percussivo e febbrile di Cecil Taylor e poi il tutto con
il "rumorismo" di Cage? L'improvvisazione jazzistica di matrice post-
hardbop cosa ha a che fare con le tradizioni folkoriche del sud Italia? E
Wayne Shorter con Sidney Bechet, quest'ultimo con il "belcanto"
italiano? Ma soprattutto: a partire da questi (ed altri) riferimenti, si può dar
origine ad una musica ampiamente improvvisata e insieme di straordinaria concentrazione
e compattezza, scorrevole senza facili eclettismi?
A giudicare dallo "straordinario" concerto di Antonio Marangolo
(sax tenore e soprano, voce) e Umberto Petrin (piano e cordiera) la risposta
non può che essere felicemente affermativa. I due musicisti hanno suonano insieme
per la prima volta in questa occasione: si erano conosciuti di sfuggita un anno
fa e poi sentiti telefonicamente alcune settimane prima del concerto. Nel pomeriggio
un incontro poi (forse) alcune prove; Antonio Marangolo porta con sé, a far
da terreno comune, l'ipotesi di una sequenza di dodici libere improvvisazioni in
ognuna delle tonalità. Pochi minuti di dialogo, qualche nota e poi, dietro suggestione
di Umberto Petrin, l'idea si trasforma e vengono concordati alcuni appuntamenti
"stilistici" a far ora da snodo, poi da approdo al fluire della musica. Una ninna
nanna, un gospel ed una melodia genericamente attinta dal folclore: questi i tre
appuntamenti, le tre suggestioni prestabilite, boe, isole ed approdi nell'oceano
della musica. I "temi" saranno improvvisati e non è dato sapere quando verranno
introdotti avendone preventivamente stabilito solo il centro tonale. Sarà Antonio
Marangolo a "chiamare" le tre suggestioni utilizzando segnali musicali armonico-stilistici.
Il concerto si avvia e articola naturalmente in tre blocchi improvvisativi caratterizzati
dalla presenza degli spunti "stilistici" citati. La straordinaria qualità e concentrazione
della musica ascoltata dipende da fattori diversi: alcuni profondamente meditati
e assimilati nel corso di due carriere musicali ampie e generose, più fortuiti ed
occasionali altri.
Nella breve presentazione Marangolo parla della sentita necessità
di una musica che nasca dal silenzio e che al silenzio torni: "da questo solo
può prendere vita...". Ciò che disturba è il rumore dei centri urbani, il chiacchiericcio
informe, quasi televisivo, il frastuono della musica che siamo obbligati ad ascoltare
ad ogni istante nei supermercati, e nei locali pubblici, di ogni genere, senza avere
la possibilità di scelta o replica. La musica qui da noi non è più espressione artistica
(anche se nei palinsesti televisivi il termine "artista" si spreca), non è più strumento
educativo-culturale, non è più intrattenimento di qualità, semplicemente…non è più.
E che quella ascoltata, possa essere musica che nasce dal silenzio,
Marangolo e Petrin, riescono a darci conto nei tanti momenti di interplay
profondo, in quelli di forte tensione emotiva e di grande divertimento (loro e del
pubblico). "Perché questo concerto riesca dobbiamo partire dallo spazio in cui
suoneremo..." (quello di una chiesa tardo medioevale sconsacrata dotata di un
riverbero eccessivo ed incontrollato) "...e utilizzare anch'esso come uno strumento
musicale...". Il concerto inizia con Marangolo che percuote l'ancia del
sax tenore e Petrin le corde del pianoforte: un inizio timbrico-ritmico,
aspetto su cui torneranno in un ora abbondante di musica, musica che ha alternato
momenti di grande densità ad altri di distensione e pacificazione (la ninna nanna),
musica sempre tesa e tersa, musica basata su di un comune sentire di due musicisti
che suonavano insieme per la prima volta, musica che ha accolto al suo interno tante
suggestioni del secolo passato: il gospel, il rhythm and blues e tutta la matrice
afroamericana, la tradizione del pianismo euro colto impressionista, l'armonia di
timbri, l'uso della cordiera e del rumore. E poi ancora il canto dispiegato e le
melodie melismatiche del sud (Marangolo è siciliano), il canto gutturale e grufolante
(sempre di Marangolo) su una sequenza ritimica iterata nella regione bassa
del pianoforte.
Dopo la prima mezzora la musica si placa e il pubblico applaude fragorosamente.
Ancora due riprese e poi un bis su un terreno più agevole e già ampiamente dissodato:
la monkiana Ask Me Now. Chissà se il santone del be-bop avrebbe apprezzato il concerto?
Sicuramente avrebbe apprezzato e compreso la voglia e capacità di giocare con il
silenzio e l'abisso prendendosi in ogni istante il rischio dell'errore e quello
di non sapere con precisione che cosa sarebbe successo nel proseguo.
E' opinione dei musicisti e di chi ha organizzato la rassegna che tale
performance vada ripetuta e registrata e ritengo ci siano buone possibilità che
ciò accada in tempi ragionevolmente brevi.
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Data pubblicazione: 21/06/2009
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