scorso a Palermo al Teatro Massimo per il FAI (Fondo per l'Ambiente Italiano) la "Glenn Miller Orchestra" diretta da
Wil Salden.
Con una sola eccezione (Razete su Repubblica) gli organi di informazione hanno parlato di "formazione americana", ignorando il fatto che gli eredi di Miller (scomparso, com'è noto, nei cieli della Manica il 15 Dicembre 1944) hanno dato in concessione da molti anni a tre diverse formazioni orchestrali il diritto di potersi fregiare della etichetta di "Glenn Miller Orchestra", e cioè: una americana diretta da
Larry O'Brien, una inglese diretta da Ray McVay e una olandese diretta per l'appunto da
Wil Salden.
In base a ciascuna convenzione – di cui non sono note le clausole contrattuali – la prima può agire solo negli USA, la seconda solo in Inghilterra e la terza solo sul continente Europeo.
E' fin troppo chiaro che gli eredi Miller non sono interessati ad una riproposizione puntuale della musica del loro grande scomparso...altrimenti non si spiegherebbe, per esempio, il fatto che la formazione americana in un disco inciso a New York il 17/1/1983 (di cui
chi scrive possiede la registrazione) abbia potuto adoperare tranquillamente il basso elettrico in luogo di quello acustico, oltre a consentire ai vari solisti di improvvisare in stile a volte addirittura moderno e, per di più, tralasciando gli assoli "di rigore" scritti nelle partiture che,
va ricordato, sono degli anni
.
L'ascolto che ne consegue dà un'impressione paragonabile a quella che può dare il recarsi ad un ricevimento in smoking, ma con le "Timberland" ai piedi.
Quest'ultimo aspetto è quello che ha caratterizzato la quasi totalità dei brani eseguiti a Palermo dall'orchestra olandese diretta da
Wil Salden.
Ma il direttore si è concesso anche varie "licenze" rispetto agli originali degli arrangiamenti a suo tempo adottati da Miller (cioè sia i propri che quelli materialmente scritti per lui da
Jerry Gray, Bill Finegan, ecc.), smentendo quanti, prima (e quel che è più grave dopo) del concerto palermitano si sono affannati a parlare
"dell'accurato studio filologico delle fonti discografiche" che Salden avrebbe condotto fin dagli anni '70.
Uno studio filologico che in realtà si è limitato, come abbiamo visto, alla gestualità degli orchestrali (brandeggio degli strumenti a destra e a sinistra) e alle "gags" con le sordine degli ottoni che ciascuno di loro metteva sulla testa del collega e viceversa.
A ciò va aggiunta la disinvolta omissione di due strumenti rigorosamente previsti dalle orchestrazioni originali, e cioè la chitarra ed il pianoforte (la prima suonata all'epoca da
Carmen Mastren ed il secondo da Chummy McGregor); per rimediare, di tanto in tanto, Salden lasciava la direzione per sedersi al pianoforte, quasi sempre per interventi "off records".
L'amara conclusione di questa
esperienza è che certe operazioni di intrattenimento provviste di un falso alibi
culturale, possono produrre sì risultati positivi sul piano del puro spettacolo
(chè sotto questo profilo l'esibizione palermitana finalizzata dal FAI alla
raccolta di fondi è da considerare riuscita), ma non si deve parlare – specie in
certi termini – di Musica e meno ancora di rigore filologico che sono altre cose
e che richiedono altra preparazione e, soprattutto, onestà intellettuale.