Non si smetterebbe mai di stare con il naso all'insù e guardare lo splendore dei
ricami architettonici dell'antico Teatro Lauro Rossi, un vero gioiello marchigiano.
E' pomeriggio e assieme ai tecnici e fotografi si aspetta l'inizio delle prove,
in silenzio.
Un brusio di chiacchiere e risate arriva prepotentemente allo spalancarsi della
porta in platea: ecco entrare sorridenti con i loro bagagli i fratelli Cohen con
il resto della band.
Sorridono e salutano in una compita fila indiana, sfoderando un italiano stentato
e un inglese squillante.
Il palco, da spoglio che era, con un solitario pianoforte e ben pochi elementi di
batteria, inizia a riempirsi di tutto un po'. Ecco arrivare veloce Anat dal retro
palco trascinando, anche lei, strumenti, borse e un voluminoso trolley che rumoreggia
sulle tavole del palco.
Omer Avital prepara il suo contrabbasso e inizia ad "arpeggiare" le sue grandi
corde, mentre Yonathan Avishai con gesto veloce si avvicina al pianoforte e, mentre
giacca e sciarpa scivolano a terra, sfiora un accordo al piano per saggiarne il
suono.
Il soprano appoggiato a terra e in bella vista, circondato da borse, custodie e
bagagli, è lì, dimenticato sotto la luce bluette dei riflettori per la gioia dei
fotografi più accorti.
Ma solo per poco. Il barbuto e giovane Yuval Cohen se ne appropria suonando un brano
dai ritmi leggermente klezmer.
La sorridente Anat Cohen è seduta a terra, gambe incrociate, intenta ad un
montaggio e una morbosa pulizia del suo clarinetto; più in là il "drummer" è ancora
perso ai "tom", ma l'atmosfera è già al suo inizio: di li a poco avrà inizio il
concerto!
Le previsioni meteorologiche non sono le migliori per convincere un pubblico, sempre
più difficile da accontentare, ad affollare il teatro.
Una lode agli organizzatori che dimostrano di saper scegliere con sapienza un cartellone
variegato e attento alle realtà internazionali.
Inizio del concerto in trio: piano, contrabbasso e batteria in un bellissimo blues
a firma Yuval Cohen; poi un cambio repentino in tempo veloce dà il segnale per l'ingresso
dei fratelli Cohen.
Un piatto da grandi atmosfere per Johnatan Blake, che sfoggia un'alquanto
insolita composizione della batteria e un gong luccicante in bella vista.
Anat al tenore non convince, anche se possiede grande potenza e suono pieno - oltre
ad una tecnica formidabile - ma il suo fraseggio risulta un po' debole e con poche
idee.
Su "With The Soul Of The Greatest Of Then All", brano di Avishai Cohen,
Omer Avital libera un assolo impareggiabile e, poi, un'esuberante Anat
Cohen si fa notare prepotentemente con una sua composizione e con una incredibile
tecnica e pregevolezza stilistica.
Atmosfere circensi, cambi repentini di ritmo, grandi "stop" ad effetto: particolarmente
curati i brani di Avishai e Yuval che coniugano la tradizione jazz con influenze
mediorientali.
Forse in eccesso gli assoli, tante note che sprigionano grande effetto ma che a
lungo andare annoiano un po' per le continue ripetizioni.
E tra i brani originali spunta "The Mooch", una bella introduzione di piano e note
sincopate che creano una dolce atmosfera, un blues in walking del contrabbasso e
una bella sezione di fiati per coronare una straordinaria composizione di Duke
Ellington.
E' davvero incredibile la musicalità che sprigionano questi giovani ma già
affermati musicisti, riescono a travolgerti con il loro entusiasmo, sembrano
rincorrersi tra loro con le note come nei giochi d'infanzia.
Ci avviciniamo alla conclusione del concerto con una ballad dai contorni un po'
malinconici, bei fraseggi per la tromba di Avishai, anche lui di spicco nel sestetto,
e ancora una bella sequenza dei fiati in un arrangiamento quasi sinfonico.
Note lunghe d'ampio respiro e una manciata di note del piano per il finale, e i
meritati applausi del pubblico richiamano i musicisti in scena per un doveroso bis.
Il bis è una presentazione del sestetto affidata alla voce di Anat che non manca
di sfoderare splendidi sorrisi ed una dirompente vitalità, poi tutti a raggiungere
il pubblico nell'atrio del teatro per una chiacchierata e per firmare gli autografi.