Roberto G. Colombo
chitarra
Nato
a Genova nel 1965 e cresciuto nell'ambito del
"Louisiana Jazz Club", ha suonato e inciso con i gruppi storici del "Banjo
Clan" e della "Genova Jazz Band".
Ha partecipato a numerosi festivals internazionali, tra i quali quelli
di Edimburgo (1999), Kobe (1996,
1999), Osaka (1996),
Marciac (1998), Samois-sur-Seine (2001),
Praga (1991), Lugano (1984,
1990), Ascona (1985,
1986, 1987,
1988, 1991,
1998, 2000,
2001, 2004,
2005,
2006,
2010), S. Marino (1995,
1998), Roma (1998),
Ivrea (1989), Ferrara (1998,
2000), Genova (1988,
1990,
1991, 1992),
Sori (1990, 1991,
1993, 1994,
1996, 1998,
2000, 2001,
2005,
2013,
2014), Torino (2005),
Sarzana (2006,
2011), Avigliana (2007,
2010), oltre a "Umbria Jazz" (1987)
e all'"International Jazz Festival at Sea" (la crociera del jazz,
1993).
Nel 1996 ha vinto il premio "Mother
of Jazz Trophy" come miglior musicista dell'anno al festival di Breda (Olanda).
Si è esibito in molti jazz clubs in Italia e all'estero e ha preso parte
a diverse trasmissioni radiofoniche e televisive per reti locali e nazionali.
Ha suonato, tra gli altri, con Bob Wilber, Kenny Davern,
Bucky Pizzarelli, Scott Hamilton, Ralph Sutton, George Masso,
Dan Barrett,
Lee Konitz, Ben Riley, Ralph Moore, Sammy Price,
Louis Nelson, Tom Baker, Lillian Boutté, Allan Vaché,
Bob Havens, Evan Christopher, Oscar Klein, Eiji Kitamura,
Gianni Basso,
Marcello Rosa,
Gianni Cazzola, Gil Cuppini.
Collabora
stabilmente, tra gli altri, con
Alfredo Ferrario,
Aldo Zunino,
Alessio Menconi,
Rossano Sportiello, Paolo Alderighi, Massimo Caracca,
Duccio Castelli,
Giampaolo
Casati, Piero Leveratto, Fabrizio Cattaneo, Paolo Tomelleri,
Stefano Bagnoli.
Nel 1998 ha registrato l'apprezzato
CD "Traveling" con il "Summit Reunion"
di Bob Wilber e Kenny Davern, allegato al numero di giugno
1999 della rivista "Musica Jazz".
Ha collaborato con le riviste "Musica Jazz", "Nerosubianco", "Musica Oggi".
È citato in diverse pubblicazioni sul jazz italiano.
Dal
1990 al 2000
ha insegnato chitarra presso la "Scuola Jazz Quarto" di Genova (poi "Duke
Ellington Music School"). Dal 2003 al 2007
ha insegnato chitarra presso la scuola dell'associazione "Amici del jazz" di
Finale Ligure (SV). Dal 2005 insegna chitarra presso la scuola
del "Louisiana Jazz Club" di Genova.
E' autore dei libri Django oltre il mito - La via non americana al jazz
(Erga Edizioni, Genova 2007),
Il chitarrista di jazz - Charlie Christian e dintorni
(Erga Edizioni, Genova 2010),
Tracce sfumate - Storie di jazz che le storie del jazz non
raccontano (Erga Edizioni, Genova 2015)
e Non imito Django Reinhardt - La distonia focale del
musicista: malattia o deragliamento emotivo? (Erga Edizioni, Genova 2015).
Nel 2002 ha fondato il gruppo "Stringology"
(con Alfredo
Ferrario al clarinetto, Aldo Zunino al contrabbasso ed
Egidio Colombo alla chitarra tenore), con il quale ha inciso l'omonimo CD, il
primo a proprio nome.
Il progetto "Stringology" nasce dall'idea di ripercorrere la storia
del jazz classico attraverso l'interpretazione di brani composti dai chitarristi
più significativi del periodo prebellico.
Un chitarrista «is something more than just a robot plunking on a gadget
to keep the rhythm going», scrisse Charlie Christian su "Down Beat"
del dicembre 1939. I musicisti evocati tramite quest'inusuale repertorio, infatti,
non furono solo strumentisti (e la maggior parte solisti) di valore assoluto, ma
anche sorprendenti compositori. "Stringology" intende dunque proporre una
sorta di "riabilitazione" della chitarra, quale strumento pienamente compartecipe
all'evoluzione del jazz e tuttavia spesso trascurato dalla critica specialistica.
Discografia:
Banjo Clan, "Mediterranean Jazz Feeling",
Dire, 1985
Banjo Clan, "Swingin' At The Louisiana",
Fonit Cetra, 1989
Genova Jazz Band & Quartet, feat. George Masso, omonimo, Louisiana
Jazz Records, 1991
Banjo Clan, "Doctor Jazz", Louisiana
Jazz Records, 1992
Barcelona Milan Washboard, "Winning 1996
Breda Festival", Big Productions, 1996
Barcelona Milan Washboard, "Jamming in Milan
", BMW, 1998
Bob Wilber-Kenny Davern, "Traveling",
Musica Jazz, 1999
Banjo Clan, "Rememberin' New Orleans
", Louisiana Jazz Records, 2002
Roberto Colombo, "Stringology",
String Jazz, 2003
Duccio Swingers, "Musici sono/gli usignoli
e i passeri/ che primi hanno dischiuso/ finestre oltre la vita", Music
Center, 2003
Bob Wilber Quintet-Swing Party Orchestra with
Dan Barrett and Rebecca Kilgore, "The Swing
Era Tribute", Louisiana Jazz Records, 2003
Banjo Clan, "If Dreams Come True",
Music Center, 2006
Free Strings, "Lorsque Django jouait",
Music Center, 2010
Banjo Clan, "Blues and soda", Music
Center, 2010
Dischi antologici del Louisiana Jazz Club, Louisiana Jazz Records,
1980, 1984,
1989 (con G. Masso),
1994 (con G. Masso),
2001 (con B. Pizzarelli).
Dischi antologici di JazzAscona, 2006 e 2010
Disco antologico "The Best of Acoustic Guitar Meeting - Vol. 2",
B&B, 2010
The Buddy Bolden Legacy Band, "Back and Forth the
King's Path", Riserva Sonora/Good Music, 2015
Hanno scritto di Roberto G. Colombo:
«Belle
relecture d’un repertoire que vient enrichir encore la superbe ballade Django
for Peace, due à l’inspiration de Roberto Colombo […]. Athmosphère recueillie
d’un thème qui supporte aisément la comparaison avec le fameux Django de John
Lewis» (Alain Antonietto, note di copertina del CD "Lorsque Django
jouait", febbraio 2010).
«When
the history of the plectrum guitar is written, Roberto Colombo will surely be included»
(Bucky Pizzarelli, note di copertina al CD "Stringology",
2003).
«[...] giovane ma già collaudatissimo chitarrista, anzi un apprezzato specialista
del versante classico del jazz» (Gian Mario Maletto, "Musica Jazz", dicembre
2003).
«[…] Colombo è uno dei pochissimi chitarristi delle ultime generazioni ad
aver preso a riferimento stilistico le chitarre jazz pre-belliche, da Eddie Lang
a Dick McDonough, da Freddie Green ad Al Casey, da Django Reinhardt a Charlie Christian»
(Giorgio Lombardi, "Ritmo", dicembre 2003).
«[…] grande virtuoso della chitarra» (Michele Govoni, "La nuova
Ferrara", 2 dicembre 2000).
«[…] alla fine della brevissima tournée italiana, Wilber e Davern si sono
più volte pubblicamente complimentati con i tre giovani partner, e soprattutto con
Roberto Colombo, invitandoli a trasferirsi a New York per suonare stabilmente con
loro. Un complimento non da poco» (Giorgio Lombardi, "Musica Jazz", giugno
1999).
«Ma
la grande sorpresa è venuta dal chitarrista Roberto Colombo che ha spopolato letteralmente
con assolo di classe in uno stile che, partendo da Charlie Christian, si avvicina
più o meno inconsciamente a Tal Farlow» (Carlo Peroni, "Jazz ‘n' Blues
‘n' Around", ottobre 1998).
«[…] acuto solista di poche e significative note blues» (Michele Mannucci,
"Il Secolo XIX", 28 novembre 1992).
«[…] un giovane che si considera un dilettante ma che è apprezzatissimo da
tutti gli americani con cui si è esibito» (Furio Fossati, "Il Corriere
mercantile", 17 luglio 1992).
«A questo successo […] ha contribuito in maniera davvero rilevante il giovane
chitarrista Roberto Colombo, un valente strumentista e un eccellente improvvisatore»
(Giorgio Lombardi, "Il Corriere mercantile", 14 maggio
1988).
«Dotato di tocco morbido e swingante, […] affronta con innegabile naturalezza
il terreno minato degli standards […]. Il tutto con eleganza ed estrema pulizia»
(Guido Festinese, "Il Lavoro", 6 marzo 1988).
«Roberto Colombo, classe 1965, è un sorprendente chitarrista che si rifà apertamente
ai grandi chitarristi pre-moderni. Il suo fraseggio, spesso venato di colori country,
è di grande freschezza» (Maurizio Franco, "Chitarre", dicembre
1987).
Hanno scritto del CD "Stringology":
«[...] lavoro compatto e swingante in cui la tecnica scintillante di Colombo
– serio studioso della storia dello strumento, oltre che musicista – trova sponda
ideale nei partners [...]. Sedici chicche strumentali eseguite con rigore e divertimento»
(Guido Festinese, "World Music Magazine", settembre/ottobre
2003).
«In questo eccellente CD, il primo registrato come leader, Roberto Colombo,
alla testa di un affiatatissimo combo, [...] ha finalmente l'opportunità di dimostrare
tutto il suo valore. [...] 'Tears', 'Douce Ambiance', 'Black And White',
'Swing
39' e 'Requiem For Django' [...] costituiscono dei superbi omaggi resi al chitarrista
tzigano da un suo convinto ammiratore e discepolo, il quale, peraltro, non si limita
a ricreare quel magico sound, ma riesce abilmente a rivitalizzare e modernizzare
la lezione di quello che resta il più originale chitarrista della storia del jazz,
senza mai profanarla o inquinarla con elementi spuri» (Giorgio Lombardi,
"Ritmo", dicembre 2003).
«[...] ben sedici tracce suonate con classe [...]. La musica fluisce piacevole
e soprattutto si avvale di un bel suono acustico naturale e molto bilanciato nelle
sue componenti, con Colombo che mostra un tocco preciso e deciso in cui traspare
tutta la sua dedizione al genere. [...] una band affiatatissima, con il contrabbasso
e la chitarra tenore che realizzano il grande tappeto ritmico sul quale i temi di
chitarra e clarinetto possono poggiarsi con sicurezza e intensità, mentre le improvvisazioni
scorrono disinvolte e generose» (Giovanni Palombo, "Chitarre", febbraio
2004).
«Il chitarrista Roberto Colombo [...] ci consegna uno dei più brillanti e
fantasiosi esempi di string jazz recuperato e rivisto che si siano ascoltati nella
Penisola. Tracce di Eddie Lang, Charlie Christian, Freddie Green, Django Reinhardt,
ed un pugno di composizioni originali fedeli nello spirito alle invenzioni dei maestri
dello swing: il tutto con un gusto per lo swing divertito, divertente e saggio,
senza prodezze tecnicistiche né le cadute di gusto che affliggono in genere i lavori
di questo tipo» (Guido Festinese, "Alias", inserto culturale de "Il Manifesto",
13 marzo 2004).
«[...] al contrario dell'ironico Sean Penn di 'Accordi e disaccordi', in cui
l'attore interpretava la storia di un chitarrista jazz che di fronte a Django Reinhardt
non riusciva a far altro che svenire dall'emozione, Colombo a cospetto di un tale
mostro sacro preferisce, con la semplicità che lo contraddistingue, sfoderare tutto
il suo talento; e quando decide di ricordarne il cinquantenario della morte in uno
struggente solo dal titolo 'Requiem For Django' tocca forse il momento più alto
di un disco che non si smetterebbe mai di ascoltare» (Danilo Caronia,
www.jazzlighthouse.it).
«[…] ultima fatica del chitarrista Roberto Colombo: un omaggio dichiarato a Eddie
Lang e Django Reinhardt, fatto con amore e incredibile tecnica strumentale. Con
il clarinetto rapinoso di
Alfredo Ferrario,
uno specialista di jazz dei tempi che furono» (Guido Festinese, "Modus
Vivendi", aprile 2004).
«Roberto Colombo nous présente un projet intéressant qui oblige l'auditeur à
redécouvrir les guitaristes essentiels de l'histoire du jazz» (Michel Maestracci,
suppl. "Jazz Hot", giugno 2004 ).
«Italian jazzman Roberto Colombo's "Stringology" (String Jazz records) is
charged with a hard-swinging groove. His hot guitar lines duel with clarinetist
Alfredo Ferrario,
evoking the glorious mood of the Charlie Christian–Benny Goodman and Django Reinhardt–Hubert
Rostaing duets» (Michael Dregni, "Vintage Guitar Magazine", luglio
2004).
«Très bien soutenu par des musiciens qui ne sont pas des débutants et swinguent
sans forcer, Roberto, tantôt à l'acoustique, tantôt à l'électrique, pratique un
jazz de facture très classique, réhabilitant avec classe tous ces grands de la guitare
jazz; guitariste complet tant au niveau mélodique que rythmique, il se fend de chorus
originaux et inspirés (cf Black and white) au phrasé délié et chantant. Il peut
être lui aussi ajouté sans problèmes à cette liste de guitaristes méconnus à découvrir!»
(Francis Couvreux, www.etudestsiganes.asso.fr).
Hanno scritto del libro "Django Oltre il Mito":
«È una opera senza precedenti questa dedicata a Django Reinhardt
scritta da Roberto Colombo che oltre ad essere l'eccellente chitarrista che tutti
conoscono, si rivela […] studioso di straordinaria autorevolezza. […]. L'immenso
sforzo documentario compiuto da Colombo appare in tutta evidenza nelle trecento
pagine di questo testo fondamentale per scoprire e comprendere finalmente l'uomo
Django e di conseguenza il musicista. […]. La via non americana al jazz è sempre
corsa parallela al jazz americano fin dal suo apparire. Argomento di grande importanza.
Siamo perciò grati a Colombo di averlo affrontato in questo lavoro dedicato al più
grande musicista europeo di tutti i tempi, che ci auguriamo possa essere pubblicato
anche all'estero, soprattutto in Francia. I nostri amici d'oltralpe rimarrebbero
assolutamente sorpresi» (Adriano
Mazzoletti, "Jazz by the Sea", aprile/maggio
2007).
«Rigorosa disamina critica e non "colorata" ricostruzione biografica, il volume
si prefigge "un approccio laico e problematico a Django Reinhardt […]". Docente
di storia e filosofia […], Roberto Colombo nella prima parte […], facendo riferimento
alla filosofia estetica, semiotica, antropologia, musicologia, affronta tutta una
serie di questioni legate alla storia e cultura degli zingari. Avvalendosi di dotti
richiami a Barthes, Pareyson, Eco, Jakobson, Heidegger, e facendo parlare i grandi
del jazz, a cominciare da Ellington […], l'autore analizza stile e personalità di
Django, sancendone la grandezza e modernità» (Paolo Battifora, "Il Secolo
XIX", 22 maggio 2007).
«[…] un saggio sulla figura di Reinhardt che si mantiene lontano dai facili
canoni dell'agiografia, della mitizzazione fine a se stessa, per tracciare invece
un ritratto dell'artista inserendolo nel contesto più ampio del fenomeno della musica
jazz, cogliendo per quanto possibile la complessità di una figura che ancora oggi
è una tra le più dibattute nella storia della musica» (Adriano Nolvica,
"Nadir Magazine", maggio 2007).
«Uno studio di notevole importanza, scritto con verve e con assoluto rigore»
(Roberto Iovino, "La Repubblica", 22 maggio 2007).
«Il testo di Colombo sfronda la sedimentazione di miti "agiografici" e romantici
sulla figura di Reinhardt, restituendoci un ritratto a tutto tondo dell'uomo e della
sua musica dal solido impianto scientifico» (www.jazzfest.it,
agosto 2007).
«Diverso da tutti quelli sinora pubblicati, il volume affronta la figura del
precursore del jazz europeo da una prospettiva filosofica, estetica e musicale insieme,
ricostruendone l'immagine artistica attraverso un'accurata disamina critica dell'ampia
bibliografia a lui dedicata dagli anni '30 sino ad oggi […]. Un lavoro di autentico
spessore culturale, che tende a spogliare Django del suo alone mitico riconsegnandolo,
forse ancora più grande, alla sua realtà di musicista» (Maurizio Franco,
"Musica & Dischi", ottobre 2007).
«Ma [Roberto Colombo] è anche un valido chitarrista jazz, uno che capisce
come è fatta la musica, e soprattutto capisce quella di Django, perché l'ha studiata
e perché la sa suonare. Per questo abbiamo forse per la prima volta un testo in
cui il culto di Django lascia spazio alla Cultura di Django. Non la solita biografia
più o meno romanzata, ma un saggio che finalmente va in profondità e affronta scientificamente
il caso Reinhardt, tentando seriamente di risolvere alcune annose questioni. […].
Preceduto da una toccante prefazione di
Jim Hall
[…], questo libro può diventare indispensabile non solo per i cultori di Django
e per gli amanti della chitarra, ma per tutti gli appassionati di musica e gli studiosi
di musicologia» (Sandro Di Pisa, "Guitar Club", ottobre
2007).
«[…] quest’opera […] si fa leggere in maniera molto scorrevole e
comprensibile, tanto dall’appassionato più smaliziato, che comunque farà con
grosso piacere parecchie nuove scoperte, quanto dal semplice neofita che ne
vorrà approfondire il personaggio. Colombo si dimostra molto bravo nello
sviscerare il musicista e il personaggio Django Reinhardt in un appassionato
volume di oltre trecento pagine, fitte anche di preziose testimonianze,
aneddoti, stralci di interviste e saggi, e soprattutto rare fotografie del
chitarrista» (Matteo Piazza, “Jazzit”, marzo/aprile 2008).
«In passato frutto di stucchevoli querelle, la
questione dell’appartenenza di Django all’area del jazz è sostenuta da Colombo
con solide argomentazioni di natura musicologica e culturale, oltre che da un
sostanzioso apparato storico-filosofico» (Enzo Boddi, “Musica Jazz”,
novembre 2008).
Hanno detto del libro "Django Oltre il Mito":
«Il più straordinario libro sul jazz scritto in Italia» (Adriano
Mazzoletti, Genova, 22 maggio 2007).
«Nelle trecento pagine dell'opera l'autore è puntiglioso e nitido, narra con
distacco e, insieme, con capacità di coinvolgere il lettore, miscela caldo e freddo,
passione e ragione. Immagine stessa della modestia e della discrezione, quasi l'opposto
della ostentazione… anche se questa sua ligure prudenza lascia intravvedere nell'ombra
dei suoi armadi, ancora lini preziosi e profumate lavande» (Renato Barberis,
Avigliana, 24 agosto 2007).
Per contatti e informazioni:
Roberto G. Colombo
E-mail: roolombo@libero.it
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Data ultima modifica: 21/12/2015
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