Concerto di Dave Liebman
di Francesco Genco
Ho avuto la possibilità di assistere solo al concerto finale tenuto da
Dave Liebman la sera del lunedi 14/05/2001
a conclusione del primo giorno di master class di sassofono svolte dallo stesso Dave e dal grande
Fabrice Moretti, ciascuno nel suo indirizzo stilistico, jazz il primo e classico il secondo.
La manifestazione è stata promossa e devo dire ben organizzata dall'affermato negozio di strumenti musicali
"Palladium" di Turi (Ba) in collaborazione con la
ditta Boosey&Hawkes
distributore degli omonimi e prestigiosi marchi di sassofono, molti dei quali esposti in bella mostra nella suggestiva sala con le arcate all'interno dell'antico Palazzo
Marchesale, sede dei seminari-concerti.
Devo sottolineare innanzitutto la grandiosa performance di Fabrice Moretti
(esibitosi prima di Liebman per mezz'ora) il quale, dapprima in perfetta solitudine col sax tenore e poi in alcune brevi suite in duo con pianoforte, ha mostrato una eccezionale bravura tecnico-esecutiva
con, tra l'altro, una lettura all'istante da spartito, abbinata ad una straordinaria
capacità improvvisativa e di invenzioni sonore che hanno brillantemente risolto l'antica contrapposizione tra classico e jazz (sostenuta purtroppo ancora oggi dai puristi dell'una e dell'altra sponda) nell'unico modo possibile che la musica moderna possa concepire: quello del superamento delle "etichette" in nome della
superiorità dell'arte senza pregiudizi polemici nei confronti di uno stile o di un altro, o, all'interno di uno stesso ambito musicale, tra una tendenza e un'altra.
Tale concetto è stato in effetti poi, la sera stessa, riaffermato dalla bellissima esibizione finale,
durata più di un'ora e mezza, del grande Dave Liebman. Faccio una premessa: la classe del sassofonista americano (classe 1946) ha contagiato la numerosa platea proponendo un'arte "jazzistica" "totalmente coinvolgente".
La superba timbrica del suo sax soprano, il puro distillato di suono delle sue note e il suo impareggiabile modo di esprimersi fisicamente in scena, ondeggiando il suo corpo secondo le scansioni lente o veloci dei suoi amatissimi standards, puntando e roteando il suo sax in tutte le direzioni,
così… come "rapito" sempre dalla musica, spesso seduto in modo informale ai piedi del palco, oppure reggendosi a lungo in piedi da solo, senza il sostegno delle sue abituali
stampelle, sono stati commoventi ed incancellabili dalla mia mente (… eppure di big del jazz dal vivo ne abbiamo visti davvero tanti…).
Dicevamo appunto, del sax soprano. Dopo Sidney Bechet (anni 30
- 40), John Coltrane, ed assieme a Wayne Shorter e Steve Lacy, la figura di
Dave Liebman occupa un posto fondamentale nella storia del jazz di tutti i tempi.
C'e' da dire però che Dave è stato ed è tuttora anche uno specialista del tenore col quale ha esordito negli anni '60, quelli dell'apprendistato, con personaggi del calibro di Miles, John Coltrane, Elvin Jones. E' stato poi in concerto a fianco di grossi nomi che vanno da
Sonny Rollins a Jim Hall, Chick Corea, molti musicisti della ECM, fino a Michael
Brecker, Joe Lovano, John Scofield, Pat Metheny e tanti altri spaziando dal jazz al classico al rock.
La rivista "Down Beat Publication" lo ha menzionato come
"The jazzman of reinaissance", e come colui che ha seguito percorsi di "integrity and freedom" nella musica, e di "indipendent
way".
Passiamo al concerto.
L'artista si è esibito quale "very special guest" in un organico formato dal gruppo degli "enfants terribles" del jazz pugliese, al secolo
Guido di Leone, Giuseppe
Bassi, Mimmo Campanale, Davide Santorsola, Maurizio Quintavalle
(rispettivamente alla chitarra, contrabbasso, batteria, piano e contrabbasso). Li chiamo simpaticamente
così,… sono attualmente i migliori in circolazione nel panorama della nostra regione,
nonchè seri ed apprezzati professionisti affermatisi da tempo anche in campo nazionale.
Nella prima parte, con Liebman, hanno suonato il duo chitarra-basso formato da Guido e Giuseppe.
Chi pensava, anche solo lontanamente (ed io devo ammettere…forse ero istintivamente fra questi) che i due avessero qualche timore reverenziale nei confronti di un mostro sacro che da
lì a poco avrebbe, come in effetti poi ha fatto, trascinato d'autorità l'entusiasmo della platea…ebbene si sbagliava.
I brani in successione, a partire dalla moderata "I love you" (Porter) per passare poi all'ellingtoniana struggente
"In a sentimental
mood" per finire poi alla ritmata
"Blue Bossa" (Dorham) hanno messo in luce un interplay di tutto rispetto attuato dai due "accompagnatori".
La chitarra di Guido Di Leone, forse per l'occasione, presentava un sound insolitamente
più acustico e rarefatto (piezo al ponte e solo un pizzico di pick-up al
manico?) rispetto ai registri più tradizionali della sua "ES-175" ascoltabili in altri contesti (dove aleggiano il fantasma di Wes o l'ombra di Pat, che spero Guido non voglia comunque mai evitare…); una
sonorità forse mutuata ma sempre rielaborata (e questo è un onore per Guido) da un Jim Hall d'annata. Forte di questo elemento "estetico",
egli ha saputo interagire in modo propositivo ed autonomo con le improvvisazioni di Liebman, sia nei calibrati riempimenti armonici, quando il Maestro attuava pause da estasi con note lunghissime e ad effetto "ultrasuono", sia nei gustosi assolo di chitarra che seguivano le esecuzioni dei temi da parte di Liebman (già "parafrasati", figurarsi…) e i successivi "improvvisi" (per usare un termine classico) di soprano che si risolvevano sempre in una sequenza magica e vertiginosa di suoni, in un fluire di note mai stucchevole o scontato (potenza dell'arte e…dell'esperienza).
Giuseppe Bassi, dal canto suo, ha confermato le sue ottime doti tecnico-strumentali e la decisa
personalità che lo hanno contraddistinto negli ultimi anni. Il suo contrabbasso, nella difficile veste di unico "perno" ritmico,
ha assecondato con precisione metronomica gli spunti improvvisativi di sax e chitarra, sia marcando in walking i vari "quattro" delle misure laddove suggeritogli sottilmente dal grande Dave, sia punteggiando diversamente gli spazi all'interno delle stesse,
così da creare sorprese ritmiche o dinamiche di "lento-veloce" (questo effetto si
è potuto ad es. apprezzare su "In a sentimental
mood", nei passaggi tra le sezioni A e B del brano e viceversa).
Su "Blue Bossa", suonato nel finale dal trio, bisogna riconoscere al duo Di Leone-Bassi di essere riuscito ad evitare l'insidia (presente anche per i
più esperti) di un accompaniment ripetitivo del brano. In effetti i nostri hanno supportato Liebman, con buoni contrappunti ritmici e freschezza compositiva nei soli. A tal proposito,
è stata molto bella l'interazione tra chitarra e sax nell'improvvisare in modo alternato prima ogni 4 battute e poi ogni 2.
Nella seconda parte, l'instancabile David si è esibito con una formazione diversa,
composta da Davide Santorsola (p.), Mimmo Campanale (b.), Maurizio Quintavalle
(cb.), affiatati strumentisti che hanno abilmente sostenuto Liebman in brani arcinoti ma pur sempre impegnativi nella loro "eterna bellezza" quali, in successione, "Sofltly as in a morning sunrise",
"Stella by starlight" e "All
Blues".
Su tali standard Liebman si è spontaneamente e simpaticamente ritagliato un maggior spazio da band-leader,
più congeniale forse al radicale cambio di contesto sonoro derivante dal quartetto, quasi un piccolo "ensemble" orchestrale rispetto alla formazione precedente solo con basso-chitarra.
Anche in questa situazione, i musicisti hanno mostrato sia un'ottima padronanza di mezzi ritmico-armonici nel seguire le strabilianti evoluzioni delle melodie del soprano, sia una
maturità di linguaggio espressivo mai scontato e banale nelle improvvisazioni. Il bravo
Santorsola, musicista e didatta di valore, ha svolto il suo ruolo in modo equilibrato, preciso e senza sbavature (anche se, complice forse l'emozione iniziale, avrebbe potuto "osare" qualche tocco di virtuosismo in
più che in altre occasioni ha saputo evidenziare). Lo stesso dicasi per Maurizio Quintavalle, sempre opportuno e coerente nel sostegno ritmico-armonico.
Mimmo Campanale
poi ha confermato ancora una volta il suo "drumming" fantasioso e sempre puntuale che gli ha permesso, con una certa disinvoltura, di attuare stimoli e suggerimenti poliritmici sempre apprezzati da Liebman, che a dire il vero, seguiva con ampi assensi del capo anche gli interventi solistici degli altri musicisti.
Sul finale di "All
blues", il batterista ha sospinto, all'interno di un lungo solo sax-batteria, il tempo iniziale del
6/8 in un 4/4 in "shuffle" via via sempre più trascinante e corrisposto con sincero trasporto da Liebman e dagli altri: una vera chicca di alta
professionalità ed inventiva musicale.
Lo scrosciante e prolungato applauso finale ha visibilmente soddisfatto i quattro musicisti, e dato pieno riconoscimento alla loro performance di alto livello; ho pensato in quel
momento, mentre salutavano con inchino cingendosi le spalle, che, anche senza aver provato, avrebbero potuto "incidere" la serata con un "live" di notevole valore.
Inutile ricordare che David è stato alla fine circondato da molti appassionati per congratulazioni e commenti a caldo, in uno dei quali, fatto dal sottoscritto, il maestro, sentiti ed apprezzati con
sincerità i complimenti per la sua bravura mi ha esclamato: "But the best in the world is Fabrice…":
sì, Moretti, sopra ricordato. Se lo dice lui…, ci si può fidare.
Mi piacerebbe ancora, in conclusione, citarvi un veloce ma toccante episodio (che mi ha colpito particolarmente...poi capirete
perchè): un allievo dei seminari gli ha mostrato le foto della master class tenuta un po' di anni fa a Ravenna in cui Liebman appariva al fianco di un altro grande del jazz:
Jim Hall. David le ha guardate compiaciuto e quasi leggermente commosso, ricordando con precisione ad alta voce l'anno della seduta
(1987) oltre che citando Jim Hall come uno dei musicisti jazz
più grandi del mondo, col quale "it wasn't easy to
play". Mi piacerebbe a questo punto riportarvi, qualora ne aveste voglia e piacere, al
"Seminario con Jim Hall" da me recensito nella
sezione "Io c'ero".
Un'ultimissima cosa.
Per rendersi conto di quale "mondo musicale" si celava incombente dietro la figura del maestro Liebman e di quale sorta di timore reverenziale potesse coinvolgere i nostri amici che hanno suonato (senza aver provato) con lui, vi rimando al sito dello stesso Dave
http://upbeat.com/lieb: i personaggi che appaiono con lui in concerto nella pagina
"Photo
galleries" fanno…paura.
Un caro saluto a tutti. Viva il Jazz…, e anche la musica classica. :-)
Francesco Genco
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Data pubblicazione: 06/07/2001
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