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Clock's Pointer Dance
Clock's Pointer Dance
Ur Records (2018)
1. Like a Lonely Stone
2. Pita Gyros
3. Ti Voglio Bene Pupazzo di Neve
4. Da Consumarsi
5. A Fish
6. Calle 158y51
7. Play
8. Water Ice Advice
Paolo Malacarne - trumpet, flugelhorn
Andrea 'jimmy' Catagnoli - alto sax
Andrea Baronchelli - trombone, effects
Michele Bonifati - electric guitar, effects
Filippo Sala - drums, percussion, microkorg
Clocks pointer dance è il nome di un gruppo e del disco d'esordio
di un quintetto di under 35 di origine lombarda, che debuttano su cd in una formazione
abbastanza singolare per l'assenza del basso. Il peso della proposta finisce così
sulle intersezioni e sulle confluenze fra i tre fiati, sul grosso lavoro armonico
e atmoferico della chitarra e sulla spinta, sulla cucitura rimica della batteria.
I cinque si presentano con una musica sfaccettata, in cui si riscontrano venature
rock, aromi psichedelici, suggestioni latine e approdi folk, su una base percussiva
oscillante fra il funky e il jazz contemporaneo. Siamo di fronte ad un combo che
sa esplorare svariati generi, jazzistici ed extra-jazzistici, per realizzare qualcosa
di attuale, forgiato dalla personalità dei musicisti che si dividono il compito
di autori delle otto tracce. Tre brani sono, infatti, di Filippo Sala, due di Andrea
Catagnoli, due di Michele Bonifati e uno di Andrea Baronchelli. Soltanto Paolo Malacarne
non mette la firma su alcun pezzo.
Si comincia con "Like a Lonely stone", caratterizzata da un treno ritmico insistito,
dal vociferare polifonico dei fiati e da un intermezzo in duo trombone-batteria
breve, ma penetrante. In "Pita Gyros" brilla la chitarra effettistica di Bonifati
capace di ambientare o disambientare le frasi snocciolate in rapida sequenza dai
partners, fino a svoltare in un rock piuttosto aspro, sottolineato dalle distorsioni
della sei corde. "Ti voglio bene pupazzo di neve" racchiude un tema romantico, eseguito
a turno dai tre fiati. Il plot sentimentale non dura tanto. L'incanto ad un certo
punto si spezza e i "Clock's" vanno giù pesanti con cadenze dure, heavy. Sul finale
si ritorna al punto di partenza forse per finire di decorare il pupazzo. "Da consumarsi"
è folklorica con ascendenze balcaniche e rigogliosamente danzante. " A fish" parte
maestosa per attraversare, successivamente, i marosi di un mare agitato da turbolenze
elettroniche e per concludersi su scansioni squadrate, all'interno delle quali si
eleva la tromba propositiva di Malacarne. "Calle 158y51" è un tango modificato geneticamente
lungo il suo snodarsi, con una accelerazione improvvisa e un crescendo espressivo
portato avanti dagli ottoni, che va a spegnersi nelle ultime battute. "Play" è il
brano più lungo. Ha qualcosa di bucolico nei primi sette minuti, fra i morbidi arpeggi
della chitarra ed un tema malinconico dettato dalla front-line. Nel suo svolgersi,
si possono apprezzare soli ispirati di tromba e sax alto, mentre la batteria entra
in azione nell'ultima sequenza, quando si sale di ritmo e di temperatura. Si chiude
con "Water ice Advice", della durata di un minuto, una scheggia motivica condotta
alla garibaldina da tutto il gruppo, che va a briglia sciolta fino allo stop. "Clock's
pointer dance" è una formazione con gli occhi e le orecchie bene aperti sul sound
interplanetario di oggi, in grado di produrre un jazz fresco e vitale non legato
alla riproposizione di un repertorio usurato dalla consuetudine, ma composto ad
hoc, rivelando, come evidenziato, una visione di sintesi ad ampio raggio tutt'altro
che scontata.
Gianni Montano per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 18/08/2019
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