"Il musicista nero prende il suo strumento
e soffia dei suoni che non aveva mai pensato prima.
Egli improvvisa, crea e trasforma ciò che gli viene
dalla sua interiorità. E' la sua anima, è la musica
della sua anima" - Malcolm X
In conclusione, possiamo affermare con Baraka che, qualunque sia
il suo genere, il musicista nero possiede "l'innata capacità di trasformare l'agonia
quotidiana delle esperienze del suo pubblico in forme sopportabili e dense di significato"
[1]. Sicuramente è anche questa una conseguenza
dell'antico sistema di tecnica di canto antifonale, dove, con il Call and Response
si viene a creare una sorta di simbiosi tra il musicista ed il suo pubblico, come,
appunto, tra il solista ed il coro. In questo scambio continuo, che avviene sul
‘territorio' comune che accomuna tutti gli afro-americani sotto il concetto di
soul, e che è quello che i cantanti rhythm n'blues chiamano feeling,
o i jazzisti chiamano jiving, risiede la forza vitale della black music.
Nell'incarnare l'anima sofferente di una razza, il musicista nero tratta
con antica sensibilità i temi che, in fondo, possono benissimo essere considerati
come i grandi temi dell'umanità: la libertà, la voglia di un'identità, l'amore,
la morte, l'amicizia, il dolore, Dio, la Patria.
I modi di usare e organizzare la sua materia, in questo caso i suoni,
sono però subito stati rivestiti di un certo grado di eccentricità e di singolarità,
individuabili proprio come modi nero-americani di trattare il suono. Per questo
motivo lo studiare, il suonare o semplicemente l'ascoltare la musica afro-americana
non è mai soltanto un divertimento o una distrazione, perché è come leggere un pezzo
di vita di un intero popolo. Il suo messaggio, dato dall'interazione tra musicista
e il suo pubblico, dà alla luce la Black Nation.
Questo aspetto, fondamentale per comprendere l'essenza della Black
Music, è stato determinante affinché il jazz potesse restare un'arte
essenzialmente autonoma: sia il musicista che il pubblico afro-americano trovano
e hanno trovato le loro ‘soddisfazioni' culturali quasi esclusivamente nell'ambito
della musica: "il musicista nero produce in mezzo al suo popolo e per il popolo,
e di ciò è fatta la sua musica." [2]
Il musicista nero agisce quindi come una specie di guida spirituale sulla
sua gente, e abbiamo visto che figure di grandi jazzmen come Charlie Parker
o John Coltrane
sono state prese, da parte di scrittori, poeti e registi
[3] afro-americani, molto spesso come esempio di espressione di
un'attitudine 'nera' di fronte al mondo.
Il bluesman, il jazzman, il rapper, sono artisti
che sacrificano qualsiasi cosa per poter creare la loro arte. Da qui l'immagine
del jazz hero, e cioè dell'eroe-musicista che, attraverso la sua musica,
riesce spesso a superare i propri problemi, o per lo meno riesce come minimo ad
aggirarli nell'evocazione di esperienze e sentimenti ancestrali
[4].
Per Albert Murray [5] l'eroe
principale è stato Duke Ellington, che, traendo spunto dalla sua stessa vita
e della sua gente, si è adoperato per il miglioramento della comunità: Ellington
ha passato praticamente tutta la vita in tournée, ed è stato l'inventore
del medley, e cioè della tecnica di mischiare insieme nella stessa esecuzione
vecchi successi con nuove composizioni. Ma nel corso di 250 anni di cultura afro-americana,
le figure eroiche della black music, in tutte le sue sfaccettature, sono
state tante e diverse. Bessie Smith,
John Coltrane,
Charlie Parker, Miles Davis, Dizzie Gillespie,
James Brown,
Stevie Wonder, Jimi Hendrix, Ray Charles, e quanti ancora:
questi, forse più di molti altri, sono stati gli eroi di un popolo che ha vissuto
in stato di schiavitù e segregazione fino a poco tempo fa, e che è riuscito a farsi
portavoce di angosce, paure e disperazioni che possono essere ritrovate nelle esperienze
comuni a tutti gli uomini.
Le angosce, la paura e la disperazione vengono sopraffatte dalla volontà
di questi musicisti di unirsi ad altri suonatori per interagire con loro. Questo
è il potere della vitalità e della spontaneità della Black Music, una musica
‘popolare' che riesce però ad attraversare gli animi e superare anche i confini
culturali tra i diversi popoli [6], che riesce
a fare comunicare tra di loro anche delle persone che si incontrano su di un palco
senza mai essersi parlate prima (la forza magica della jam session), e che
si scambiano visioni ed esperienze che, anche se soltanto personali, sono facilmente
riconoscibili..
Entrando nel regno dell'inconscio, i musicisti e i poeti afro-americani
riescono ad esprimere il dolore e l'angoscia di tutta la razza cui appartengono,
facendo così una musica ed una poesia che è collettiva.
Riuscendo ad armonizzare il caos della vita usando termini specificatamente
neri, il jazz-hero rappresenta quindi una sorta di sacerdote "orfico" che
insegna e riafferma i principi fondamentali della sopravvivenza nera, e che, come
nel mito greco di Orfeo, si trova a combattere contro le avversità a cui la propria
vita lo sottopone, armato soltanto del suo suono.
Orfeo, figlio di Apollo e Calliope, è l'unico eroe mitologico dell'antica
Grecia che combatteva senza spada e senza strage. Con il suo canto e con gli accordi
della sua lira egli riusciva a parlare alle fiere selvagge, a sradicare alberi,
a muovere le navi in assenza di vento, a sconfiggere orribili draghi, e a fare innamorare
ninfe e fanciulle di ogni tipo, riuscendo persino ad incantare le temutissime sirene.
Dopo numerose peripezie (tra cui la missione degli Argonauti e la discesa agli inferi,
dove riuscì a commuovere Plutone e Proserpina che acconsentirono a ridargli Euridice,
che però perse perché si girò per la curiosità di vederla, nonostante il dio degli
Inferi gliel'avesse proibito) fu ucciso dalle Menadi, che ne lacerarono il corpo.
I suoi resti furono raccolti dalle Ninfe, ma la sua testa e la sua Lira caddero
nel fiume Ebro che le portò in mare, e, trasportate dalle onde, arrivarono fino
alle rive dell'isola di Lesbo, in cui è nata la poesia
[7].
Noi, con questa veloce ma, speriamo, abbastanza esaustiva panoramica sulle
radicate relazioni fra musica e poesia ‘nere', in conclusione, potremmo forse osare
nell'affermare che la nascita e il consolidamento a livello nazionale ed internazionale
di una poesia e, più in generale, di una letteratura afro-americana che contenesse
in sé quegli elementi storico-culturali che fossero espressione di una comunità,
abbia, in qualche modo, fatto il medesimo percorso ‘mitologico' della storia di
Orfeo: così come l'eroe greco, l'eroe afro-americano ha dovuto vincere molte battaglie,
soprattutto interiori, con l'Arte della musica, armato soltanto del suo suono.
La lirica musicale dei neri d'America va posta, quindi, sicuramente alla
base della poetica e della cultura di un popolo che, in questo modo, non solo ha
ritrovato le proprie radici e la forza per esprimere se stesso, ma ha anche dato
un esempio ed una ‘lezione' spirituale ai bianchi d'America e al mondo intero.
[1] - K.W.Benston, Baraka, New Heaven and London, New York,
1976.
[2] - Philippe Carles-Jean Louis Comolli, Free Jazz, Black Power, op.cit.
[3] - Sin dagli anni '30 è numerosissima la filmografia jazz e non solo americana.
[4] - Andrèe Breton osservò il carattere surrealista dei musicisti e dei poeti neri
americani, per il loro deliberato disprezzo verso la realtà oggettiva e razionale,
e i continui tentativi di penetrare fino ai più profondi strati del subconscio,
per far derivare dall'assurdo e dall'irreale, spontaneamente, le immagini di una
pura poesia.
[5] - Albert Murray, The Hero And The Blues, University of Missouri Press, Columbia,
1973.
[6] - Tutta la musica nera, e non solo quella dell'america del Nord, è sbarcata
sin dagli anni '20 in Europa, e poi negli altri continenti. La moda delle dance-halls
di quegli anni, e poi l'atteggiamento spesso provocatorio degli hipsters degli anni
'50, il carattere bohemienne dei musicisti neri, i significati sociali dell'hip-hop
hanno sempre più influenzato sia il mondo occidentale che quello orientale (Giappone).
[7] - La storia di Orfeo è raccontata da Ovidio nelle Metamorfosi.
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Data pubblicazione: 26/12/2006
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