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INDICE LEZIONI
 

Jazz Poetry
"LIRICA MUSICALE E POETICA AFRO-AMERICANE"
Cap. 2 Fasi di Storia della musica nera negli USA
di David Treggiari
davidtreggiari@libero.it

 
"Per me il jazz è una delle espressioni naturali della vita del nero in America; l'eterno battito del tam-tam nel cuore negro; il tam-tam della rivolta contro la stanchezza che si prova in un mondo bianco, un mondo fatto di metropolitane e di lavoro, di lavoro e ancora di lavoro; il tam-tam della gioia e delle risate, del dolore che, come in un gioco di prestigio, scompare dietro un sorriso"
Langston Hughes

(1 feb 1902 - 22 mag 1967)

LANGSTON HUGHES: The Weary Blues (MP3 364KB)
NIKKI GIOVANNI: For Langston Hughes (MP3 767KB)

In condizione ancora di schiavo, l'Afro-americano aveva poche possibilità di crescere culturalmente. Anche la sua musica, finché non si "emancipa", si sviluppa lentamente, rimanendo per lungo tempo solo come forma di canto legata al lavoro nei campi (work songs). Sono sorprendenti sia il senso di rassegnazione che l'eccessivo tono di gioia e spensieratezza che emerge da questi canti. I work songs sono ancora canti assolutamente privi di senso critico o di segni di intolleranza e ribellione verso lo stato di schiavitù in cui si trovava l'afro-americano. Servivano soprattutto per l'entertainment, il divertimento, tutti significati che saranno poi sintetizzati nelle parola jazz.

Contemporaneamente le chiese rimanevano il centro principale di vita sociale dei neri, e in esse si sviluppava gradualmente il genere gospel e i così detti spirituals, inni che, oltre ad esprimere la speranza in una vita migliore nell'Aldilà, contengono in sé anche accenni alle condizioni terribili della vita da schiavi.

Quando a sera il chitarrista-schiavo si ritirava nella capanna, suonava il suo blues. Diversamente agli spirituals [1], il blues non mostra chiare e precise origini, ed ha avuto uno sviluppo per molto tempo sotterraneo. Questo è dovuto appunto al fatto che il blues è essenzialmente un canto individuale, una sorta di monologo interiore, denso di significati con allusioni spesso oscene e dal tono melanconico[2]: Il tipico bluesman è, infatti, un vagabondo, uno schiavo affrancato o libero che emigra al Nord[3], e non per caso i primi blues celebri risalgono al periodo della Civil War.

Se prima della Guerra Civile la posizione del nero era soltanto quella di sottomesso, dopo di essa costituirà per lo più un paradosso: emancipati soltanto nel 1863 [4], gli ex-schiavi furono costretti ad assimilare i modi e gli usi della cultura ufficiale in brevissimo tempo, formando da subito una classe a parte.

Per ancora un secolo il nero fu tenuto lontano dalla vita pubblica e, in un certo senso, segregato: nel Sud nelle campagne, nel Nord nel ghetto metropolitano[5]. La differenziazione sociale, negando al nero ogni sbocco politico, contribuì a preservare una peculiare uniformità di costumi che intensificò, in un certo modo, certe espressioni linguistiche e comportamentali, riempendole di volta in volta di nuovi significati. Si creò però un grande vuoto culturale, quando gli afro-americani, prendendo coscienza della propria identità grazie alla vita comunitaria sviluppatasi nei ghetti delle grandi città, si trovarono bloccati nel mezzo di una vera emancipazione in quella che l'intellettuale W.E.Dubois (William Edward Burghardt DuBois: Great Barrington, Massachusetts, 23 feb 1868 - Accra, Ghana, 27 ago 1963) ha ben definito twoness[6]: si sentirono cioè come sospesi tra la perdita graduale e quasi obbligata delle proprie tradizioni e l'impossibilità di riuscire in una vera integrazione. Oltre a ciò, bisogna sottolineare anche il fatto che la creatività del nero americano è rimasta per molto tempo allo stato potenziale a causa della sua scarsa e tardiva alfabetizzazione [7]. All'inizio della prima guerra mondiale l'America era ancora sostanzialmente una provincia culturale dell'Europa, ma il nero, proprio perché isolato, non subì quell'influenza. Se questo fattore ha contribuito a mantenere vivo il carattere di spontaneità che contraddistingue la cultura afro-americana, ha anche però lasciato tutto il materiale a disposizione degli altri. I neri furono costretti ad inventarsi un loro codice di vita e di linguaggio, e il senso di razza divenne più forte di quello della nazionalità. Si affermò quindi il dialetto, cioè la famosa  parlata negra[8], che rimarrà per molto tempo il fattore primario della poesia nera.

Questo carattere esotico della parlata negra sarà oggetto di numerose caricature, dando vita ai così detti Minstrels Shows. Il ritratto ideale del nero fu diffuso dai bianchi a partire dalla fine del XVIII secolo, quando intraprendenti autori e agenti teatrali che videro nella figura del nero una fonte di guadagno [9], dipingendolo come un "menestrello" sempre allegro il cui ruolo era essenzialmente quello di divertire e compiacere il pubblico di bianchi. Thomas Dartmouth "Daddy" Rice (Louisville, KY, 1808-1860), di origine irlandese, divenne il padre dei Minstrels lanciando il "ballo di Jim Crow". Si moltiplicarono allora le occasioni di derisione del nero, che veniva ormai definito con una enorme quantità di nomignoli e soprannomi [10]. Lo stesso termine Jim Crow fu usato per definire i neri, e infine il razzismo stesso. Questo fenomeno è stato il primo perfetto esempio di colonizzazione culturale ed economica della musica, della danza e del canto nero, precedendo il trionfo dei jazzmen bianchi del XX secolo a discapito dei neri.

Analogamente ai bianchi, anche i neri organizzarono i loro spettacoli di Minstrels. Nei Minstrels neri nacquero alcuni passi di danza destinati anch'essi a diventare famosi più tardi grazie a ballerini bianchi (Fred Astaire & Gene Kelly fra tutti): la tap dance e la clog dance.

Le produzioni musicali dei neri ebbero però soltanto un ristretto pubblico perché vennero accusate dai bianchi di essere "oscene" ed "immorali"[11]. Escluso qualche "appassionato", raramente i bianchi andavano agli spettacoli musicali dei neri fatti dai neri, almeno fino agli anni '50.

Con Booker "Taliaferro" Washington (1856-1915) e W.E.Dubois inizia in quel periodo il dibattito ideologico degli intellettuali afro-americani, che rimarranno in seguito sostanzialmente divisi tra moderatismo e rivendicazione. La formazione di una classe borghese nera permise di fare emergere dei leaders in grado di trattare coi bianchi con "competenza e senso di responsabilità" (B.T.Washington)[12], oppure come "l'avanguardia di una classe che può modernizzare la comunità nera" (W.E.Dubois) [13].
Nacquero diverse associazioni e movimenti
[14], soprattutto nel Nord: la più eclatante fu la Universal Negro Improvement Association (UNIA) di Marcus Garvey (St. Ann's Bay, Jamaica, 17 ago 1887 - West Kensington, 10 giu 1940) [15], che predicò il ritorno in Africa di tutti i neri deportati nelle Americhe, contribuendo all'utopica formazione di uno stato africano, la Liberia, la cui popolazione sarebbe stata formata soltanto da ex schiavi. Sono questi i veri primi sintomi di autodeterminazione, di ricerca di una propria identità culturale da parte degli intellettuali afro-americani.

Tutto questo avveniva però quando ormai la Black Music, sull'eco dei suoni che provenivano da New Orleans, stava entrando prepotentemente negli usi e costumi di tutti gli americani.

All'inizio del XX secolo, preannunciando quello che poi sarebbe successo in tutte le grandi città del Nord, New Orleans, che può considerarsi la culla del Jazz, era un fenomenale miscuglio di razze, classi sociali e culture: contadini di lingua francese, spagnola e inglese; immigrati di origine italiana, tedesca e slava; piccoli borghesi e manovalanza nera; mulatti afro-inglesi e creoli. Questi ultimi, più di tutti, andarono letteralmente in crisi quando, avendo già raggiunto un certo livello economico e lo status borghese, con le leggi Jim Crow si videro associati ai neri. Essi si trovarono quindi, più dei neri, ad incarnare quella twoness di cui parla Dubois, e furono loro i primi ad "esportare" il Jazz verso il mondo bianco, e i suoi interessi economici: ciò che al principio era definita una musica "maledetta" (la si suonava in luoghi malfamati e bordelli) si trasformò nella musica da ballo più rivoluzionaria della storia dell'umanità, che piano piano appassionò tutti rivelando di avere enormi potenzialità commerciali [16].

Dopo la Prima Guerra Mondiale il Jazz diviene parte della vita di ogni americano metropolitano, e su di esso i poeti e gli intellettuali di colore iniziano anche un lungo e mai esaustivo dibattito, che si sviluppa di pari passo con l'evoluzione dell'ideologia. Così la divisione intellettuale tra integrazione e separatismo si manifesta anche in ambito musicale creando una divisione ideologica tra i due grandi musicisti neri, i più acclamati del periodo: Louis Armstrong e Duke Ellington.

Armstrong [17], impersonificando il "buonismo" e la gioia di vivere, si impone come il perfetto esempio di "negro" che l'America bianca vorrebbe, e viene preso come esempio dei precetti di Booker T. Washington, perché si industria di piacere sia al pubblico bianco che a quello nero; Duke Ellington[18], leader della più famosa orchestra Jazz con elementi tutti di colore, viene preso invece come simbolo di un sentimento più duro nei confronti dei bianchi e della cultura ufficiale, e si ricollega quindi alla corrente di Garvey. Egli suona in giro per l'America, e poi anche in Europa, ma la sua base rimarrà sempre Harlem. La sua musica è esotica, e la sua orchestra fa largo uso di strumenti rievocativi e suoni imitativi della giungla: Ellington rappresenta e reinterpreta l'ambiente africano.

Il mondo della Black Music, pur fondendosi con gli strumenti e i balli [19] del mondo occidentale, è stato sempre autonomo perché, sin dalle sue origini, sia  musicisti che pubblico riuscivano a trarre soddisfazione culturale quasi esclusivamente nell'ambito della loro musica, che è riuscita malgrado ciò a produrre artisti capaci di parlare con grande espressività a tutto il mondo.

Il prototipo fondamentale per il liricismo e l'espressione di una grande profondità emozionale per lo scrittore afro-americano è da ricercare quindi nel folk-cry [20], negli spirituals[21], e nel blues, in quanto discipline profondamente verbali inserite nella magnificenza della musica.



Questo dibattito, apertosi durante la Jazz Age, a cavallo tra le due guerre, si è sviluppato dividendosi sin dall'inizio in due correnti: folkloristica-etnomusicale, e culturale-storica. I critici della prima corrente hanno senz'altro individuato i modelli formali delle stanze del Blues definendone i parametri storici e formali, ma non hanno saputo cogliere il cuore del Blues, il suo "pathos".

Il primo a farlo fu uno tra i più grandi poeti afro-americani, Langston Hughes, che non attinse dal folklore, ma come le blue singers[22] creò Blues catturandone l'ethos, di origine rurale, e attualizzandolo alla modernità di Harlem e di tutto il mondo dei neri americani.

Il tumultuoso evolversi del Jazz, e il contemporaneo sotterraneo sviluppo del Blues [23], con i loro intrinsechi significati etnico-culturali, appassionano così i poeti afro-americani, che iniziano a delineare anche una storia della loro poesia e delle sue origini. Il periodo del Harlem Reinassance fu un esplosione di musica, poesia e sviluppo intellettuale per il nero americano e per l'America intera, e Harlem, il famoso quartiere nero di New York e la più grande città nera d'America, divenne il fulcro dell'attività intellettuale afro-americana. I poeti  e gli scrittori neri, dal Harlem Reinassance in poi, tutti legati dall'orgoglio razziale, hanno cercato di ritrovare le proprie origini usando la musicalità del loro popolo, rappresentandone sulla carta forma e stili, ma soprattutto cercando di coglierne il feeling, cioè quelle caratteristiche rituali e funzionali della musica universalmente riconosciute.

Dopo 250 anni di schiavitù ed emarginazione, finalmente la musica e la poesia nera cominciarono ad avere un posto al sole. Ma la situazione razziale americana era destinata a complicarsi.

La recessione dovuta alla crisi del'29 colpì anche le classi più povere, e dilagò la disoccupazione. In questo periodo si organizzarono le masse operaie e acquistarono forza i sindacati [24]; scoppiarono anche diverse sommosse nei ghetti neri delle più grandi città statunitensi [25] (famose quelle dell'estate del '43), e soltanto con l'entrata in guerra degli Stati Uniti si riuscì a risolvere momentaneamente il problema. I neri vennero arruolati e portati in Europa a combattere, creando così il paradosso di un'America che andò a combattere il razzismo hitleriano con un esercito intriso di razzismo.

La Black Music conobbe un periodo di stallo, perché ormai, anche se crescevano le orchestre nere, il jazzman si era venuto a trovare troppo legato dagli arrangiamenti e dalle strutture obbligate delle composizioni orchestrali dei neri "liberali", le quali toglievano molto spazio all'improvvisazione, riducendo il ruolo del musicista ad un mero esecutore.

Fu a Kansas City, in seguito ad un vero e proprio esodo di afro-americani [26], che si verificarono i nuovi fermenti musicali: nascono il boogie-woogie e, con l'avvento dei primi strumenti elettrici, il rhythm'n'blues, da cui prenderà spunto anni dopo il rock'n'roll, trasposizione pianistica del blues, e con Jimmy Rushing (Oklahoma City, 26 ago 1903 - 8 giu 1972) si riafferma lo shout nel canto. A Kansas City, Charlie Parker iniziò a lavorare ad un rinnovamento formale della musica nera, dimostrando che il blues può persistere nei contesti ritmici più diversi. Il blues viene rivitalizzato, e il musicista ritorna alle radici socio-culturali della propria musica.

Nasce così negli anni '40, il Be-Bop, il genere che permetterà ai neri di superare le convenzioni imposte dall'industria bianca. Il Jazz viene stravolto, e anche i classici e gli standards vengono reinterpretati con alterazioni armoniche e spesso anche con atteggiamenti provocatori verso il pubblico [27]. L'obiettivo dei Boopers è quello non dichiarato di costringere i bianchi ad amare o odiare la Black Music, andando oltre il semplicistico concetto di svago del Jazz che aveva preso ormai piede da troppo tempo.

Con Parker si afferma l'immagine di un musicista di colore meritevole di stima e persino tragico, e si sostituisce la figura del jazzman divertente con quella dell'artista introverso ed incompreso. E' il primo tentativo di "disoccidentalizzazione" della Black Music: anche la voce non viene usata più melodicamente o per cantare, ma per lo più cerca di imitare gli strumenti. Con Dizzy Gillespie [28], infine, anche quell'immagine del nero buono, ingenuo, simpatico buffone involontario data da Armstrong, viene stravolta in quella di un musicista nero eccentrico, anticonformista, misterioso e spesso drogato.

Sono gli anni in cui si formano le grandi figure della protesta nera come Martin Luther King (Atlanta, Georgia, 15 gen 1929 - Memphis, 4 apr 1968) e Malcolm X (El-Hajj Malik El-Shabazz: Omaha, Neb, 19 mag 1925  - New York, 21 feb 1965), ma anche gli anni in cui pubblicano i propri saggi e romanzi autori come Richard Wright e Ralph Ellison, il cui tema dominante è quello dell'alienazione, la non-esistenza dell'uomo di colore nella società americana [29]. Si ripudiò allora tutto ciò che fosse bianco e legato alla cultura occidentale, valorizzando il nero e l'Africa: in nome di un nazionalismo nero si abbandonò la religione ufficiale, quella cattolica, con l'accusa di essere uno strumento del capitalismo, per aderire in massa al Verbo dell'Islam. L'idea dei Black Muslims di inserire una X al posto del proprio cognome (derivato dai bianchi) esprime proprio questa sensazione di "invisibilità" e di inesistenza. I Muslims si rifiutarono, tra l'altro, di arruolarsi nell'esercito americano. Il loro leader ed ideologo Elijah Muhammad (Sandersville, Ga., 7 ott 1897 - Chicago, 25 feb 1975) (Robert Poole) divenne il nuovo eroe delle masse nere, e si moltiplicarono le moschee nelle città americane. Il suo esempio fu seguito da celebri personaggi afro-americani appartenenti al mondo della cultura e dello sport come Leroy Jones (Amiri Imanu Baraka), Malcolm Little (Malcolm X), Cassius Clay (Mohammed Alì).

In America dilaga il sentimento anti-comunista e si giunge alla guerra fredda. Ormai gli Stati Uniti diventano sempre più una società multirazziale, continuando inesauribile quel flusso di immigrazione iniziato al principio del secolo (e non ancora terminato) da tutto il mondo e di tutte le razze e colori. Gli americani bianchi temono però una coalizione neri-comunisti.

Intanto il Jazz subisce una nuova trasformazione: con l'uscita del disco Birth of the Cool (1950) di Miles Davis si dà inizio alla fase cool [30]. Il periodo cool vede il suo centro in California, a Los Angeles, sulla scia del grande richiamo operato da Hollywood, e vede emergere al fianco dei "mostri sacri" di colore anche notevoli figure di solisti e musicisti bianchi [31]. Contemporaneamente, con lo sviluppo e la diffusione delle tecnologie, non ultima la televisione, si afferma anche una Black Music più facile e commerciale, perché legata ancora una volta al ballo e alle imprevedibili qualità vocali dei neri. La Soul Music e il Rhythm‘n'Blues si affermano dapprima presso un pubblico di soli neri, per poi arrivare prepotentemente anche in Europa, con decine e decine di canzoni tradotte e reinterpretate da cantanti europei [32]. Oltre al ritmo frenetico e ballabile, la sfrontatezza e l'immoralità dei suoi contenuti [33] cominciano a interessare e "divertire" il pubblico bianco, anche se sempre in maniera molto pittoresca.

Cominciano ad affermarsi cantanti, soprattutto donne, provenienti da chiese e cori Gospel e si assiste ad una generale rivalutazione del Blues, il cui flusso sotterraneo comincia ad affiorare denso di significati profondi. Il Blues, metafora musicale tra ciò che al nero è sempre stato imposto e ciò che il nero stesso riesce nel tempo stesso a superare o a rifiutare, periodicamente riappare portando nuovi movimenti e sconvolgimenti alla musica nera, con più o meno rabbia, o forza, o spensieratezza, secondo quali avvenimenti socio-politici deve affrontare il popolo afro-americano nel suo cammino verso l'acquisizione di una propria identità. Mentre il Rhythm ‘n' Blues riporta i neri nelle sale da ballo e si contrappone alla raffinatezza cool, che mano a mano diventerà sempre più musica Jazz bianca [34], la Soul Music [35], non a caso contemporanea alla politica della non violenza e al verbo evangelico di Martin Luther King, si fa portavoce di una conflittualità dello spirito, ancora di un dualismo tra la sacralità gospel e il materialismo blues, trovando in Ray Charles (Ray Charles Robinson: Albany, Georgia, 23 set 1930), nero, cieco e drogato, il personaggio che rivestirà il ruolo che fu di Bessie Smith e Billie Holiday.

La lotta per l'integrazione di Martin Luther King fa appello a valori umanitari e nobili, alla democrazia come valore universale per tutti i popoli, e si esplica nelle forme di una civile protesta non-violenta.

Con Malcolm X [36], invece, si accentua la frattura con gli integrazionalisti e l'elìte borghese nera: il compito del leader non è solo quello di "trattare" coi bianchi, ma anche quello di lottare contro la falsa ideologia che domina gli stessi neri. Lo sforzo deve essere innanzitutto quello di costruire un nazionalismo culturale afro-americano, definire l'idea di Black Beauty e rivendicare al mondo il Black Power [37].

L'espressione artistica diventa ad un tratto più dura, spesso intransigente, dominata da derisione e odio per tutto ciò che viene giudicato non propriamente "nero", contro la colonizzazione culturale ed economica da parte del mondo occidentale dei valori propri degli afro-americani: la terra delle origini non è più rievocazione nostalgico-esotica, ma impone la radicalizzazione di uno stile di vita africano che non può più mascherarsi. E' il momento Free [38] dell'arte nera che in musica si traduce in assoluta libertà dagli schemi strutturali: l'unica regola possibile è quella dell'improvvisazione, dello spirito della jam session, del feeling. I musicisti free sono tutti solisti e suonano con la consapevolezza di poter operare sul piano estetico ed umano e di esprimere tensioni sociali legate ai movimenti di liberazione e a forze rivoluzionarie. Canti, suoni e poesie nascono da ogni pretesto e anche musicisti, come Archie Shepp, compongono poesie free, e si susseguono opere di poeti, come Leroy Jones [39], affiancati dai poeti (bianchi) della Beat Generation, scritte o recitate con sfondi musicali free [40].

Gli ultimi anni del decennio furono densi di fermenti rivoluzionari [41] che culminarono in una esplosione di nazionalismo e rabbia dopo l'uccisione di Martin Luther King nell'aprile 1968.

E' in questi anni comunque che si delinea e si costruisce l'idea di Black Aesthetic [42] in cui si articolano e si contestualizzano le teorie della Black Art: Le opere di scrittori come Alain Locke (Alain LeRoy Locke: Philadelphia, 13 set 1885 - Washington, D.C., 1954), W.E.B. DuBois, Langston Hughes costituiranno le radici del movimento, venendo questi innalzati a pionieri di una estetica "nera" che risiede nella soul che solo il popolo nero può avere in quanto tale, quel feeling sottile che unisce emozionalmente e spiritualmente musica, poesia, danza, teatro e la vita stessa del nero americano.

Nel Marzo del 1965, subito dopo l'assassinio di Malcolm X, Leroy Jones si trasferì a Harlem insieme ad un gruppo di intellettuali: questo evento sancì la nascita del Black Arts Movement [43], che prese corpo con l'adesione di un gruppo di giovani poeti neri di New York che formarono il gruppo dell'Umbra Workshop producendo la rivista Umbra Magazine, dove si formarono le voci radicali di poeti che intendevano distinguersi e equipararsi all'establishment letterario bianco-occidentale. Nella sua poesia Black Art (1967) [44], che divenne subito il manifesto letterario del Black Arts Movement, Jones declama "we want poems that kill", una espressione non troppo metaforica che riflette bene la tensione di quegli anni in cui il nazionalismo nero si andava trasformando in separatismo, e dove la lotta armata veniva vista non solo come legittima, ma spesso come l'unico mezzo adatto a raggiungere la libertà [45]. L'artista afro-americano era soprattutto un'attivista responsabile della formazione di orchestre, gruppi teatrali e di studio formati esclusivamente da neri [46].

La letteratura era quasi sempre scritta in dialetto e quasi sempre aveva un soggetto politico.

Il declino del Black Arts Movement iniziò però presto, già nel 1974, quando fu smantellata l'organizzazione del Black Power, con la messa a bando da parte del governo americano di diverse organizzazioni politiche nere, ad iniziare dalle frange armate delle Black Panther [47]. Molti leaders attivisti furono sostituiti da amministratori non proprio concordi con l'orientamento precedente dei loro movimenti politici.

Sebbene l'attività del Black Arts Movement continuò sino agli anni '80, effettivamente essa trovò sempre meno spazio sulla scena culturale americana, ma comunque seminò non poco. Il suo enfatizzare l'estetica nera attraverso il linguaggio, il discorso, lo speech (insistendo particolarmente sull'accento della parlata nera), la musica e la performance del poeta sul palco con i musicisti, trovò poi un seguito deciso e "rivoluzionario" nell'avvento del Rap [48] e del fenomeno dell'Hip-Hop, movimento artistico contemporaneo, nato e sviluppatosi negli Stati Uniti come ulteriore momento di reazione all'emarginazione e al disagio della comunità afro-americana.

Il Rap è una forma espressiva che discende dalla tradizione orale della poesia africana, dal toast [49] e da tutte quelle "acrobazie" verbali [50] e dall'uso poetico del linguaggio caratteristico della comunità afro-americana.[51]

L'Hip-Hop è danza, pittura, musica e poesia, è il linguaggio di una generazione, che molto spesso viene dalla strada, che vuol far sentire la propria presenza imponendosi, abbattendo le frontiere, gli spazi angusti e la mancanza di confronto. L'energia positiva della filosofia Hip-Hop la si trova in tutte le sue espressioni: l'Aerosol Writing (l'arte, che, con vernici spray, permette di creare graffiti e murales), la Breaking (l'arte della break dance), la Deejaying (l'arte di produrre musica usando, come veri e propri strumenti musicali, due giradischi ed un mixer) e l'MC (l'arte in cui il Master of Ceremonies, "rappando", ovvero improvvisando in rima a ritmo, intrattiene il pubblico).

L'Hip-Hop, divenuto ormai un fenomeno di cultura giovanile in tutto il mondo, è nato sicuramente come voce della gioventù di colore
[52], perché dà l'opportunità di esprimere sé stessi liberamente, per il fatto che, essendo un'arte verbale, rimane facilmente accessibile a chiunque dal momento che non si è costretti a spendere denaro in lezioni o per comperare costosi strumenti. L'Hip-Hop rispecchia una generazione la cui cultura è turbata da disagi sociale che sfocia spesso in violenza tra le strade urbane e suburbane delle metropoli americane, una generazione che canta, recita e spesso parla di politica su musica ballabile. E' un movimento che è molto legato allo sviluppo della tecnologia [53], che, ancora una volta, ha creato un grande giro d'affari, questa volta però con molti neri a farla un po' anche da padroni: il business dell'hip-hop è infatti fatto e sostenuto da molti produttori e discografici afroamericani. Le storie "raccontate" dai rappers sono patologicamente storie orribili, storie che esprimono un forte disagio e malessere sociale, espressione di violenza e quant'altro succeda tra le gang [54] giovanili e nel loro complicato rapporto con la polizia americana.
E' una forma d'arte dalle forti implicazioni politiche e sociali che l'industria, ancora una volta, tende a stereotipizzare ricreando la solita immagine del nero sbandato, drogato e violento. La morte in uno scontro a fuoco a soli 25 anni di uno dei più famosi rappers, Shakur Tupac
(Brooklyn, NY, 16 giu 1971 - Las Vegas, NV, 13 set 1996), è venuta così ad essere l'emblema di una mistura di energia, esuberanza, arroganza, follia, a metà tra arte e vita [55].

Il Rap insieme alla musica contemporanea nata da esso, combina globalmente la storia della cultura musicale afro-americana con significati politici e sociali. Molti poeti di adesso, oltre la "penna", hanno anche il microfono [56], e spesso, soprattutto i più giovani, partecipano a registrazioni o sono essi stessi dei rappers.

Questo fenomeno, che riconduce l'esperienza del poeta nero sulle stesse tracce del musicista, succede ormai non soltanto negli Stati Uniti, ma anche in Giamaica, in Brasile, a Cuba, in Inghilterra, in Francia e in altri paesi dove vi sono grandi comunità di neri.

Il mondo della Spoken Poetry è ormai un fenomeno culturale mondiale, dalle lontani radici africane, i cui ingredienti essenziali, africani anch'essi, formano nella giusta mistura il soulful verse, nella fusione funzionale tra ritmo e rime, nella forza dell'improvvisazione, che richiede un forte punto di vista e che elettrifica l'audience quando il "poeta" canta o recita.

Concludendo questa breve escursione cronologica dello sviluppo e dell'evoluzione della musica afro-americana, possiamo affermare che dai work songs al rock'n'roll, dal jazz all'hip-hop, il canto quale forma d'espressione individuale, con le sue diverse manifestazioni e la sua duttilità, è stato l'elemento fondamentale che ha assicurato la continuità della musica nera conservandone il ruolo di testimonianza del contesto sociale. Questo grazie alla forma duratura e sotterranea dello spirito unificante i diversi generi musicali afro-americani: il blues.


[1] - Per una più approfondita analisi degli spirituals, come anche del blues, vedi il Cap. 4 di questa tesi.
[2] - I feel blue – Mi sento triste, melanconico- Il termine blue sta proprio a significare questo stato d'animo.
[3] - Il tema del viaggio è spesso ricorrente. D'altronde nel Sud, le leggi  razziali, le forme illegali di giustizia sommaria applicate ai neri (nel XVIII secolo, Lynch, un bianco della Virginia, inventò il "linciaggio" ) e il Ku Klux Klan non potevano che far sperare in una vita migliore, prima che nell'Aldilà, nel Nord.
[4]  - Il 1 gennaio 1863 il Presidente Lincoln proclamò l'Emancipation Proclamation, con il quale si emancipavano soltanto gli schiavi dei confederati del Nord, autorizzando l'impiego dei neri per scopi militari.  Licoln ebbe così 190.000 nuovi arruolati (di cui soltanto un centinaio furono ufficiali), usati per lo più nelle azioni più rischiose. La fine giuridica della schiavitù come istituzione fu proclamata col Tredicesimo Emandamento della Costituzione sancita nel febbraio 1865, a guerra civile finita.
[5] - Numerose furono le leggi discriminatorie e di segregazione razziale. Le più famose,  resistite fino agli anni '60 del XX sec., furono quelle di Jim Crow, dal nome di un personaggio nero di uno spettacolo di Thomas D. Rice, morto nel 1860. Esse imponevano, tra le altre restrizioni, i Literacy Tests dove bisognava dimostrare di saper leggere e scrivere, e l'ereditarietà dell'indebitamento, che costringeva i figli ad ereditare i debiti del padre, sostituendo così la schiavitù con l'assoluta dipendenza verso il datore di lavoro, vale a dire il bianco.
[6] - Il Dualismo (Twoness), o dualità, è quel sentimento contrastato tra la sopravvivenza di nostalgie africane (o per rifiuto o per ignoranza) e il desiderio e la necessità d'integrazione nel sistema culturale imposto.
[7] - Nel 1872 l'84% dei  neri americani era analfabeta.
[8] - La caratteristica costante del dialetto nero è quella di elidere tutti i suoni che sembrano scomodi: uno sforzo negativo dovuto ad una pigrizia degli organi vocali, che risultano più "ammorbiditi", favorendone quella più ampia modulazione tonale che i neri hanno nel canto.
[9]  - Il primo Minstrel Show è opera di un autore tedesco, J. C. G. Graupner, che il 30 dicembre 1799 rappresentò The Gay Negro Boy con l'accompagnamento di un banjo.
[10]  - "legno bruciato, pièce d'Indie, meticcio, darkey, burn cork, yaller, coffe, brown, coon, crow".
[11]  - Ad esempio le Dirty Dozens, duetti in cui ci si sfidava lanciando lazzi sempre più offensivi al proprio avversario. Quasi sempre in rima, esse sono sopravvissute fino ai giorni nostri contribuendo non poco alla nascita del Rap.
[12] - Booker T. Washington teorizzando la rinuncia al voto da parte dei neri in nome del progresso economico, ed esortandoli a restare nel Sud, aprì la corrente del "collaborazionismo moderato".
[13] - Al Nord, a Boston si riunirono un gruppo d'intellettuali intorno ad un giornale, "The Guardian" fondato da W.E. Dubois, che fa una critica serrata all'ideologia della "mano tesa" anche nel sua opera principale, The Souls of Black Folks (1903)
[14]  - National Urban League, National Association for the Advancement of Coloured People,Niagara Movement,
[15] - Marcus Garvey era giamaicano, emigrato negli USA quando già aveva fondato l'U.N.I.A.
[16] - Nel 1917 l'Original Dixieland Jass Band , orchestrina di tutti bianchi da New Orleans, registra il primo disco della storia del Jazz.
[17] - Insieme ad Armstrong, anche Lionel Hampton continua l'immagine del "buon negro".
[18] - Nella suite Black, Brown and Beige illustra l'evoluzione del nero americano come una progressiva integrazione nella società bianca, ma non con troppo ottimismo e fiducia nei confronti dei reali intendimenti del governo bianco.
[19]  - Le ballads provengono anche dalle danze popolari francesi e inglesi.
[20]  - Il  folk cry  ha le sue chiare origini africane, dove ancora può essere ascoltato nelle campagne. E'un modo per comunicare con la Natura, con il Cosmo, con sé stessi o con qualcuno un po' distante.
[21] - Gli Spirituals danno lo standard prototipo per molti scrittori afro-americani. La loro profondità d'emozione fu notata da poeti e scrittori neri che certamente avevano letto i migliori e più grandi classici europei e americani.
[22]  - Bessie Smith e Billie Holiday soprattutto.
[23] - Le Blue Singers hanno un certo successo, più limitato e circoscritto a causa dei forti messaggi che il Blues riesce sempre ad infondere: sesso, alcool, miseria, sadness…
[24]  - Nasce il C.I.O., il primo sindacato che ammette i neri promuovendo una certa uguaglianza di salari.
[25] - Nel 1941 Philip Randolph  minacciò una marcia su Washington se il Presidente Roosvelt  non avesse fatto in modo che le industrie belliche assumessero anche la gente di colore.
[26]  - L'ideologo Benjamin Singleton, definito il "Mosè dell'esodo negro", invitò tutti i neri ad emigrare verso il Kansas, nuova terra promessa. Si trasferirono in 40.000.
[27]  - Il grande trombettista Miles Davis molto spesso si esibiva dando le spalle al  pubblico.
[28]  - Dizzy è un soprannome che significa "buffone".
[29] - Invisible Man (1952) di Ralph Ellison è il romanzo che descrive meglio questo sentimento.
[30] - Il Cool Jazz si riavvicina alle sonorità europee, sostituendo l'immediatezza espressiva con una "narcisistica" dolcezza armonica.
[31] - Chet Baker (tromba), Dave Brubeck (piano), Gerry Mulligan (sax), Lee Konitz (vibrafono), Stan Getz (sax).
[32] - In Italia si attinse molto alla Soul Music e dal Rhythm‘n'Blues: alcuni cantanti vi hanno costruito il proprio successo.
[33] - James Brown cantava nei suoi versi frasi come "I'm Black and Proud of it!" o "Stay on the Sin, like a Sex-Machine…"
[34] - Dal Cool si arriva al Jazz-Rock degli anni '70 per poi alla Fusion degli anni '80.
[35] - Soul è una parola d'ordine per i neri d'America : i Soul Brothers sono solo i neri, per i bianchi non è possibile far parte di tale comunità. Sull'onda del Black is Beautiful è un non-luogo dove i neri si possono ritrovare, al riparo dai bianchi.
[36] - L'autobiografia di Malcolm X, pubblicata postuma, è da considerare come una delle opere maggiori della letteratura afro-americana.
[37] - Malcolm X fu il primo ad "internazionalizzare" il problema del nero americano.
[38] - Dal disco di Ornette Coleman (sax), Free Jazz del 1960. Profeti del free furono Charlie Mingus (contrabasso) ed Eric Dolphy (tromba).
[39] - Leroy Jones (che in seguito, nel 1967, cambierà nome in Amiri Baraka), poeta, scrittore, drammaturgo, ideologo, crtitico musicale e storico, è da considerare uno dei più grandi intellettuali afro-americani.
[40] - Bob Kaufman, Ted Joans, Jayne Cortez, Kofi Natambu, Sonia Sanchez, Leroy Jones (tutti poeti del Black Arts Movement).
[41] - Da Harlem a Rochester e New York, si susseguirono quattro lunghe calde estati: Watts, Detroit, Newark, Cleveland, e in molte altre città ci furono diversi incendi causati dalle sommosse.
[42] - L'idea di una Black Aesthetic è spiegata da Addison Gayle, Jr., in The Black Aesthetic, Doubleday, N.Y., 1971.
[43] - Il movimento nasce dapprima nel teatro e nella danza, coinvolgendo numerosi musicisti con diverse  performances poetiche.
[44] - Vedi cap. 5.
[45] - Come esempio del clima di quegli anni, Leroy Jones fu effettivamente arrestato per possesso di arma da fuoco.
[46] - Jones fondò nel 1966 ad Harlem il Black Arts Repertory Theatre.
[47] - Il Black Panther Party for Self-Defense era un partito nero rivoluzionario fondato nel 1966 in California da H.Newton e B.Seale. Molti di loro, tra cui Newton con l'accusa di omicidio, furono arrestati.
[48] - Il Rap, nato dai discorsi degli speakers radiofonici, vede la prima pubblicazione nel 1980 con il disco Rappers Delight della Sugarhill Gang.
[49] - Il Toast è una peculiare forma di poesia orale nata per le strade o in prigione fatta per essere recitata. Nessuno sa spiegare perché si chiami così, ma è comunque una forma d'arte sociale dove il processo della creazione ed il prodotto della creazione vengono a coincidere. Era una specie di gara riservata quesi sempre ai soli uomini, e nacque come parodie di eventi o fatti realmente accaduti per poi trasformarsi in vere e proprie autocelebrazioni (tipiche del Rap).. Il suono ed il ritmo erano fondamentali, e non potevano essere fatti se non si possedeva una certa abilità musicale.
[50] - Signifying, testifiyng, Shining of the Titanic, the Dozens, school yard rhymes, prison "jail house" rhyme, double Dutch jump rope, sono alcuni dei nomi usati per certi giochi verbali che si fanno sin dall'infanzia che sono comunemente usati nel Rap.
[51] - Una delle caratteristiche del Rap è l'improvvisazione verbale, il Free Style, una specie di gara che prevede la composizione istantanea di rime sul palcoscenico.
[52] - Afrika Bambataa, uno dei pionieri dell'Hip-Hop, fondò la Zulu Nation, un movimento artistico-culturale cui aderirono anche vecchie glorie della musica afro-americana, come James Brown, Gil Scott Heron e i Last Poets.
[53] - Si può definire l'Hip-Hop come una "do it yourself music". Inoltre la tecnologia permette di campionare, e cioè di "rubare", per mezzo della tecnologia digitale, pezzi di musica dai dischi e usarli per le proprie basi. Succede allora che i rappers più impegnati, come ad esempio i Public Enemy, usino solo campioni di musica soul e jazz, legandosi in questo modo alla tradizione.
[54] - Il rapper più duro e impegnato è infatti un "gangsta".
[55] - "Grab your Glocks when you see Tupac / Call the cops when you see Tupac..." (Afferra le pistole quando vedi Tupac, chiama gli sbirri quando vedi Tupac) -Tupac Shakur, Hit ‘Em Up.
[56] - Esistono a New York gli "open-mic spots", ovvero dei luoghi letterari, in genere cafes, dove s'improvvisano performances  e recitals di Spoken Poetry.






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Performance and discussion with Jane Ira Bloom, Jay Clayton, Jerry Granelli, and David Tronzo....
inserito il 07/07/2008  da philoctetesctr - visualizzazioni: 4258


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Data pubblicazione: 14/06/2002

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