"Nelle
melodie dei neri d'America scopro una grande e nobile scuola di musica…Questi temi
belli e vari sono il prodotto dell'anima. Sono le canzoni folkloristiche degli Stati
Uniti….. Le melodie dei neri sono patetiche, tenere, appassionate, malinconiche,
solenni, religiose, coraggiose, allegre, ilari, piene di grazia."
Antonin Dvorak
(Nelahozeves, 8 set 1841 - Praga,
1 mag 1904)
LA POETICA DEGLI SPIRITUALS
La cultura africana, in genere, è sempre stata profondamente religiosa, ma agli
schiavi deportati in America fu vietata ogni possibilità di professare la propria
religione. Essi si aggrapparono ben presto perciò al Cristianesimo
[1],
la religione dei bianchi, sia perché ne furono costretti, ma anche per un grande
senso di rispetto e sottomissione che essi avevano per le divinità dei conquistatori.
Il Cristianesimo ha avuto un ruolo decisivo quanto ambiguo nella storia
culturale dei neri d'America, che ricercarono nella religione dei padroni i motivi
del loro asservimento
[2],
trovandone giustificazione in una sorta di "maledizione divina" per cui essi stessi
paragonarono la loro propria storia a quella del popolo ebraico.
Durante il lungo periodo della schiavitù, la chiesa divenne il fulcro
della vita sociale dei neri, rimanendo allo stesso tempo anche un efficace strumento
di controllo di cui disponevano i coloni.
Il momento della preghiera collettiva costituiva l'unico momento di "tregua"
della giornata: il potersi raccogliere insieme per esprimere tutti contemporaneamente
i propri sentimenti fece della chiesa il luogo fisico ove si manifestarono le prime
testimonianze della condizione etica, sociale e politica del popolo afro-americano.
Per il naturale legame che nella tradizione africana unisce la Musica all'attività
umana, come già era stato nel lavoro per i work-songs, anche nel rito sacro
gli afro-americani fecero uso del Canto, dando forma ad una riuscita miscela di
melodie occidentali e ritmi africani: nacquero così gli Spirituals e il
Gospel. [3]
Le tracce africane, sia di melodie che di testi, sono molto presenti,
perché, nonostante che nel
1808 una serie di leggi
avesse bandito la tratta degli schiavi, essa continuò illegalmente fino a tutto
il XIX secolo, portando in suolo americano sempre nuove persone che in Africa erano
cresciute e che erano perciò ben memori dei canti tribali. Questo Spiritual
usa, per esempio, una espressione propriamente africana:
KUMBAYA
[4]
kumbaya, my lord, kumbaya
Kumbaya, my lord, kumbaya
oh, Lord, Kumbaya
Someone's laughing Lord, kumbaya
Someone's laughing Lord, kumbaya
oh, Lord, Kumbaya
Kumbaya, my lord, kumbaya
Kumbaya, my lord, kumbaya
oh, Lord, Kumbaya
Someone's praying Lord, kumbaya
Someone's praying Lord, kumbaya
oh, Lord, Kumbaya
Kumbaya, my lord, kumbaya
…
Il Gospel, che vede la luce successivamente, nel XIX secolo, subendo
l'influenza della musica occidentale, non è altro che lo Spiritual, nato
come solo canto, armonizzato ed accompagnato dagli strumenti musicali.
Anche se derivano da canti secolari, come le work songs ed il
blues, gli Spirituals, con i loro continui riferimenti all'Antico
Testamento [5]
e alla storia ebraica, e con le loro parole di speranza in un mondo migliore, sono
fondamentalmente dei canti religiosi,
OH HAPPY DAY
[6]
Oh happy day, oh Happy day,
Oh happy day, oh Happy day,
when Jesus washed, when Jesus washed
oh, when Jesus washed, when Jesus washed
when Jesus washed, when Jesus washed
He washed my sins away, oh happy day
…
ma molto spesso vanno oltre il significato della funzione liturgica, nascondendo
in realtà mille motivi di rivalsa. Si parla infatti di "doppio significato"
per gli Spirituals, che riescono ad esprimere allo stesso tempo significati
spirituali e materialistici, estetici ed utilitaristici.
GO DOWN MOSES
[7]
Go down, Moses, Way down in Egypt's land
Tell ole Pharaoh To let my people go!
When Israel was in Egypt's land (Let my people go)
Oppressed so hard they could not stand (Let my people go)
Go down, Moses, Way down in Egypt's land
Tell ole Pharaoh To let my people go!
…
Il senso della morte domina in tanti Spirituals, in alcuni sotto
forma di speranza, di fiduciosa attesa per un viaggio lungo i pascoli celesti che
finalmente riusciranno a sottrarre l'anima alla sua sofferenza in terra, altrove
lungo il filo di formulazioni di dura, inesorabile condanna. La stessa cosa, più
o meno, vale per il giudizio universale, la fine del mondo che premierà in eterno
gli eletti e punirà i cattivi:
MY LORD, WHAT A MORNING!
[8]
My lord what a morning,
my lord what a morning,
my lord what a morning,
when the stars begin to fall!
You'll hear the trumpets' sound
to make the nations under ground
looking to my God's right hand
when the stars begin to fall!
My lord what a morning,
my lord watt a morning,
my lord what a morning,
when the stars begin to fall!
You'll hear the sinner cry
to make the nations under ground
looking to my God's right hand
when the stars begin to fall!
my lord what a morning,
when the stars begin to fall!
I testi degli Spirituals sono legati alla vita dei loro autori:
gli schiavi. Ispirati dal messaggio di Cristo e della sua "Buona Novella" (gospel)
narrata dal Nuovo Testamento, ovvero che "tutti possono salvarsi", essi hanno composto
differenti inni che in realtà descrivono la propria condizione di schiavi. Molti
schiavi sognavano di raggiungere una Free Country, che essi stessi definivano
"my Home, o Sweet Canaan, The Promised Land". Questa terra
si trovava al di là del Mississippi, o sul lato Nord del fiume Ohio, fiume che verrà
chiamato Giordano (Jordan):
ROLL, JORDAN, ROLL
[9]
Roll, Jordan, roll
I want to to heaven when I die
to hear where Jordan roll
Mother, I want to be there
yes, my Lord!
And sittin' in the Kingdom
to hear where Jordan roll
Roll, Jordan, roll
Roll, Jordan, roll
…
L'intento religioso, pur se sincero, è spesso un abile camuffamento: non
solo dei semplici sermoni cantati o dei salmi, ma una sorta di linguaggio cifrato
per soli neri, un codice usato dagli schiavi fuggiaschi
[10]
per comunicare segretamente. Ce ne sono alcuni, i più espliciti, che non venivano
mai cantati in presenza dei bianchi.
Ad esempio in questo famoso Spiritual si esprime il grande bisogno
di libertà che è in ogni uomo, poiché talvolta la schiavitù può essere meno palese,
ma altrettanto stringente.:
FREEDOM [11]
Oh freedom, oh oh freedom,
oh oh freedom over me!
An' befo I'd be a slave I'll be burried in my grave
An' go home to my Lord an' be free
No mo' moanin', no mo' moanin'
No mo' moanin' over me
An' befo I'd be a slave I'll be burried in my grave
An' go home to my Lord an' be free
No more shuting, no more shuting
No more shuting over me
And before I'll be a slave I'll be burried in my grave
and go home to my Lord and be free
No more crying, no more crying
No more crying over me
And before I'll be a slave I'll be burried in my grave
and go home to my Lord and be free
Ancora, in questo Gospel sembrano riflettersi esperienze quali
l'arruolamento dei neri nelle varie campagne di guerra, compreso quelle contro i
francesi e per l'indipendenza americana sin dal XVIII secolo, esprimendo un significativo
pacifismo e, implicitamente, l'assurdità del padrone bianco che lo obbliga a combattere
per scopi che non lo riguardano in prima persona:
DOWN BY THE RIVERSIDE
[12]
I'm gonna lay down my burdens,
down by the riverside
down by the riverside
down by the riverside
I'm goin' to lay down my burdens,
down by the riverside
Ain't goin' to study war no more
Ain't goin' to study war no more
study war no more, study war no more
Dopo la guerra civile americana, gli Spirituals vennero "riscoperti"
da musicisti ed intellettuali del Nord, venendo così molto spesso armonizzati ed
arrangiati.
Ma
è solo nel XX secolo, a cavallo delle due guerre, durante il periodo del Harlem
Reinassance, che con Alain Locke
(Philadelphia, 13 set 1885 - Washington,
1954)
[13],
nel momento in cui tra gli intellettuali afro-americani si apre la discussione sull'orgoglio
di razza e di ricerca di sé nella tradizione, si comincia a studiare ed analizzare
lo stile e il significato degli Spirituals. Alain Locke, studioso di cultura
africana e delle sue influenze sulla civiltà occidentale, incitò gli artisti neri
a guardare all'Africa per scoprire l'origine della propria identità e per scoprire
materiali e tecniche delle loro opere. Descrivendo gli Spirituals, Locke
li definisce come il grande dono folkloristico degli afro-americani agli U.S.A.,
qualcosa che va ad arricchire sostanzialmente la tradizione americana. Allo stesso
tempo però egli risalta il carattere universale di questi canti, che sono costruiti
con semplicità fanciullesca, per poi essere sviluppati con un'intensità epica e
una profondità tragica tali da farne opere in cui ci si può ritrovare tutta l'umanità.
Lo
studio degli Spirituals si è quindi subito concentrato sulla ricerca di quelli
elementi formali e strutturali che discendessero da lontane memorie africane.
James Weldon Johnson (1871
- 1938), poeta, compositore
e antologista di rilievo, vissuto a cavallo dei due secoli, distaccandosi dal tradizionale
uso del dialetto in poesia da parte dei poeti afro-americani, fece dello Spiritual
la sua maggiore fonte d'ispirazione, sottolineandone, in evocazioni di tempi
biblici, gli orientamenti africani
[14].
Le caratteristiche tecniche e più propriamente di origine africane degli
Spirituals sono subito risultate essere le seguenti: antifonia, il battere
insieme le mani a tempo, l'improvvisazione e l'emozione collettiva. In termini strettamente
musicali, ad esempio, l'uso della scala pentatonica
[15]
è tipicamente africana.
L'antifonia e la tecnica della ripetizione costituiscono la base da cui
si sviluppa tutto il componimento: mentre con la tecnica antifonale, il così detto
call and response, si stimola creativamente l'ascoltatore, con la ripetizione
ossessiva di certe espressioni se ne enfatizza notevolmente il significato mentre
il predicatore "taglia" improvvisamente il suo discorso con il cut interrompendo
sé stesso con una frase come "pregate Dio!" e gli ascoltatori rispondono al cut,
che viene evidenziato anche dagli strumenti musicali.
AMEN [16]
Amen, amen, amen amen, amen
See the baby (Amen)
wrapped in the manger (Amen)
on Christmas morning (Amen, amen, amen)
See Him in the temple (Amen)
talking to the elders (Amen)
who marveled at his wisdom (Amen, amen, amen)
…
John Lovell
[17] divide
i principi basilari dello Spiritual in due categorie: quella degli elementi
meccanici e quella degli elementi non-meccanici. I primi sono quegli elementi strutturali,
e non, che più direttamente discendono dalla tradizione africana, come appunto la
ripetizione, che fa insistere sull'assenso o sulla reazione a certe verità filosofali;
l'uso predominante di pronomi personali presi dal linguaggio familiare e del vocativo;
l'interscambio continuo tra frasi, versi e strofe; l'uso del tetrametro giambico
alternato al trimetro giambico, caratterizzato dal ritmo rudimentale; lo schema
ritmico dominante dell'ABCB; l'uso di una strategia retorica col coinvolgimento
subitaneo del fruitore; il notevole uso di figurazioni del linguaggio parlato.
Gli elementi non-meccanici sono innanzitutto la grande semplicità, l'ingegnosità
e il senso di immediatezza che confonde passato e presente, un'attitudine critica
rispetto alla realtà e il colmare il primo verso di significati che rappresenta
così la "somma delle scoperte filosofiche della comunità e del poeta"
[18].
Naturalmente
per apprezzare lo Spiritual in letteratura bisogna valutarne il suo grado
di tensione poetica, oltre che la sua utilizzazione e la sua creatività linguistica.
Il linguaggio dello Spiritual è denso di metafore enfatiche, rime e ripetizioni.
La sua grande forza metaforica è data soprattutto dalla sua semplicità, ed è per
questo che la storica della musica Eileen Southern
(Minneapolis, 1920 - Port Charlotte,
13 ott 2002)
[19]
ha definito lo Spiritual un genere essenzialmente naif, per il fatto
che esso non è costruito su elaborazioni grammaticali o imagistiche, ma su un'essenza
imagistica grammaticale.
Il predicatore nero usa una grande varietà di strategie nel suo sermone
parlato, facendo un largo uso di figure retoriche come:
l'epanalessi
[20]:
because His power brings you power,
and your Lord is still the Lord;
l'epifora
[21]:
"give your life to the Lord;
give your faith to the Lord;
raise your hands to the Lord";
e l'anafora
[22],
dove la ripetizione viene all'inizio della frase:
Nobody knows the trouble I've seen,
nobody knows but Jesus!
Sul
piano più strettamente musicale e tecnico si possono riconoscere due tipi di
Spirituals: quelli in cui si attua all'interno del tema la sincronia fra le
regole melodiche dell'innodia occidentale e la tradizione armonica autoctona, che
è tipicamente nera e africana;
l'altra
categoria, invece, è quella in cui si verifica l'impiego pressocché totale dell'inno
cristiano. Questa categoria si sviluppò particolarmente dagli ultimi decenni del
secolo scorso, al tempo cioè della Spiritual Renaissance, sul filo di un
processo di deformazione e di inquinamento che non si limitò ad eliminare qualsiasi
manifestazione di africanismo, ma operò anche sulle armonie, attraverso adattamenti
e arrangiamenti dovuti a noti complessi musicali, anche di buona levatura, che servirono
a fornire partiture a talune formazioni piuttosto diluite sul piano dell'africanismo,
come il Golden Gate Quartet
(Henry Owens, Clyde Riddick, Willie
"Bill" Johnson, Orlandus Wilson)
o i Fisk Jubilee Singers.
Gli Spirituals hanno influito sulla musica jazz per l'impiego di
forme polivocali.Né si deve dimenticare che il frequente accompagnamento degli
Spirituals con il battito delle mani ha costituito già di per sé una base
armonica sulla quale agire nel beat e nell'off beat, nella sezione
melodica e in quella ritmica.
La maggior parte degli Spirituals sono restati anonimi, sia per
i testi che per le musiche. Alcuni degli autori, quasi sempre gli stessi predicatori,
sono elencati nell'opera del musicologo Henry Krehbiel
(Ann Arbor, Mich. 1854 – 1923)
[23]
che nel 1914
pubblicò una lunga lista di nomi di
uomini di chiesa. Sicuramente sono canti popolari concepiti per i cori, e alcuni
possono essere frutto della creazione di un gruppo, ma esistevano sicuramente degli
individui dotati di notevoli capacità compositive
[24].
Tutte le composizioni però hanno subito rifacimenti ed adattamenti nel corso degli
anni, tant'è che al giorno d'oggi esistono diverse versioni degli stessi Spirituals.
IL BLUES E IL BLUESMAN
L'origine e la formazione del Blues è più complessa di quella dei canti
religiosi. C'è incertezza circa le sue origini temporali e per ciò che riguarda
il luogo dove esso è nato e da cui si è diffuso. Sicuramente le sue origini sono
agresti, e sono da ricercare nell'evoluzione dei canti neri come gli Slave Seculars,
Songs of Protest, Social Songs, Work Songs, Ballads, Shouts
[25].
Di sicuro si sa solo che la nascita del Blues è legata alla campagna:
il Field Blues
[26],
da non confondersi con il Country Blues, nato successivamente, era in origine
solo canto con un considerevole uso dell'improvvisazione, in cui il cantore (Holler)
faceva molto spesso a meno dell'accompagnamento. Banjo e chitarra furono usati
in seguito.
Il Blues non è legato alla chiesa o al lavoro collettivo o a particolari
occasioni, ma è sostanzialmente un canto individuale che fa dell'individuo l'oggetto
stesso del suo canto
[27].
Allo stesso tempo, però, il Blues, pur mantenendosi a livello individuale,
esprime al meglio i sentimenti della collettività, perché essendo al tempo della
schiavitù proibita ogni manifestazione malinconica o di recriminazione, i cantanti
Blues si fecero portavoce clandestinamente dei sentimenti del loro popolo.
Il Blues non è, quindi, solo l'espressione principale della musica
afro-americana, ma lo è anche di tutta la cultura afro-americana in quanto esprime
la ricerca della personalità, il bisogno di possedere il proprio mondo e di essere
soggetto della propria storia. Contenendo tutti gli elementi di conforto che servono
agli afro-americani per potersi riconoscere come popolo, esso costituisce il mezzo
per poter comunicare così come i loro antenati comunicarono con i tam-tam
della giungla.
PREACHIN' THE BLUES
[28]
Down in Atlanta G.A. under de viaduct ev'y day,
drinkin'cohn an'hollin' hurrah, pianos playin' ‘til de break
uh day
but as Ah turned mah head Ah loudly said:
Preach dem blues, sing dem blues, dey certainly soun's goo'
Tuh me,
ah bin in luhve fo' de las' six mont's an'ain'done worryin' yet.
Moan dem blues, hollah dem blues, le'me convert yo'soul,
‘cause jes'uh spirit uh de blues tuhnight
le' me tell yo'girls ef yo' man is treatin' yo'right,
le' me tell yo' Ah doan' mean no wrong…
Dopo la fine della schiavitù, con l'esodo dalle campagne alle città, il
blues perse la sua forma originaria, consolidando la sua struttura in una ripetizione
indefinita di un movimento di dodici battute in 4/4 fondate su di un giro a sua
volta basato su degli accordi fondamentali
[29].
Per il suo immutabile schema strofico, la sua logica antifonale con la
ripetizione obbligata del primo verso
[30],
la semplice struttura armonica e la sua particolare atmosfera lowdown
[31],
il Blues può essere considerato come il padre della musica afro-americana,
che vive come una fonte sotterranea perenne e come fondamentale oggetto di ispirazione.
Sebbene l'accompagnamento musicale sia necessario, il Blues è essenzialmente
un genere vocale, e poetico, dal momento che i testi sono più lirici che narrativi,
e il cantante più che raccontare una storia, esprime le sensazioni e i sentimenti
che egli prova a riguardo: si dice che due diversi cantanti non daranno mai la medesima
interpretazione dello stesso blues, e che neppure lo stesso cantante potrà
eseguire due volte alla stessa maniera. Per esprimere la sua musicalità il bluesman
usa tecniche vocali
[32]
e strumentali [33]
particolari che vanno oltre il loro comune utilizzo. Caratteristica fondamentale
per il canto e per la musica resta però la pitch inflection, ovvero l'inflessione
tonale comunemente chiamata blue note, una nota che non c'è in nessuna scala
musicale occidentale, e che si trova sospesa tra due semitoni e che conferisce l'aria
melanconica alla melodia.
Il testo, strettamente legato alla musica è enfatizzato e riempito di
significati dall'interpretazione del cantante: caratteristico è il troncarsi della
voce nel mezzo o alla fine della strofa, lasciando così alla musica il compito di
completarla.
Il concetto di rima è concepito elasticamente, e non è indispensabile.
La rima è poco presente nei testi Blues (il secondo verso a volte rima con
il quarto), e in alcuni casi, quando è usato molto il dialetto, è percepibile solo
nell'ascolto e non nella lettura.
Nato infatti come forma di comunicazione orale, il Blues si è sviluppato
su di un canovaccio strutturale che è riuscito a plasmarsi nel tempo riuscendo sempre
ad attualizzarsi e ad esprimere i significati culturali più profondi del popolo
afro-americano: delusioni, umiliazioni e rabbia, e quindi toni accesi di autocommiserazione,
ma anche di sfogo. Contrariamente ai Pastori che predicavano la rassegnazione e
la promessa del Paradiso a coloro che conoscevano l'Inferno in terra, e sebbene
il Blues non incoraggi i neri alla rivolta, esso elenca in tutti i minimi
dettagli una situazione deprimente e rivoltante. E' sintomatico infatti che il Blues
inizi a diffondersi dopo la fine della guerra Civile ( 1865),
divenendo l'espressione del Freedman, di chi finalmente poteva disporre di
sé, e di chi poteva per lo meno "lamentarsi" da uomo libero.
Il Blues rappresenta ed esprime al meglio il tormentato cammino
verso l'inserimento dell'afro-americano nella società. Infatti in un altro momento
"topico" per gli afro-americani, e per l'America intera, cioè durante la Grande
Depressione, il Blues ebbe una rinascita considerevole: ci furono ancora
considerevoli migrazioni, e il grande fenomeno dell'urbanizzazione del Nord, nelle
cui città (Kansas City) nacque il Rhythm'n'Blues.
Il tema centrale del Blues da cui si dipana poi tutta una serie
di argomenti è quindi, sostanzialmente, il rapporto tra l'io cantore ed il piacere,
la ricerca di soddisfazioni materiali che vengono negate dalla realtà. Questo spiega
il carattere immediato e diretto dei versi, anche quando si fa uso di metafore,
ed il punto di vista individuale che viene dato riguardo a delle problematiche sociali
[34].
Un numero considerevole di Blues utilizza poi l'elemento socialmente significante
o di interesse comune come pretesto o luogo poetico dove poter ambientare la propria
disavventura personale o il proprio dramma sentimentale.
Ma non bisogna credere però che il Blues sia solo un "lamento"
o la voce di un disadattamento sociale, perché "the Blues can be real sad, else
real mad, else real glad and funny, too, all at the same time"
[35],
ovvero il tono del canto Blues può essere di volta in volta malinconico come
gioviale, cupo ed ironico e talvolta anche aggressivo, e il bluesman è capace
di variarlo con estrema disinvoltura grazie a schemi retorici precostituiti, le
cui immagini sono prese dall'ambiente familiare e da situazioni quotidiane, mentre
pressoché assenti sono le descrizioni dettagliate delle situazioni o squarci paesaggistici.
"Il
blues singer non racconta col canto la vita, ma il non morire, parlerà sempre di
ciò che non ha e che non avrà mai"
[36],
ma sempre con una specie di tragico senso di rassegnazione che sfocia spesso più
nell'ironico che nel drammatico, acquistando a volte dei toni persino sarcastici,
come ad esempio riporta Langston Hughes nell'adattamento di un blues
del 1937
di Lonnie Johnson, Hard Times Ain't
Gone Nowhere:
People ravin' about hard times.
Tell me what it's all about?
Hard times don't worry me
I was broke when they started out
[37]
Questo modo di dire viene associato ad un essere malinconico che non lascia
spazio a fantasticherie, un modo di essere triste che non è possibile trovare nell'uomo
bianco. Il nero si rassegna alla schiavitù commiserandosi, consapevole di una tragedia
in atto che non finirà mai.
GOOD MORNING BLUES
[38]
Goo' mohnin blues, how do yo' do?
Goo'mohnin', blues, how do yo' do?
Well, Ah'm doin'alright, blues, how are yo?
Ah layed down las'night, Ah wuz turnin' f'om side tuh side,
ah layed down las' night, Ah wuz turnin' f'om side tuh side
now doan yo'git me wrong, Ah wuzn't sick, Ah wuz jes' satisfied.
W'en Ah got up dis mohnin' de blues wuz walkin' ‘round mah bed,
w'en Ah got up dis mohnin' de blues wuz walkin' ‘roun' mah bed,
w'en Ah wen'tuh eat mah breakfas', yo' kno' de blues wuz all in mah bread.
O Lawd, Lawd ha' mushy, pleez'ha'mushy on me,
o Lawd, Lawd ha' mushy, pleez' ha' mushy on me,
dis mohnin' lef de blues in mah house an' mah soul's so full uh misery,
Ah say mah soul.
Se il tono è melanconico, l'argomento è spesso sporco ed osceno, reso
con un linguaggio ricco di trasgressioni dei codici morali e sociali. La lingua
del Blues è quella parlata comunemente, il dialetto nero, che non si risparmia
nell'uso di espressioni colorite ed oscene.
Il rapporto uomo-donna, a proposito, è un tema molto frequente e che dà
spesso adito ad espressioni forti. La donna afro-americana, che ai tempi della schiavitù
era considerata a disposizione di tutti gli uomini in quanto era vietato il matrimonio,
ha acquisito col tempo un ruolo sociale diverso rispetto a quello della donna occidentale:
le famiglie afro-americane erano di natura matriarcale e solo la donna poteva ritenersi
pilastro della famiglia
[39].
Sia durante la schiavitù che dopo, una volta arrivati in città, la donna continua
ad essere capofamiglia, mantenendo la prole col suo lavoro di domestica; al contrario
l'uomo diventa sempre più incapace di sostenere il ruolo maschile: cerca così di
dimostrare la propria forza mettendo in mostra le proprie capacità sessuali, ma
non gli basta e, umiliato, abbandona la famiglia confermando la supremazia della
donna [40].
Le canzoni solitarie, le storie di vagabondaggi sono un altro tema ricorrente
del Blues, come pure la vita in prigione
[41]
e la tristezza economica. E' molto frequente anche il tema dell'allontanamento dalla
terra natia, e quello della ferrovia, che assunse il significato di "strada verso
la libertà", non tanto per i treni che la percorrevano, ma per gli schiavi fuggiaschi
o i freedmen che seguivano le rotaie camminando di notte per raggiungere
il Nord [42].
I testi dei Blues sono, per intensità e valore culturale contenuto
in essi, sicuramente l'espressione più alta di poesia popolare della comunità afro-americana,
ma forse anche degli Stati Uniti interi. La sua profonda resistenza e la sua invariabilità
strutturale fanno sì che esso possa contenere la storia degli afro-americani, con
tutti i loro problemi e le loro reazioni, sia di estraniamento che di protesta nei
confronti dell'America bianca. Molto più del jazz, il blues reagisce
contro le influenze occidentali spesso opponendovisi. Ogni volta che uno stile musicale,
avendo fatto ormai il suo corso, stava per terminare, i musicisti neri americani
si sono sempre dovuti rivolgere al blues, riscoprendolo e riadattandolo.
Nel blues essi trovano ispirazione, e al blues si sono rivolti ogni
qualvolta si è reso necessario difendersi dalla contaminazione e dall'impadronimento
da parte dei bianchi della musica nera.
A cominciare dal periodo del Harlem Reinassance il Blues
verrà fatto oggetto di studio per essere ripreso e rimodellato anche in letteratura.
Citazioni di versi dei Blues appaiono talvolta essenziali per evocare uno
stato d'animo, e il Blues ha offerto alla letteratura afro-americana del
nostro secolo un ampio ventaglio di spunti, temi e personaggi.
Langston
Hughes, grande appassionato
di jazz, fu il primo a cogliere il pathos del Blues riportandolo
sia in poesia che in prosa. In
The Ways of White Folks
(1934),
o in alcuni sketches raccolti nelle diverse antologie dedicate a Jess B.
Simple (just be simple), suo popolare personaggio, e soprattutto nelle sue
poesie, l'importanza del Blues come espressione che rispecchia, penetra,
e condiziona la realtà di una comunità attraverso gli occhi e la voce di un individuo
viene finalmente ufficializzata. Hughes fu un innovatore del blues, rimodellandolo
ed adattandolo a forma letteraria.
"Me, I growed up with the Blues. Fact is, I heard so many Blues when I were
a child until my shadow was blue. And when I were a young man, and left Virginia
and runned away to Baltimore, behind me came the shadow of the Blues",[43]
afferma Hughes. Le esperienze di Simple sono quelle di tutti quei Simple che
condividono almeno le sue speranze, i suoi desideri, le sue paure, le sue frustrazioni,
le sue gioie e la sua visione del mondo. E' il punto di vista individuale, quell'elemento
soggettivo che va a coesistere con quello della comunità in un equilibrio impenetrabile,
su due piani distinti, quello della creazione e quello della fruizione che spesso
si intersecano confondendosi.
Hughes sentì l'importanza della creatività musicale nera di fronte alle
oppressive condizioni sociali, e comprese il significato della musica afro-americana
come unica espressione compiuta della continuità.
THE WEARY BLUES (1926)
[44]
Droning a drowsy syncopated tune,
Rocking back and forth to a mellow croon,
I heard a Negro play. Down on Lenox Avenue the other night
By the pale dull pallor of an old gas light. He did a lazy sway...
He did a lazy sway...
To the tune o' those Weary Blues.
With his ebony hands on each ivory key
He made that poor piano moan with melody.
O Blues! Swaying to and fro on his rickety stool
He played that sad raggy tune like a musical fool.
Sweet Blues! Coming from a black man's soul.
O Blues!
Composti in gran parte negli anni Venti, i suoi blues privilegiano
il motivo del distacco dalla terra natia (il Sud) e della sua evocazione nostalgica
(Africa).
In
The Negro Speaks of Rivers,
della stessa raccolta,
Hughes riprende uno dei temi classici del blues, ma anche dello Spiritual:
il fiume. Solo che per lui il Mississippi non rappresenta il Giordano, ma piuttosto
il Congo e il Nilo. Il fiume ‘sings', canta, e stabilisce un rapporto di
continuità con l'Africa. Hughes esprime attraverso la simbologia del fiume "l'esigenza
di una proiezione storica di sé, di un recupero del passato e di una tradizione".[45]
Contemporaneamente e dopo Hughes, numerosi sono stati gli autori afro-americani
che si sono ispirati al blues e alla musica afro-americana in genere, soprattutto
jazz, e l'identificazione del poeta col musicista è avvenuta in modo quasi
naturale nella letteratura afro-americana. Elencarli tutti in questo ambito non
sarebbe possibile. Ci limiteremo ad evidenziarne i migliori o più conosciuti per
quanto riguarda il blues ed il jazz, limitandoci per gli altri alle
indicazioni bibliografiche.
Sterling
A. Brown ha concentrato la sua poesia sulle radici e sul folklore del suo popolo,
usando il dialetto nero quando esso già era stato distorto e spesso ridicolizzato
dagli scrittori bianchi. Egli torna al modulo poetico delle antiche ballate, rifacendosi
soprattutto ad un blues arcaico: la sua selezione da John Henry è
una ballata blues in dieci battute. Per Brown la poesia deve essere prima di tutto
comunicazione, e la comunicazione la si ottiene usando forme, strutture e linguaggio
del black, e solo così si può articolare una visione del mondo che possa
celebrare la dignità, l'umanità e il carattere di una popolazione per troppo tempo
incompresa e mal rappresentata. La sua poesia, influenzata dal jazz, il
blues, i work songs e gli spirituals, esprime sempre contenuti
razziali. Non ebbe molta fortuna e dovette aspettare quarant'anni tra
Southern Road
(1932)
e la seconda raccolta di poesie
The Last Ride of Wild Bill and Eleven
Narrative Poems (1975).
Ralph
Ellison, nel suo romanzo
Invisible Man
(1952),
mette il protagonista alla disperata ricerca della sua identità, che riuscirà
a trovare soltanto guardando al passato. E' infatti nel capire ed accettare la propria
"negritudine" attraverso la tradizione che egli potrà togliersi di dosso quel
veil di cui parla DuBois, il velo impostogli dall'uomo bianco e che nasconde
la sua vera essenza. L'eroe ellisoniano impara quindi ad accettare ed emulare il
modello blues offertogli dalla tradizione attraverso il personaggio di Trueblood.
Sonny's
Blues (1965),
Blues for Mr.Charlie
(1964),
Another Country
(1962) di James Baldwin sono opere dove
il musicista nero illustra la disperazione dell'isolamento piuttosto che la possibilità
di reintegrazione. Come Ellison, Baldwin trova nella tradizione musicale tutti i
dettagli tematici necessari per creare un'immagine di vita nera.
Anche
Albert Murray contribuisce non poco a trovare i veri significati culturali
nella tradizione e nel blues. In
Stomping the Blues
(1976)
egli sostiene che il blues ed il jazz si sono sviluppati come reazione
positiva alla miseria.
Per tutti questi autori il blues è principalmente una risposta
di vita artistica, e solo in secondo luogo anche politica. Il bluesman assume
la figura di "arrangiatore del caos...colui che armonizza, piuttosto che un ex-schiavo
espressivo il cui stile si paragona a quello dell'umanista post-rinascimentale"
[46],
e i valori che esprime, oltre ad appartenere alla vita del nero, possiedono un significato
universale.
Già
Richard Wright, invece, in
White Man, Listen!
(1957)
dà diversi esempi di blues
relativi
all'espressione di un desiderio di rivolta, un desiderio che già era stato riconosciuto
nei canti religiosi e nei primi blues.
Gwendolyn
Brooks (1917 - 2000)
ritorna ai modelli del blues e delle ballads, ai lamenti d'amore,
al racconto della propria esperienza, all'uso della prima persona. Escludendo ogni
sentimento di self-pity, in
A Street in Bronzeville
(1945)
rende direttamente e fedelmente la realtà del popolo afro-americano.
Alice Walker, in
Nineteen Fifty-Five
(1983)
esplora il significato della cantante blues e del tipo di blues riservato
a cantanti donne. Per fare ciò, essa usa la struttura, il linguaggio e la prospettiva
del blues per descrivere la vita e il lavoro delle blues singers,
per articolare la complessità della loro arte e delle loro esistenze di donne nere.
Grande ammiratrice di Zora Neale Hurston, di cui dice: "Zora belongs in
the tradition of black women singers, rather than among "the literature".... Like
Billie (Holiday) and Bessie (Smith) she followed her own road, believed
in her own gods, pursued her own dreams, and refused to separate herself from the
"common" people"
[47].
Ci sono poi da menzionare almeno i seguenti autori e le seguenti opere:
Cane
(1923)
di Jean Toomer, le cui prose e poesie, come Georgia Dusk, insistono
sull'immagine del tramonto che è molto ricorrente nei blues country, quando
allo spegnersi del giorno l'uomo rimane solo con i suoi problemi;
Mojo Hand
(1966)
di Jane Phillips, la cronaca di un viaggio verso il Sud alla ricerca del
vero antico spirito del blues, e
Snakes
(1970)
di Al Young, una storia che si sviluppa in un ghetto urbano e dove il protagonista
inizia a crescere spiritualmente dopo aver scoperto il rhythm'n'blues.
[1] - Si adattarono i riti pagani tradizionali ai nuovi riti cattolici, dando
luogo ad un sincretismo religioso.
[2] - Frederick Douglass, nell'appendice della sua autobiografia, fa un'analisi
delle differenze tra Cristianesimo americano e quello di Cristo, evidenziandone
del primo ipocrisie e contrasti.
[3] - Molti Spirituals neri esistono anche nella tradizione folk bianca americana,
mentre altri hanno melodie analoghe ad alcuni canti secolari della tradizione folk
britannica ed americana.
[4] - Kumbaya, parola di evidente origine africana, significa "vieni da noi":
"Vieni Signore, vieni Signore, vieni da noi. Qualcuno canta, Signore, vieni da noi,
Signore, vieni da noi. Qualcuno ride, Signore, vieni da noi, Signore, vieni da noi.
Qualcuno prega, Signore, vieni da noi, Signore, vieni da noi. Qualcuno dorme, Signore,
vieni da noi, Signore, vieni da noi. Qualcuno muore, Signore, vieni da noi, Signore,
vieni da noi". Estratto da Piccioni-Cacciaguerra, Antologia dei Poeti Neri d'America,
Milano, 1964. (Traduzione mia).
[5] - Tanti sono i temi e i luoghi dell'Antico Testamento citati negli Spirituals.
Uno dei temi dominanti è quello del giudizio universale con tutti i fenomeni fisici
connessi a quel giorno (disastri, alluvioni, terremoti…)
[6] - OH GIORNO FELICE: "Oh, giorno felice quando Gesù si è battezzato e ha lavato
via i miei peccati…". Estratto da Piccioni-Cacciaguerra, Antologia dei poeti
neri d'America, op. cit. (Trad. mia).
[7] - "Va', Mosè, là in terra d'Egitto, Di' al vecchio faraone di lasciare andare
il mio popolo! Quando Israele era in terra d'Egitto, lascia andare il mio popolo,
a tanto dura oppressione non poteva resistere, lascia andare il mio popolo, Va',
Mosè, là in terra d'Egitto, di' al vecchio faraone di lasciare andare il mio popolo".
Estratto da The Norton Anthology of Afro-American Literature, Norton, N.Y.,
1997. (Trad.mia)
[8] - SIGNORE MIO, CHE MATTINO! "O Signore che mattino, quando le stelle cominciano
a cadere. Si sentiranno suonare le trombe e si risveglieranno le genti sotto terra
e guarderanno la mano del Signore, quando le stelle cominciano a cadere. Si sentirà
il pianto dei peccatori e si risveglieranno i popoli sotto terra, quando le stelle
cominciano a cadere. Si sentiranno i cristiani gioire e si risveglieranno le genti
sotto terra, quando le stelle cominciano a cadere.". Estratto da Piccioni-Cacciaguerra,
Antologia dei poeti neri d'America, op.cit.
[9] - SCORRI,. GIORDANO, SCORRI: "Scorri, Giordano, scorri; voglio andare in paradiso
quando morirò a vedere il Giordano scorrere. Madre, voglio essere seduto là nel
Regno, per sentire il Giordano che scorre. Scorri, Giordano, scorri...". Estratto
da Piccioni-Cacciaguerra, Antologia dei poeti neri d'America, op.cit.
[10] - Ad esempio l'espressione "fuggire in cielo" voleva significare in realtà
fuggire al Nord.
[11] - LIBERTA': "Libertà, libertà sopra di me e piuttosto che diventare
schiavo sarò seppellito nella mia tomba e andrò a casa dal mio Signore e sarò libero.
Non più lamenti sopra di me! Non più spari sopra di me! Non più pianti sopra di
me! E piuttosto che diventare schiavo sarò seppellito nella mia tomba e andrò a
casa dal mio Signore e sarò libero." Estratto da The Norton Anthology of Afro-American
Literature, op.cit. (Trad.mia).
[12] - Lungo la riva del fiume:"Poserò il mio fardello, laggiù lungo la riva del
fiume. Non farò più la guerra, non farò più la guerra...". Estratto da Piccioni-Cacciaguerra,
Antologia dei poeti neri d'America, op.cit. (Trad. mia).
[13] - Alain Locke, The New Negro, op.cit.
[14] - James Weldon Johnson, The Book of American Negro Spirituals (1926),
Da Capo Press, New York, 1973.
[15] - La scala pentatonica è una scala musicale composta da sole 5 note.
[16] - In questa canzone viene ripercorsa tutta la vicenda umana di Gesù Cristo,
dalla nascita alla resurrezione. Da notare la tecnica già accennata dell'alternanza
fra voce solista e coro.
[17] - Lovell, John Jr., Black Song, the Forge and the Flame: The Story of How
the Afro-American Spiritual Was Hammered Out, Paragon House Publishers, New
YorK, 1986.
[18] - I versi d'apertura sono generalmente sillabici, e ad ogni sillaba corrisponde
una nota, ma questa regola non viene poi seguita negli altri versi.
[19] - Eileen Southern, Black American Music, WW Norton and Company, Inc.,
N.Y., 1971.
[20] -L'epanalessi (dal greco epanalepsis "riprendere") è la ripetizione dopo un
certo intervallo, di una o più parole per sottolineare un particolare concetto.
[21] - L'epifora o epistrofe è la ripetizione delle stesse parole alla fine di più
frasi o versi.
[22] - L'anafora è la ripetizione della stessa parola all'inizio di versi o di frasi
consecutive per conferire risalto al vocabolo ripetuto.
[23] - Henry Edward Krehbiel, Afro-American Folk Songs: A Study in Racial and
National Music, G. Schirmer, New York, 1914.
[24]- J.W.Johnson narra di due aedi o bardi del tempo: "Ma" White e "Singing" Johnson
che improvvisavano nelle assemblee religiose testi e melodie.
[25] - Il Ring Shout è una popolare danza afro-americana.
[26] - E' il filone del Blues più antico, in cui si narrano le avventure
di eroi leggendari quali John Henry e Joe Turner.
[27] - Il soggetto del Blues è sempre in prima persona.
[28] -Predicando il Blues - "Là ad Atlanta G.A. sotto il cavalcavia ogni giorno
si beve whisky, e si grida urrah mentre il piano suona fino all'alba, ma ecco che
girando la testa mi misi a dire forte:"Predicate i blues, cantate i blues, mi piacciono
così tanto, sono innamorata da sei mesi e non ho ancora nessuna preoccupazione.
Sussurrate i blues, gridate i blues, fatemi convertire le vostre anime, perché stasera
lo spiritello del blues mi fa dire a voialtre ragazze se il vostro uomo vi tratta
bene, mi fa dire che non intendo fare niente di male….". Estratto da Clementelli,
E.- Mauro, W., Blues, spirituals, folk songs, Newton, Roma, 1987.
(Trad. mia).
[29] - Tonica per le prime quattro misure; nona di sottodominante per la quinta
e la sesta; tonica per la settima e l'ottava misura; settima dominante per la nona
e la decima; tonica per le ultime due.
[30] - In genere viene ripetuta l'affermazione originale solitamente con un leggero
cambio di parola o con l'aggiunta di un aggettivo o avverbio, seguito da un'altra
affermazione che supplisce o completa la prima.
[31] - Per esprimere uno stato d'animo in depressione si soleva dire "avere i blues"
da un'antica espressione inglese: to have the blue devils (avere i diavoli
blu).
[32] - Le figure principali sono melisma e sincope, che consistono in un abbellimento
formato da più note eseguite su di una sola sillaba, e dall'esecuzione di una nota
in contrattempo equivalente al valore delle due note che la precedono e la seguono.
[33] - Spesso si usava picchiare con il palmo o con le nocche la chitarra, battere
il tempo con il piede, o si usava strisciare sulle corde un pezzo di metallo od
il collo di una bottiglia (da cui il nome bottleneck) per creare un suono
simile alla voce umana.
[34] - Ad esempio il tema della recessione economica è affrontato descrivendo l'impossibilità
di fare un pranzo decente: Jimmy Witherspoon, Money Gettin'Cheaper.
[35] - Langston Hughes, Blues, in Simple's Uncle Sam, Hill & Wang,
New York, 1965.
[36] - Arrigo Polillo, Jazz, Mondadori, Milano, 1975.
[37] - "La gente si dispera per i tempi duri./Ditemi di che cosa si tratta/ I tempi
duri non mi danno fastidio./Ero già al verde quando sono cominciati". Langston Hughes,
"Nothing But the Blues", in The Book of Negro Humor, Dodd, Mead Company,
New York, 1966. (Traduzione mia).
[38] - BUONGIORNO BLUES (blues tradizionale ripreso e registrato nel 1937 da Jimmy
Rushing): "Buongiorno blues, come va? Boungiorno blues, come va? Io, bè, non c'è
male, blues, e voi? Ero a letto ieri notte e mi rigiravo di qua e di là, ero a letto
ieri notte e mi rigiravo di qua e di là, non mi fraintendete però, mica stavo male,
anzi, ero tutto contento. Stamattina quando mi sono alzato i blues mi passeggiavano
intorno al letto, stamattina quando mi sono alzato i blues mi passeggiavano intorno
al letto, e mentre facevo colazione, pensate un po', ce li avevo tutti nel pane.
O Signore, Signore, abbi pietà, ti prego abbi pietà di me, o Signore, Signore, abbi
pietà, ti prego abbi pietà di me, stamattina ho lasciato i blues in casa mia e la
mia anima è piena di felicità, la mia anima, dico." Estratto da The Norton Anthology
of Afro-American Literature, op.cit. (Traduzione mia).
[39] - Le donne, prima e dopo l'emancipazione, nutrici o domestiche tutto fare,
ebbero più opportunità lavorative degli uomini, ed è per questo che la figura del
capofamiglia è, tra gli afro-americani, quella della mommy. L'uomo, invece,
sia come padre che figlio, assunse presto, suo malgrado, la figura del vagabondo
sfaccendato.
[40] - Le blues singers degli anni '20 (Mamie Smith, Ma Rainey, Ida Cox, e Bessie
Smith) mettono in musica proprio questo, lamentandosi del comportamento dell'uomo,
del suo disinteresse e della sua infedeltà. Queste furono le prime cantanti ad esibirsi
con l'accompagnamento di jazz bands, dando vita ad un nuovo stile del
Blues, il Classic Blues.
[41] - Il Jail-House Blues.
[42] - Questa "via" di fuga fu chiamata Underground Railroad.
[43] - " Io sono cresciuto con il blues. Il fatto è che ho ascoltato così tanti
blues quando ero bambino che la mia stessa ombra è diventata blu. E quando ero ragazzo
e lasciai la Virginia per trasferirmi a Baltimora, dietro di me venne l'ombra del
blues". Langston Hughes, "Blues", in Simple's Uncle Sam (1943). (Trad. mia).
[44] - Il Blues Stanco: "Oziando su di un sonnolento tono sincopato, dondolando
avanti e indietro su una dolce melodia, ho sentoto un nero suonare. Giù per Lenox
Avenue l'altra notte/ dal pallido e pigro biancore di un vecchio lampione a gas.
Ondeggiava pigramente…/Ondeggiava pigramente…/sull'accordo di quel Blues stanco./
Con le sue mani d'ebano su ogni tasto d'avorio/ fece mugolare quel povero piano
di melodia./ O Blues! Ondeggiando su e giù sul suo sgabellino sgangherato/ suonava
quel triste tono sincopato come un musicista folle./ Dolce Blues! Che vieni dall'anima
di un uomo nero./ O Blues!…". Langston Hughes, The Weary Blues, Alfred A.
Knopf, New York, 1926. (Traduzione mia).
[45] - S.Piccinato, Testo e Contesto nella Poesia di Langston Hughes, op.cit.
[46] - Carles-Comolli, Free Jazz, Black Power, Einaudi, 1976.
[47] - Alice Walker, In Search of Our Mother's Gardens, op. cit.
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Data pubblicazione: 12/03/2003
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