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Intervista a Claudio Guida
settembre 2009
di Stefano Ferrian

Parliamo del progetto Directions con uno dei protagonisti: il saxofonista Claudio Guida. Directions (prodotto da Nicolosi Prod) colpisce per la sua raffinata schiettezza. Troppo spesso chi possiede tra le virtù una spiccata raffinatezza di linguaggio, cade presto o tardi nel desiderio di elevarsi ad un livello superiore esprimendosi con altezzosità. Il lavoro del quartetto, completato da Ricky DT, Marcello Testa e Antonio Fusco esprime capacità enormi, ma le stesse sono al servizio della musica e non del musicista.

Quali sono stati i suoi primi passi e cosa l'ha spinta a scegliere il saxofono come compagno di vita?

In realtà è iniziato, come nella maggior parte degli eventi della vita, per caso. I miei genitori mi chiesero se mi sarebbe piaciuto suonare uno strumento, per diletto ovvio...ero infatti già grandicello (potevo avere sui 15 anni) e a quell'età le velleità del "piccolo genio" sono ormai sopite senza speranza di essere riesumate. Si è dunque capito che non sono stato un piccolo Mozart! Ammetto che fra gli strumenti a fiato che la scuola offriva, il saxofono mi attraeva forse di più che la tromba o il clarinetto.

Quando e perché ha capito di poter intraprendere la professione di insegnante e musicista professionista?

E' che ti ci ritrovi! Almeno nel mio caso è stato così. Certo non per illuminazione divina ma per fortuna ho sempre avuto voglia di approfondire tutto quello che c'è dietro la parola "musica" e il sax è stato il mezzo principale per farlo. Gli anni passano e le conoscenze, le competenze aumentano: ti ritrovi a comunicare e a voler condividere quello che hai appreso e scoperto con altri. Le esperienze così aumentano e in fondo sono quelle a formare l'uomo come il musicista.

L'insegnamento è sicuramente una parte fondamentale del suo essere musicista. Cosa pensa di poter regalare tramite l'insegnamento ai suoi allievi e al contrario cosa ha ricevuto da loro durante la sua carriera da insegnante?

Penso che l'insegnamento non sia un fornire nozioni, un passare regole e informazioni da chi ne sa di più a chi ne sa di meno. Personalmente cerco di comunicare l'esperienza di queste nozioni. Certo le regole del far musica sono indispensabili ma amo trasmettere la mia esperienza di queste..."vedi, io ho fatto così, anche cosà ma così ha funzionato meglio". Raramente dico "fai così", più spesso "prova a far così". Ecco, penso che la parola ricercare racchiuda bene il senso di quello che voglio dire, io ti posso dire cosa e come lo faccio ma sarà sempre e solo una traccia perlomeno finchè non lo farai tu dando inizio così alla tua ricerca.

Per ogni musicista la sfida più grande è probabilmente quella di trovare la "propria voce" attraverso lo strumento. A mio parere pochi musicisti ce l'hanno fatta realmente e devo dire che lei è sicuramente tra questi. Cosa o chi l'ha aiutata maggiormente per portarla al raggiungimento di un traguardo così importante?

Mmm, non so mica se l'ho trovata sai? Certo è che continuo a cercarla e appena mi sembra di averla trovata dopo un po' torna il dubbio che forse io stia cercando altro, e tutto ricomincia!



Basta scorrere la lista dei suoi progetti per aver ben chiaro che la versatilità fa sicuramente parte del suo bagaglio di qualità. Passa senza problemi dalla musica classica al Jazz tradizionale, fino a territori quali l'elettronica e il Jazz di stampo sperimentale. Pensa che sia la musica ad adattarsi a lei oppure è lei che in qualche modo si inchina alle esigenze musicali dei progetti con i quali collabora?


Penso che la cosa migliore sia far quello che più piace ma soprattutto quello che si è in grado di fare al meglio. Conoscere i propri limiti non per modestia ma per poterli superare e fare così un passo avanti. La musica classica l'ho da sempre amata, pensa che sul mio walkman (gli iPod non c'erano ancora) nei viaggi verso il conservatorio di Alessandria c'erano Bach, Vivaldi, Mozart...devo dire che ho avuto un'adolescenza barocca. Poi grazie anche agli studi classici del sax ho conosciuto i grandi del '900, Milhaud, Hindemit, Ravel, Debussy, Stravinsky. Fortunatamente anche il jazz mi attraeva avendo il mio come strumento principe: le mie orecchie passavo dai ritmi frenetici del bop di Parker ai "melismi" di Sanborn. Sai, gli anni ottanta. Ho poi adorato formazioni quali i Tower Of Power (sezione fiati grandiosa), Blood Sweet and Tears, la big band di Bob Mintzer con le sonorità dei suoi arrangiamenti, il 29th street saxophone quartet con l'alto di Bobby Watson. Ovvio c'erano anche i grandi della storia del jazz, ma il mio primo amore fra tutti è stato Sonny Rollins. Ricordo ancora quella cassetta riversata da un vinile da un collega di mia madre appassionato di jazz: era The Bridge. Per onore alla sincerità da qualche anno il classico l'ho tralasciato a scapito del jazz e delle nuove sonorità. Però appena posso per mio diletto una suite di Bach me la suono sempre!

Tra i tanti progetti mi piacerebbe focalizzare l'attenzione sul suo Directions Quartet prodotto dalla Nicolosi Production. A mio giudizio è un progetto musicalmente completo che ha il pregio di usare il Jazz tradizionale come partenza per la sperimentazione, fino a toccare generi come il "funky". È stato difficile avere il controllo di un bagaglio di influenze così vasto?

Direi di no; non abbiamo fatto altro che mettere quello che più ci piaceva e che inevitabilmente era bagaglio di ognuno di noi. Poi a parte Antonio Fusco (il batterista) che è entrato in famiglia come se ci fosse sempre stato si può dire che siamo cresciuti insieme umanamente e musicalmente. Sai, le prime formazioni "da ragazzi" fino ai primi lavori "pagati", il passaparola che allarga il giro... e ti trovi un pochino imbarazzato qui a rispondere a domande che magari neanche tu ti sei mai rivolto!

Leggendo la sua biografia ho visto che nel '97/'98 è stato assunto da due celebri compagnie italiane ed una statunitense di crociere. Non le nego che non ho potuto non pensare al libro "Novecento" di Alessandro Baricco. Come ricorda quella esperienza?

Un esperienza che mi ha arricchito umanamente e professionalmente. Viaggiare apre la mente si sa. Magari musicalmente il livello richiesto non è dei più alti ma questo non mi ha impedito di incontrare musicisti, persone che mi hanno insegnato "il mestiere", come dicono loro, e che ti assicuro non è fatto solo di note giuste. Per un po' di mesi ho lavorato facendo scalo ogni settimana a Miami in Florida e con noi erano imbarcati anche musicisti americani. Te ne racconto una: un saxofonista, il più maturo, poteva avere una sessantina di anni, finito di lavorare con la sua orchestra che accompagnava gli spettacoli in teatro, prese l'abitudine di venirci a sentire. Sai, anche noi di standards ne facevamo, i classici Gershwin, Sinatra, Jobim. Ora immaginati: saxofonista, americano: quanti grandi del jazz avrà sentito e magari conosciuto. Beh, era già qualche sera che veniva a sentirci e fa che alzarsi e venire verso di me. Verrà a dirci di lasciar stare e di continuar pure a suonare le nostre "canzonette napolitane", ho pensato subito! E quello invece non mi viene a chiedere se poteva suonare qualcuno di quegli standard con noi!! Poi una volta conosciuto ammise che a differenza dei suoi colleghi, noi si vedeva che ci divertivamo a suonarli, ed anche lui aveva desiderato divertirsi a suonarli con noi un po'!.

Per valutare la qualità di un saxofono una delle caratteristiche più importanti è la proiezione del suono, la qualità della vibrazione etc etc … Sfruttando metaforicamente questa immagine, quali sono le qualità fondamentali per essere un buon musicista a suo parere?

Il non volersi limitare alla conoscenza del proprio strumento, ma voler allargare le proprie competenze a tutte quelle discipline che fanno della musica forse l'arte più completa. Pensiamo solo a quanti "generi" di musica ci sono a quanti modi e mezzi per farla: l'elettronica in musica per questo è stata sicuramente la svolta epocale.

Il Jazz ha vissuto durante la sua storia una serie di capovolgimenti interni. Da genere popolare dei ghetti è diventato, allo stato attuale, una musica per intenditori, per palati fini. Se prima era il vino delle sagre popolari ora è diventato il buon sigaro, che ci si gusta seduti apprezzando ad ogni tiro le abilità degli artigiani che l'hanno creato. Perché secondo lei la musica ha perso progressivamente la sua importanza sociale?

Secondo me La pigrizia soprattutto intellettuale è la malattia dei nostri tempi. Principale colpevole il tubo catodico (ora i cristalli liquidi!). Si pensi a quando nacque, era più divulgativa e educativa una vera finestra per far conoscere il mondo anche a chi non poteva permetterselo. Ora è per la maggior parte apparire, sgarbatamente rumorosa denigrazione dell'intelligenza umana. Non voglio dire così che non ci debba essere del "leggero" in essa ma visto la sua possibilità di arrivare ovunque e a chiunque dovrebbe educare di più.. Come possiamo apprezzare qualcosa che non abbiamo possibilità di conoscere? Certo è che anche noi dovremmo coltivare oltre che i nostri bicipiti anche il nostro cervello. Sono convinto che la conoscenza sia una droga molto potente: una volta iniziato ne vuoi sempre di più!

Nella musica classica molto spesso, se trattiamo di professionisti, parliamo di esecutori. Secondo lei un esecutore ha lo stesso valore di un musicista?

Posso dirti che è da sempre che vedo trattare il fatidico e sudato (ormai neanche troppo) diploma di Conservatorio come un diritto automatico a essere musicista. Traduco: ho il diploma quindi fatemi/datemi un lavoro da musicista perchè ne so: sono musicista, ho il diploma! Io penso che sia un buon punto da cui partire più che uno di arrivo. Ricerca, curiosità: non dovrebbero esaurirsi mai. ma questa è la vita.

Cosa vede nel suo futuro. Darà la priorità all'insegnamento o al contrario cercherà di affermarsi come musicista?

Amo troppo insegnare, sono un egoista. Raccontare la mia esperienza della musica me la fa vedere da altre e inaspettate angolazioni e prospettive. Prova. Ti sfido a vederla ancora uguale una cosa che hai appena condiviso spiegandola. Ma forse sarà soggettivo...In quanto all'affermarsi, beh...non importa. Penso che successo e bravura non vadano sempre di pari passo. Io continuo nella mia ricerca personale cosciente che il musicista è anche uomo, con tutti i suoi (miei) limiti. "Rivelare l'arte senza rivelare l'artista. Questo è il fine dell'Arte" diceva Wilde. Bello no?

Tra le tante collaborazioni, qual è l'esperienza che ricorda con maggior piacere?

Sicuramente il live con Gino Vannelli, nel 2008. Quante volte ho ascoltato il solo di sax di I just Wanna Stop: chi avrebbe mai pensato che un giorno l'avrei suonato con lui! Poi tornando alle prime esperienze ricordo con piacere la prima esperienza da professionista, forse era il '94, in una formazione che accompagnava lo spettacolo di due noti comici di allora: 5 settimane in uno dei più rinomati locali di Bologna.

In conclusione la ringrazio e le lascio la parola…

Ringrazio io lei per la bella chiacchierata e anche chi è arrivato a queste ultime righe con noi: chi vorrà approfondire la mia conoscenza sul mio sito www.claudioguida.com troverà come contattarmi.








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Data pubblicazione: 21/11/2009

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