The Pilgrims Gospel & Cheryl Porter
Firenze, Teatro Puccini - 12 ottobre 2003
di Paolo Carradori (Jazzit)
E' sorprendente scoprire un teatro gremito all'inverosimile con tifo da stadio non per un pop star ma per un coro gospel e una grande interprete nera. E' sorprendente e in qualche modo rassicurante che ancora ci siano margini, in un paese musicalmente ancora largamente analfabeta, per salvaguardare
musiche e progetti non commerciali. Da non sottovalutare poi il fenomeno del proliferare di queste formazioni sul tutto il territorio nazionale, una realtà culturale sommersa ma vitale, rappresentata da centinaia di persone di ogni estrazione sociale che dedicano buona parte del loro tempo libero, oggi sempre più ristretto, a questa passione, nobilitando il significato più alto del dilettantismo. E' certo anche che si faccia un po' di confusione, retaggio dell'analfabetismo appena accennato, sulle origini, i caratteri, le forme della musica religiosa afroamericana, spirituals, gospel, jubilee singers, che fanno parte di uno stesso corpus ma hanno collocazioni storiche, culturali e stilistiche diverse che non è qui il caso di affrontare.
Quindi si può dire che anche se ciò che generalmente ascoltiamo oggi da questi cori è profondamente lontano dalle origini dei canti religiosi afroamericani rappresentandone una forma nel tempo rimodellata e limata, con il loro dinamismo e la loro spontaneità ne sono in qualche modo la perpetuazione.
Passiamo, dopo questo doveroso prologo, alla serata al
Puccini di Firenze con i
The Pilgrims e Cheryl Porter.
La formazione guidata dal giovane maestro Gianni Mini, che dopo il diploma in violino, catturato dalla studio della voce, lirica, antica, ma in particolare dalla vocalità jazz, guida i
The Pilgrims dal 1997. Un formazione che ha alle spalle una buona preparazione, un collettivo vivace anche di notevole presenza scenica perché questa è una musica anche da vedere. Il repertorio oltre a classici come
Amazing Grace,
I want Jesus to walk with me,
Joshua fit the battle of Jerico,
che mettono in evidenza la ricchezza espressiva e gestuale della formazione, spazia anche sul fronte etnico con musiche africane e con una delicatissima
Prende la vela
(di origine colombiana) grazie anche ai colori delle percussioni.
Breve incursione nel mondo pop con un gradevole
Bridge over trouble water
di Simon & Garfunkel.
Peccato che in alcuni momenti della serata qualche problema di amplificazione abbia penalizzato soprattutto le parti soliste, non facendole gustare fino in fondo. Durante l'esecuzione di
In that great
entra in scena
Cheryl Porter e si percepiscono subito le sue grandi capacità interpretative che si esaltano quando rimane sola con il pianoforte. Una voce potente, ricca di sfumature, agile e swingante, con venature blues che ci regala una personalissima interpretazione di
Imagine
di Lennon, e con una grande carica emotiva di seguito
Somebody call my name
e Moving on up.
Ascoltandola si comprende come la sua ricerca sia profondamente radicata nella tradizione, con quella capacità unica di coinvolgere emotivamente e ritmicamente il pubblico. Si spiegano anche nel suo eclettismo e l'ampio spettro di capacità vocali le diverse collaborazioni con vari musicisti, da Tito Puente a
Dave Brubeck, da Paolo Conte a Katia Ricciarelli, da Bob Mintzer a
Mariah Carey.
Un vera interprete della vocalità afroamericana. Nel finale, sulle note di
Happy Day
la Cheryl, si ricongiunge con il coro e il Puccini diventa una Chiesa Battista dove tutti battono le mani, i piedi, e alzano le braccia al cielo.
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Data pubblicazione: 31/10/2003
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